Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8613 del 26/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/03/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 26/03/2021), n.8613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26215-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.V., amministratore giudiziario della Società AZIENDA

AGRICOLA GARDENIA SRL, M.L., in qualità di

amministratore pro tempore della Società AZIENDA AGRICOLA GARDENIA

SRL, elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II

N. 18, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CONVERTI che li

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 850/7/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA, depositata il 18/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che:

Con sentenza nr. 850/2019 la CTR della Puglia accoglieva l’appello proposto dall’Azienda Agricola Gardenia s.r.l. nonchè da C.V., M.L. e R.S., rispettivamente quali amministratore giudiziario, amministratrice e socio della società avverso la sentenza della CTP di Bari con cui era stata parzialmente accolti i ricorsi poi riuniti nei riguardi di vari avvisi di accertamento con cui erano stati accertati ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39,comma 1, lett. d, e dell’art. 41 bis, ai fini Ires e Irap maggiori redditi, determinati in base alle differenze riscontrate tra i ricavi indicati nelle dichiarazioni regolarmente prodotte e quelli esposti nei brogliacci rivenuti in sede di perquisizione.

Il Giudice di appello rilevava che la contabilità in nero costituita da appunti personali e da informazioni dell’imprenditore rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità precisione e concordanza, prescritti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in quanto nella nozione di scritture contabili regolate dall’art. 2909 c.c. devono ricomprendersi tutti i documenti che registrino i singoli atti di impresa ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore.

Osservava su questa premessa che la contribuente, ben lungi dal considerare il dato relativo ai maggiori ricavi evincibile dalla dedotta documentazione si era limitata a lamentare la mancata considerazione ai fini accertativi dei costi evincibili dalla stessa fonte posta a base dell’accertamento.

Riteneva infatti che, a fronte della ritenuta attendibilità ai fini accertativi della documentazione posta a base della verifica ispettiva costituita dal brogliaccio recante l’analitica indicazione delle entrate ed uscite aziendali risultava irragionevole la mancata valutazione dei costi relativo all’acquisto di merci e prodotti in ragione dell’attività in oggetto.

Rilevava la condivisibilità del ragionamento seguito dal giudice di prime cure nella parte in cui mediante una interpretazione restrittiva del Tuir, art. 109, aveva illegittimamente escluso i costi evincibili dalla stessa fonte contabile posta a base dell’accertamento.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo cui resistono i contribuenti con controricorso.

L’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 4 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta infatti una non corretta interpretazione dell’art. 109 evidenziando che la norma consente la deduzione dal reddito accertato dei costi che sono serviti a produrlo solo se e nella misura in cui risultano da elementi certi che nella specie la società non aveva fornito.

Chiarisce l’Ufficio che in presenza di accertamento analitico o analitico presuntivo è il contribuente che deve dimostrare, con onere probatorio a suo carico l’esistenza per la deducibilità dei costi afferenti a maggiori ricavi o compensi senza che l’Amministrazione possa procedere al riconoscimento forfettario di componenti negativi.

Il motivo è fondato e va accolto.

Invero “in tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come in caso di indagini bancarie) è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario” (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 22868 del 29/09/2017; vedi anche Cass. n. 7743/2019; Cass. 2020 nr. 8590);

Il principio della necessaria presenza del nesso funzionale tra costo sostenuto e vita dell’impresa, cioè il rapporto tra un costo e lo svolgimento della specifica attività, che costituisce la ragion d’essere stessa dell’impresa deve essere rispettato da qualunque altro imprenditore che intenda ottenere il riconoscimento della deducibilità dei costi sostenuti.

In mancanza di tale nesso viene meno il requisito, imposto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, della certezza ed inerenza del costo e quindi non è possibile ammettere la deduzione del costo risultato fittiziamente documentato. Infatti, tutte le fatture fiscali presuppongono l’esistenza di un legittimo rapporto contrattuale sottostante certo ed incontrovertibile, per cui, ove difetti il requisito della certezza del rapporto non è garantita la liceità della spesa e non è consentita neppure la detrazione del costo ai fini IRES e IRAP.

In conclusione il pezzo di carta c.d. brogliaccio di per sè ove sono annotati i pretesi costi sopportati dalla società non possiede quelle caratteristiche previste dall’art. 109 su richiamato.

Nel caso di specie la CTR non ha fatto buon governo dei principi su menzionati riconoscendo la deducibilità dei costi per le quali nessuna prova era stata fornita nel senso sopra indicato.

La sentenza va cassata e decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso della contribuente non essendo necessari ulteriori approfondimenti istruttori. Le spese del merito compensate in ragione dell’alternarsi delle decisioni.

Quelle di legittimità vanno poste a carico dei controcorrenti.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso del contribuente; spese di merito compensate; i controricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 13.000,00 oltre s.p.a.d..

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2021

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