Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8610 del 03/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/04/2017, (ud. 19/01/2017, dep.03/04/2017),  n. 8610

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7297-2011 proposto da:

B.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE SANTE

ASSENNATO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MARIA GABRIELLA DEL ROSSO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI

DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, in persona del legale rappresentante

pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIA MORRONE, giusta delega in atti;

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS) in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso

dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LUIGI CALIULO, LELIO

MARITATO, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 571/2010 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 24/04/2010 R.G.N. 1308/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2017 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udito l’Avvocato EMANUELE DE ROSE per delega orale Avvocato ANTONINO

SGROI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata in data 24 aprile 2010 la Corte d’appello di Firenze accoglieva l’appello proposto dall’INPS contro la sentenza resa dal Tribunale della stessa sede e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta da B.L., avente ad oggetto l’accertamento del suo diritto all’accredito figurativo di contributi relativi a periodi di astensione dal lavoro per infortunio, nonchè alla ricongiunzione dei detti contributi e di altri, relativi ad altri periodi di astensione dal lavoro.

La Corte territoriale accertava che, in ordine ai primi due periodi di contribuzione di cui si chiedeva l’accredito, pari a 11 giorni, era intervenuta la cessazione della materia del contendere. Quanto agli altri periodi, pari nel complesso a poco più di quattro mesi, escludeva il diritto alla ricongiunzione per la ritenuta carenza di interesse del B., in quanto l’accredito di tale periodo non avrebbe mutato in alcun modo il trattamento pensionistico, ancorato ai 34 anni di servizio riconosciuti all’interessato al momento del pensionamento.

Contro la sentenza, il B. propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, cui resistono con controricorso l’Inps e l’Inpdap. Il ricorrente deposita memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il B. censura la sentenza per violazione dell’art. 101 c.p.c., asserendo che il rilievo d’ufficio della sua carenza di interesse imponeva al giudice di attivare sulla questione il contraddittorio, ai sensi della norma citata.

Con il secondo motivo denuncia la violazione dell’art 112 c.p.c. nella parte in cui la Corte ha rilevato la carenza di interesse senza la necessaria eccezione di parte, trattandosi di una eccezione in senso stretto.

Con il terzo motivo denuncia l’omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia nella parte in cui la Corte ha ritenuto che l’eventuale ricongiunzione dei contributi indicati in ricorso non avrebbe comportato alcun vantaggio concreto per esso ricorrente, in assenza di un qualsivoglia accertamento sul punto.

Nel suo controricorso l’Inps eccepisce l’inammissibilità per tardività del ricorso per cassazione rilevando che la sentenza della Corte d’appello era stata, su suo impulso, notificata al difensore del B. nel domicilio eletto in (OMISSIS), in data 16 dicembre 2010. Il ricorso per cassazione, notificato solo in data 11 marzo 2011, doveva pertanto ritenersi tardivo essendo ormai decorso il termine di 60 giorni previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, per l’impugnazione della sentenza.

L’eccezione è fondata. In calce alla sentenza della corte d’appello, depositata dallo stesso ricorrente, risulta che il provvedimento è stato notificato ad istanza del procuratore dell’Inps al difensore di B. nel domicilio eletto, presso l’avvocato D.R.G., in (OMISSIS). Dalla relazione di notificazione risulta altresì che l’atto è stato ricevuto da C.P., “impiegata che si incarica della consegna”.

Il ricorso per cassazione, avviato per la notificazione ad entrambe le parti, il giorno 11 marzo 2011, è senz’altro tardivo, essendo ormai decorso il termine previsto dall’art. 325 c.p.c..

Esso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Poichè il giudizio è iniziato dopo la riforma dell’art. 152 disp. att. c.p.c., ed il ricorrente non dichiarato di aver assolto in primo grado l’onere autocertificativo previsto dalla norma citata, egli deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, in applicazione del principio della soccombenza.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate, per ciascuno dei controricorrenti, in complessivi Euro 2.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre al 15% di spese generali e oneri accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2017

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