Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8612 del 15/04/2011
Cassazione civile sez. trib., 15/04/2011, (ud. 16/11/2010, dep. 15/04/2011), n.8612
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 10637/2007 proposto da:
ISTITUTO ISTRUZIONE ACILIA SRL, in persona del procuratore e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
FRANCESCO SAVERIO NITTI 11, presso lo studio dell’avvocato NAPOLETANO
Paolo, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA (OMISSIS), in persona del
Direttore
pro tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA E delle FINANZE, in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li
rappresenta e difende ope legis;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 237/2006 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,
depositata il 11/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
16/11/2010 dal Consigliere Dott. RENATO POLICHETTI;
udito per il resistente l’Avvocato GALLUZZO GIANNA, che ha chiesto
l’inammissibilità;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In data 18 dicembre 2000, l’Agenzia delle Entrate notificava all’Istituto d’istruzione Acilia s.r.l. avviso di accertamento Irpeg ed Ilor 1994 con il quale si rilevava un maggior reddito di L. 364.410.000 rispetto alla perdita dichiarata per l’anno 1994 di L. 7.875.000.
Avverso l’avviso di accertamento proponeva opposizione l’Istituto d’istruzione lamentando che all’avviso di accertamento non era stato allegato il p.v.c. redatto a carico di Li. legale rappresentante della società e che l’Ufficio non aveva verificato la fondatezza e l’efficacia probatoria del p.v.c. redatto a carico della C..
La C.T.P. di Roma in parziale accoglimento dell’opposizione riduceva il reddito imponibile a L. 177.068.000.
Proponeva appello l’Istituto e la C.T.R. del Lazio in accoglimento del gravame riduceva ancora l’accertamento determinando l’imponibile in Euro 63.605,72.
Per la cassazione della sentenza della C.T.R. propone ricorso fondato su unico motivo l’Istituto d’Istruzione Acilia s.r.l..
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente si da atto che il Presidente sostituisce se stesso al relatore nella redazione della sentenza.
Ciò premesso si osserva che la società ricorrente con l’unico motivo di ricorso lamenta che la C.T.R. avrebbe omesso di pronunziarsi in ordine all’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento, secondo quanto richiesto nelle conclusioni rassegnate con l’atto di appello.
Si osserva che l’unico motivo e quindi l’intero ricorso sono inammissibili.
Invero la censura articolata dalla soc. ricorrente con il motivo in esame attiene ad un preteso vizio di motivazione nel quale sarebbe incorsa la C.T.R. per avere omesso o insufficientemente valutato elementi contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia mentre dall’impugnata sentenza risulta che il giudice di appello non ha insufficientemente motivato in ordine all’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento proposto, secondo la prospettazione della ricorrente con l’atto di appello, ma ha totalmente omesso di pronunziare sulla relativa eccezione incorrendo così, sempre secondo la prospettazione di parte, ma correttamente interpretata, in una omessa pronunzia sanzionabile ex art. 112 c.p.c..
Il riportato contrasto fra la decisione impugnata e la censura proposta è già di per sè sufficiente a rendere inammissibile il ricorso.
D’altra parte giova rilevare altresì che il quesito proposto ex art. 366 bis c.p.c., non indica nè il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria nè le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renderebbe inidonea a giustificare la decisione ma si articola piuttosto come una violazione dell’art. 112 c.p.c., senza specificazione però della regola iuris eventualmente applicabile, in contrapposizione al decisum del giudice di appello.
Ne consegue che il ricorso va dichiarato inammissibile, in riferimento ad entrambi i profili su indicati.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessive Euro 4.000,00 oltre s.p.a.d..
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 16 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011