Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8607 del 03/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/04/2017, (ud. 21/12/2016, dep.03/04/2017),  n. 8607

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14795-2011 proposto da:

D.F.V., C.F. (OMISSIS), D.F.P. C.F.

(OMISSIS), D.F.G. C.F. (OMISSIS), quali eredi di

G.R., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la cancelleria

della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’Avvocato

GIUSEPPE ALBERTO PELLIGRA, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

REGIONE SICILIANA ASSESSORATO SANITA’, P.I. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 302/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 28/05/2010 R.G.N. 843/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito l’Avvocato DELL’AGLI MICHELE per delega Avvocato PELLIGRA

GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Catania con la sentenza n. 302 del 2010, in riforma della sentenza del Tribunale di Ragusa, dichiarava inammissibile la domanda proposta da G.R. al fine di ottenere il risarcimento del danno morale conseguito alla contrazione di una grave patologia epatica in occasione di lavoro.

2. La Corte territoriale argomentava che l’appellata aveva già ottenuto con sentenza del Tribunale passata in giudicato n. 19/2005 per lo stesso evento il risarcimento del danno biologico nella misura di Euro 347.968,28, all’esito di ricorso del 2002 (poi reiterato nel 2003) con il quale era stato domandato anche il risarcimento del danno morale. Riteneva che in quell’occasione il giudice adito non fosse incorso in omissione di pronuncia, come sostenuto dall’appellata, ma avesse implicitamente rigettato la domanda avente ad oggetto il danno morale, sul presupposto che non sussisteva nel caso una sofferenza morale in sè considerata, ma le degenerazioni patologiche della sofferenza che, secondo la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, rientrano nel danno biologico.

3. Per la cassazione della sentenza D.F.V. e D.F.G., quali eredi di G.R., deceduta nel corso del giudizio, hanno proposto ricorso, affidato a tre motivi. L’Assessorato alla sanità della regione Sicilia è rimasto intimato.

4. Il Collegio ha autorizzato la motivazione in forma semplificata come da decreto del Primo Presidente in data 14.09.2016.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Come primo motivo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e lamentano che la Corte d’appello non abbia ritenuto configurato il vizio di omessa pronunzia nella sentenza del Tribunale di Ragusa e non abbia riconosciuto alla dante causa la possibilità di riproporre in separato giudizio la domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno morale, che non era stata esaminata.

2. Come secondo motivo, lamentano motivazione illogica, erronea e contraddittoria circa un fatto controverso decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Sostengono che la Corte d’appello avrebbe emesso una motivazione contraddittoria laddove in un primo momento ha riconosciuto che la domanda che costituiva il presupposto per il riconoscimento del danno morale non era stata rigettata.

3. Come terzo motivo, lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., laddove la Corte territoriale ha dichiarato inammissibile la domanda per un motivo diverso da quello formulato dalla controparte, che era la violazione del principio di ne bis in idem.

4. I primi due motivi di ricorso sono inammissibili.

La Corte d’appello ha ritenuto preclusa la domanda proposta per effetto del giudicato costituito dalla sentenza n. 19 del 2005 del Tribunale di Ragusa, che si sarebbe pronunciata anche sulla domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno morale, rigettandola implicitamente.

Nel contestare l’interpretazione così data al giudicato esterno dalla Corte territoriale, la parte incorre qui nella violazione delle prescrizioni desumibili dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (nel testo che risulta a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 40 del 2006, operante ratione temporis). Viene al riguardo in rilievo la consolidata giurisprudenza della Corte secondo cui l’interpretazione di un giudicato esterno può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di cassazione con cognizione piena, nei limiti, però, in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione, in forza del principio di necessaria specificità di questo mezzo di impugnazione, con la conseguenza che, qualora l’interpretazione che abbia dato il giudice di merito sia ritenuta scorretta, il predetto ricorso deve riportare il testo della sentenza che si assume erroneamente interpretata, con richiamo congiunto della motivazione e del dispositivo (Cass. 13/03/2009 n. 6184; Cass. 30/04/2010 n. 10537). Nel caso, la valutazione della Corte di merito è censurata con argomentazione meramente contrappositiva, e non viene riportato il contenuto integrale della sentenza n. 19/05, nè la stessa è prodotta unitamente al ricorso per cassazione, nè si forniscono a questa Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, sicchè risulta preclusa la valutazione della correttezza del ragionamento attinto.

5. Il terzo motivo è infondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 16/6/2006 n. 13916 hanno affermato che il giudicato esterno, al pari del giudicato interno, risponde alla finalità di interesse pubblico di eliminare l’incertezza delle situazioni giuridiche e rendere stabili le decisioni; hanno aggiunto che l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio ed il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti. Ne consegue che il giudice, cui risulti l’esistenza del giudicato, non è vincolato alla posizione assunta dalle parti in giudizio, potendo procedere al suo rilievo ed alla sua valutazione anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo (Cass. 29/07/2011 n. 16675).

6. Segue il rigetto del ricorso.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, essendo l’Assessorato alla sanità della regione Sicilia rimasto intimato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2017

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