Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8610 del 26/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/03/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 26/03/2021), n.8610

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24476-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

A.E.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1858/05/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il

21/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La controversia ha origine dal contezioso promosso da F.M. e F.G. nei confronti di I. e A.E. definito con la sentenza del Tribunale di Catania che aveva disposto, nell’ambito di un giudizio divisionale, il trasferimento di diritti reali su beni immobili.

A seguito di tale pronuncia l’Ufficio in sede di tassazione, con avviso di liquidazione applicava l’aliquota del 7% a titolo di imposta di registro sul valore dell’immobile oltre all’imposta ipotecaria in ragione del 2% e a quella catastale in misura del 1% e l’aliquota del 3% sull’importo corrispondente al conguaglio prevista dal D.P.R. n. 131 del 1986, tariffa, parte prima allegata, art. 8, lett. B).

Avverso tale provvedimento A.E. proponeva ricorso dolendosi della mancata applicazione della tariffa agevolativa prevista per la prima casa nonchè della mancata applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, che prevede la possibilità di accedere al valore catastale in luogo del valore venale dell’immobile.

Il contribuente impugnava l’avviso di liquidazione avanti alla CTP di Catania la quale con sentenza nr206/2013 accoglieva il ricorso annullando il provvedimento.

Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate proponeva appello nel contraddittorio della contribuente.

Con sentenza nr 1858/2019 la CTR rigettava l’appello ritenendo che la questione dovesse essere inquadrata sotto il profilo dell'”equa giustizia tributaria” a cui il giudice può accedere per evitare disparità di trattamento tra i contribuenti. Rileva che il contribuente aveva provato documentalmente il suo diritto alle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa portando a conoscenza dell’Ufficio tale circostanza con una istanza di riesame dell’avviso di liquidazione cui quest’ultimo non aveva dato riscontro.

Riteneva poi corretta la motivazione dei primi giudici laddove avevano applicato la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497, considerando l’operato dell’Ufficio che aveva calcolato le imposte di registro non sul valore tabellare catastale ma sul valore venale espresso in sentenza lesivo di una disparità di trattamento tra i contribuenti coinvolti nella medesima fattispecie.

L’agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo con cui si duole della violazione e falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497, e del D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, parte prima, allegata, art. 1, Nota II-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Osserva infatti che l’agevolazione della prima casa introdotta dalla L. n. 168 del 1982, e regolata dal D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, parte prima, allegata, art. 1, Nota II-bis, necessita di una previa manifestazione di volontà da rendere con formalità vincolate.

Sostiene infatti che detta agevolazione avrebbe potuto essere chiesta in caso di acquisto effettuato con atto pubblico o scrittura privata autenticata mentre l’applicazione del criterio “prezzo valore” soltanto per acquisti perfezionati alla presenza di un notaio.

Lamenta che la CTR, invocando il principio di “equa giustizia tributaria” avrebbe concesso al contribuente di accedere alle due disposizioni di favore nonostante non ricorressero i presupposti di legge e malgrado la parte non avesse rispettato le prescrizioni per il relativo utilizzo.

Il motivo è fondato nei termini di seguito esposti.

Giova ricordare con riferimento alla prima questione che in tema d’imposta di registro, sebbene ciò non sia espressamente richiesto dal D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, parte prima, allegata, art. 1, Nota II-bis, l’agevolazione cd. “prima casa” è generalmente condizionata ad una dichiarazione di volontà dell’avente diritto di avvalersene e, peraltro, l’Amministrazione finanziaria deve poter verificare la sussistenza dei presupposti del beneficio provvisoriamente riconosciuto (Cass. 2020 nr. 7389; Cass. ord. n. 6501 del 16/03/2018; Cass., ord. n. 13850 del 31/05/2017; Cass. sentenza n. 21282 del 18 settembre 2013).

Ciò posto costituisce un dato non contestato che la ricorrenza dei requisiti per fruire dei benefici cosiddetti “prima casa” non risultava nella sentenza, e neppure da una dichiarazione del contribuente presentata all’Amministrazione finanziaria prima della registrazione dell’atto (Cass. 2019 nr. 20736)

La CTR ha dato atto infatti nella decisione che il contribuente ha manifestato all’Ufficio la volontà di fruire della suddetta agevolazione solo dopo la notifica dell’atto di liquidazione in modo non conforme alle previsione di legge.

Per quanto riguarda l’applicazione del criterio del ” prezzo valore” prevista dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497, – in virtù delle quali, nel caso di cessioni tra persone fisiche di immobili ad uso abitativo, la parte acquirente poteva dichiarare al notaio rogante, di volersi avvalere della base imponibile costituita dal valore dell’immobile T.U. n. 131 del 1986, ex art. 52, ai fini delle imposte è possibile, diversamente da quanto affermato dalla ricorrente, che la dichiarazione di volersi avvalere delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 497 cit sia effettuata successivamente alla traslatio della proprietà.

Tale enunciato rappresenta il risvolto della pronuncia della Corte Costituzionale n. 6/2014, depositata il 23 gennaio 2014, con la quale è venuta meno la differenza fra trasferimento tramite notaio e trasferimento per atto giudiziario, consentendo la possibilità di avvalersi (non per la cessione di aree edificabili, oggetto del quesito) del c.d. “prezzo valore” L. n. 266 del 2005, ex art. 1, comma 497.

Detta disposizione è stata infatti dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede la sua applicazione agli acquisti effettuati in sede di espropriazione forzata o a seguito di pubblico incanto.

La norma oggetto della declaratoria di incostituzionalità persegue la finalità di consentire al contribuente di scegliere la soluzione più conveniente in relazione all’andamento del mercato immobiliare. Secondo la Corte, “L’attuale sistema consente, infatti, non solo di esercitare il diritto potestativo consistente nella scelta del valore determinato secondo il criterio “tabellare”, ma anche, in presenza di fasi congiunturali avverse, quando i prezzi degli immobili in regime di libero mercato risultino – anche a seguito dell’eventuale concomitante aggiornamento dei dati catastali – inferiori al medesimo criterio “tabellare”, di non chiedere l’applicazione di tale criterio”. La preclusione della facoltà di scelta per gli acquirenti della stessa categoria di immobili destinati ad uso abitativo, che parimenti non agiscono nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, ma acquisiscono la proprietà in esito a procedure esecutive o per asta pubblica, contrasta, pertanto, con l’art. 3 Cost., poichè implica un’ingiustificata discriminazione del trattamento tributario riservato ad una categoria omogenea di beni.

La pronuncia di (parziale) incostituzionalità della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497, impone, ad avviso di questa Corte, una rivisitazione dei principi che non ammettono atti integrativi successivi al trasferimento immobiliare, nelle ipotesi in cui il contribuente non abbia potuto effettuare la dichiarazione al notaio rogante, come nel caso di trasferimenti immobiliari coattivi (Cass. 2018 nr.).

La svalutazione della necessaria contestualità tra dichiarazione del “prezzo – valore” e perfezionamento dell’atto dispositivo, a ben vedere, è proprio uno degli evidenti corollari dipendenti dalla soluzione adottata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 6/2014.

E’ evidente tuttavia che l’opzione per l’applicazione della disciplina del prezzo valore – nelle ipotesi in cui il trasferimento immobiliare avviene all’esito di un giudizio divisionale può essere esercitata prima che l’Amministrazione Finanziaria abbia notificato atti del procedimento di accertamento sul valore dei beni oggetto di negoziazione immobiliare (Cass. 2018 nr. 6501 che nell’ambito del trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c. afferma il principio della non necessaria contestualità della dichiarazione di volersi avvalere della disciplina prezzo valore ed il trasferimento del bene purchè effettuata prima della notifica dell’avviso di liquidazione).

Anche in questo caso la scelta del contribuente è intervenuta pacificamente dopo la notifica dell’avviso di liquidazione da parte dell’Amministrazione finanziaria. Alla stregua delle considerazioni sopra esposte la sentenza va cassata e decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso della contribuente.

Spese di merito compensate in ragione dell’alternarsi delle decisione.

Nessuna determinazione per quelle di legittimità in assenza di costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata decidendo nel merito con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.spese di merito compensate; nulla per quelle di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2021

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