Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8616 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 15/04/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 15/04/2011), n.8616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DI DOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in

carica, ed Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato

presso i cui uffici sono domiciliati ope legis in Roma, Via dei

Portoghesi 12;

– ricorrenti –

contro

Costruzioni Ingg. Penzi S.p.a., in persona del legale rapp.te pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma Viale dei Quattro Venti

162 presso lo studio dell’avv. Giancarlo Magri e avv. Laura Lucidi,

rappresentata e difesa dall’Avv. DR SIENA Marina del Foro di S. Maria

C.V. giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 229. 33.05, depositata in data 13.12.05, della

Commissione tributaria regionale della Campania;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Giovanni

Carleo;

Udita la difesa svolta per conto di parte resistente che ha concluso

per il rigetto del ricorso con vittoria di spese.

Udito il P.G. in persona del Dr. Immacolata Zeno che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso del Ministero, l’inammissibilità del

primo motivo del ricorso dell’Agenzia, l’accoglimento del secondo

motivo del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In data 29 giugno 2006 l’Agenzia delle Entrate Ufficio di Caserta notificava a Costruzioni Ingg. Penzi S.p.a. un provvedimento di rigetto dell’istanza di condono presentata per gli anni di imposta 1999 e 2000 motivando il diniego con la considerazione che il p.v.c. era stato notificato il 18 giugno 2002 alla società senza venire poi definito e che la notifica entro il 31 dicembre 2002 di un p.v.c., successivamente non definito, costituiva causa ostativa ai fini della definizione automatica. Avverso tale provvedimento, deducendo che il processo verbale non era stato notificato formalmente alla società ma solo consegnato, la Costruzioni Ingg. Penzi presentava ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Caserta la quale lo accoglieva. Proponeva appello l’Agenzia ribadendo che la notificazione doveva ritenersi effettuata con la sottoscrizione da parte del rappresentante della società. La contribuente resisteva eccependo la nullità dell’appello e riaffermava le argomentazioni svolte in primo grado La Commissione tributaria regionale della Campania rigettava il gravame. Avverso la detta sentenza l’Amministrazione ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. La contribuente resiste con controricorso e deposita memoria difensiva a norma dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, posto che lo stesso deve essere ritenuto privo della necessaria legittimazione ad impugnare la sentenza di secondo grado in quanto il giudizio di appello, al quale non aveva partecipato, è stato introdotto dopo il primo gennaio del 2001 nei confronti della sola Agenzia delle Entrate. A riguardo, è appena il caso di osservare che la data indicata coincide con quella in cui è divenuta operativa l’istituzione dell’Agenzia delle Entrate, con conseguente successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione “ad causam” e “ad processus” nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data spetti esclusivamente all’Agenzia (Sez. Un. n. 3118/06).

Alla luce di tali considerazioni, risulta pertanto evidente come nella vicenda processuale in esame il Ministero, il quale non aveva partecipato al procedimento di appello, introdotto con atto depositato in data 16 maggio 2005 ma lo stesso giudizio di primo grado è iniziato dopo il gennaio 2001 non era legittimato a ricorrere in cassazione avverso la sentenza impugnata, onde la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto. Sussistono giusti motivi per compensare fra il Ministero e la contribuente le spese di questo giudizio in quanto l’orientamento giurisprudenziale riportato si è consolidato solo dopo l’introduzione della lite.

Passando all’esame delle doglianze, svolte dall’Agenzia, la prima censura, articolata sotto il profilo della violazione dell’art. 112 c.p.c., si fonda sulla considerazione che la sentenza impugnata sarebbe viziata per ultrapetizione, in quanto la Commissione, dopo aver dichiarato di condividere la doglianza articolata dall’appellante Agenzia circa l’infondatezza della tesi posta dalla CTP a base della decisione, aveva ritenuto l’illegittimità del diniego dell’Amministrazione, così confermando la sentenza di primo grado, sulla base di altri profili, rilevati d’ufficio, che non rientravano nella materia del contendere nel giudizio di appello.

La seconda doglianza è stata invece articolata sotto il profilo della violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 14, e si fonda sulla considerazione che la CTR avrebbe sbagliato quando ha ritenuto l’illegittimità del diniego dell’istanza di condono presentata dalla contribuente, mancando la contestuale seconda causa ostativa costituita dalla notifica dell’invito al contraddittorio, che ad avviso dei giudici di secondo grado doveva necessariamente seguire la notifica del p.v.c.. Ed invero, così in sintesi la censura della Agenzia, il condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, è precluso nel caso di notifica di un pvc o di un avviso di accertamento o di un invito al contraddittorio senza che sia altresì necessario che la notifica del pvc sia seguita da quella dell’invito al contraddittorio.

Tale seconda censura è fondata. A riguardo, giova evidenziare che il condono tributario, previsto dall’art. 9 della legge citata, sotto la rubrica “Definizione automatica per gli anni pregressi”, presuppone un’ipotesi di definizione che contempla il pagamento di una quota dell’imposta dichiarata mentre il condono previsto dal successivo art. 15, presuppone il pagamento di una quota, peraltro notevolmente maggiore, dell’imposta che sia stata invece accertata. Risulta pertanto con tutta evidenza come il condono ex art. 9 citato, a differenza di quello successivo ex art. 15, il quale richiede un accertamento e non la spontanea dichiarazione del contribuente, presupponga l’assenza di ogni attività accertativa da parte dell’Amministrazione. Ciò spiega come mai, ai fini dell’applicabilità della definizione automatica di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, il comma 14, preveda espressamente che le disposizioni dell’articolo non si applicano non solo quando il contribuente abbia omesso la presentazione di tutte le dichiarazioni relative a tutti i tributi di cui a comma 2 e per tutti i periodi d’imposta di cui al comma 1 (lett. c) oppure alla data di presentazione della dichiarazione per la definizione automatica sia stato già avviato un procedimento penale per gli illeciti di cui alla lett. c) del comma 10, di cui il soggetto che presenta la dichiarazione ha avuto formale conoscenza (lett. b) ma anche qualora, alla data di entrata in vigore della legge, sia stato notificato processo verbale di constatazione con esito positivo, ovvero un avviso di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta sul valore aggiunto ovvero dell’imposta regionale sulle attività produttive, nonchè un invito al contraddittorio di cui al D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 5 (lett. a). Ora, soffermando l’attenzione in particolare sulla previsione normativa di cui alla lettera a), è agevole desumere che il condono in parola resta precluso sia quando sia stato notificato un processo verbale di constatazione con esito positivo sia quando sia stato notificato un avviso di accertamento sia quando sia stato notificato un invito al contraddittorio, giacchè in ciascuna di queste tre ipotesi, autonomamente considerate, vi è stata un’attività prodromica all’avviso di accertamento o già esauritasi nell’emissione di un avviso da parte dell’Amministrazione, al di là della mera dichiarazione presentata dal contribuente. L’ipotesi dell’avvenuta notifica dell’invito al contraddittorio è quindi una ulteriore, autonoma, ragione impeditiva del condono tombale, volto, giova ribadirlo, alla definizione automatica per gli anni pregressi, previo pagamento di una quota, modesta, dell’imposta dichiarata.

Ne consegue che la seconda censura avanzata dall’Agenzia merita di essere condivisa, assorbita la prima. Il ricorso per cassazione deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, nei limiti del motivo accolto. Con l’ulteriore conseguenza che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della lite proposto dalla contribuente. L’alternarsi delle decisioni giustifica la compensazione delle spese riguardanti i giudizi di merito. Le spese relative al giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero; compensa le spese tra quest’ultimo e la società contribuente. Accoglie il secondo motivo del ricorso dell’Agenzia, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, rigetta il ricorso introduttivo della lite proposto da Costruzioni Ingg. Penzi S.p.a..

Compensa le spese dei giudizi di merito e condanna la contribuente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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