Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8612 del 03/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 03/04/2017, (ud. 25/01/2017, dep.03/04/2017),  n. 8612

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6586-2015 proposto da:

R.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LORENZO

VALLA 18, presso lo studio dell’avvocato LUCA MARAGLINO,

rappresentata e difesa dall’avvocato TOMMASO GERMANO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN,

LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, GIUSEPPINA GIANNICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 438/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 18/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente in data 14/9/2016;

Rilevato:

1. che R.D., premesso di essere stata riconosciuta invalida al 100% con diritto all’accompagnamento sin dal 29.6.1982, di essere contitolare, dal gennaio 1970, unitamente alla madre M.C., della pensione di reversibilità proveniente dal padre convivente, R.F., deceduto nel (OMISSIS), di avere presentato, in data 7.6.2000, domanda di riconoscimento di pensione ai superstiti, a seguito del decesso della madre, avvenuto il (OMISSIS), che la domanda amministrativa era stata respinta dall’INPS sul presupposto che la R. non era stata riconosciuta inabile alla data di morte del familiare, ha chiesto accertarsi il proprio diritto alla liquidazione della pensione di reversibilità con decorrenza dal primo giorno successivo a quello del decesso del pensionato e la condanna dell’INPS al pagamento delle somme a tale titolo dovute:

2. che il Tribunale ha accolto la domanda;

3. che la decisione di primo grado è stata riformata dalla Corte d’appello di Bari la quale, in accoglimento del gravame dell’INPS, ha respinto la originaria domanda;

3.1 che la statuizione di riforma è stata fondata sulla considerazione: che la R., ultradiciottenne all’epoca del decesso del padre, non si trovava a tale data nella condizione di inabilità al lavoro prescritta per il conseguimento del beneficio in controversia dal D.P.R. n. 818 del 1957, art. 39 applicabile ratione temporis, come emerso, del resto, dalla consulenza tecnica d’ufficio di prime cure la quale aveva escluso che la condizione di inabilità al lavoro – presente alla data della domanda amministrativa (giugno 2000) – sussistesse già al momento del decesso del padre (nel (OMISSIS));

3.2 che, “in via assorbente”, il giudice di appello rilevava che, parte attrice aveva riferito il prescritto requisito sanitario a momento ben successivo al decesso del R. ed in ragione di siffatta invalidità aveva dedotto la sussistenza (in tesi) del diritto al trattamento di reversibilità su quello in godimento per lo stesso titolo a M.C., quale superstite di R.F.;

3.3 che tali inequivoche allegazioni ed il riferimento ad una contitolarità che non è mai stata correlata alla condizione di inabile al momento del decesso, rendevano conto di una domanda la cui causa petendi si è essenzialmente risolta nella pretesa alla reversibiltà del trattamento di pensione ai superstiti goduto dal proprio genitore, pretesa questa che postulava, in definitiva, una trasmissibilità della pensione ai superstiti;

3.4 che, invece, tale trasmissibilità doveva essere senz’altro esclusa alla luce della giurisprudenza di legittimità secondo la quale, in tema di pensione ai superstiti, a norma della L. n. 903 del 1965, art. 22 il diritto a pensione di riversibilità spetta, alla morte del pensionato o dell’assicurato, iure proprio, a ciascuno dei soggetti individuati dalla citata norma, in ragione dei rapporti con il defunto e in relazione alla situazione in cui si trova al momento del decesso di questo. (ex plurimi Cass. n. 11999 del 2000);

4. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso R.D. sulla base di un unico motivo;

5. che l’INPS ha resistito con tempestivo controricorso;

Considerato:

6. che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo per il giudizio, censurandosi la decisione per non avere considerato, “anzi per avere completamente travisato”, il fatto che parte ricorrente era stata già titolare, a partire dal 1970, unitamente alla madre, di pensione di reversibilità, che dalla attestazione INAM del 28.11.1998, versata in atti, emergeva la esistenza già all’epoca di una situazione di invalidità e che l’oggetto della domanda era relativo al riconoscimento della pensione di reversibilità a seguito del decesso della madre e non del padre, è inammissibile;

6.1 che, l’affermazione del giudice di appello, il quale ha rilevato, “in termini assorbenti”, che la originaria domanda era intesa al conseguimento di un trattamento di reversibilità sul trattamento in godimento, per lo stesso titolo, alla M., madre della ricorrente e ritenuto tale pretesa infondata alla luce della richiamata giurisprudenza di legittimità, non è stata contrastata mediante autosufficiente richiamo alla deduzioni formulate a riguardo dalle parti nelle fasi di merito, deduzioni idonee a dimostrare l’errore del giudice di appello nella individuazione della “causa petendi” alla base della pretesa azionata;

che, tanto meno, sono state censurate le conseguenze giuridiche, rilevanti sotto il profilo della trasmissibilità ai superstiti del trattamento di reversibilità, che il giudice ha tratto dalla interpretazione della originaria domanda;

6.2 che quanto ora rilevato è sufficiente a determinare la inammissibilità del ricorso non essendo le censure articolate pertinenti ad una delle autonome rationes decidendi che sorreggono la decisione impugnata;

6.3 che può inoltre evidenziarsi che la censura relativa alla ritenuta insussistenza della situazione di inabilità lavorativa al momento del decesso del padre non è suffragate dalla compiuta esposizione della vicenda processuale con riferimento allo specifico contenuto delle deduzioni formulate a riguardo nel giudizio di merito e che il richiamo ai documenti dei quali si assume l’omessa considerazione da parte del giudice di merito nel pervenire a tale accertamento è formulato in termini non coerenti con le prescrizioni di cui all’art. 366 c.p.c. (Cass.. n. 26174 del 2014, n. 2861 del 2014; n. 2427 del 2014, n. 2966 del 2011), avendo parte ricorrente omesso di trascrivere i documenti richiamati e di indicarne il luogo di produzione nell’ambito della sequenza procedimentale, non apparendo a tal fine sufficiente il mero riferimento al “fascicolo di parte” privo della specificazione relativa al grado di giudizio;

7. che a tanto consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso;

8. che le spese di lite sono regolate secondo soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2017

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