Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8605 del 03/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/04/2017, (ud. 21/12/2016, dep.03/04/2017),  n. 8605

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13932/2011 proposto da:

G.A., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’Avvocato ETTORE FRANCESCO ZAGARESE,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ELISABETTA LANZETTA, MASSIMILIANO MORELLI, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 638/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 18/05/2010 R.G.N. 1520/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato PISCHEDDA SAMUELA per delega orale Avvocato LANZETTA

ELISABETTA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza del Tribunale di Rossano che aveva accolto il ricorso, ha respinto la domanda proposta nei confronti dell’Inps da G.A. il quale, sulla premessa di avere titolo alla attribuzione dell’incarico di responsabile della struttura di comunicazione, aveva domandato il risarcimento dei danni tutti cagionatigli dalla mancata nomina.

2. La Corte territoriale, richiamato il quadro normativo di riferimento, ha evidenziato che con la circolare n. 188 del 25 ottobre 2001 l’INPS aveva inserito l’area della comunicazione tra i processi abilitanti ed aveva stabilito che le posizioni di responsabilità sarebbero state attribuite ai funzionari inquadrati nei livelli C4 e C5 o, in mancanza, a dipendenti di livello C3, secondo le modalità previste dall’art. 24 del C.C.N.L. 16/2/1999, con il quale era stata disciplinata la assegnazione temporanea a mansioni superiori.

3. Il giudice di appello ha escluso la asserita illegittimità della circolare perchè la L. 7 giugno 2000, n. 150 ed il D.P.R. 21 settembre 2001, n. 422, avevano rispettivamente istituito l’area della comunicazione nelle pubbliche amministrazioni e individuato i requisiti necessari per la assegnazione all’area in questione, senza però porre limiti alla potestà organizzativa di ciascun ente, quanto alla distribuzione dei compiti e delle funzioni.

4. Il G., inquadrato in C2, non aveva titolo per aspirare alla attribuzione della posizione di responsabilità e, conseguentemente, non aveva interesse a fare accertare eventuali profili di illegittimità della procedura selettiva.

5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso G.A. sulla base di due motivi. L’Inps ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, “violazione di norme di diritto – omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione – violazione dell’art. 2697 c.c.”. Sostiene, in sintesi, che la attribuzione dell’incarico non poteva essere disposta sulla base di quanto previsto nella circolare n. 188 del 25 ottobre 2001 perchè quest’ultima doveva ritenersi superata dal D.P.R. n. 422 del 2001, pubblicato il 4 dicembre 2001, che individua i titoli per l’accesso del personale da utilizzare nelle attività di informazione e di comunicazione e richiede unicamente l’inquadramento nell’area C nonchè il possesso di specifici titoli di studio. Aggiunge che lo stesso D.P.R. prevede la possibilità di attribuire in fase di prima applicazione le funzioni di comunicazione al personale già assegnato alle stesse, sicchè l’Inps, anzichè assegnare a rotazione l’incarico a dipendenti inquadrati nella posizione economica C3, avrebbe dovuto considerare che il G. era in possesso dei titoli richiesti dal D.P.R. ed era il dipendente già assegnato all’ufficio comunicazione di livello più elevato. Aggiunge che l’istituto aveva anche errato nel ritenere che la posizione di responsabilità integrasse esercizio di mansioni superiori, giacchè il C.C.N.L. per la attribuzione delle posizioni organizzative fa generico riferimento al personale dell’area C, senza alcuna ulteriore distinzione.

2. Il secondo motivo denuncia “violazione di norme di diritto – insufficiente e contraddittoria motivazione”. Rileva il ricorrente che la mancata attribuzione dell’incarico lo aveva pregiudicato in occasione delle procedure selettive finalizzate alla progressione di carriera, in quanto era stato previsto un punteggio aggiuntivo per coloro che avessero espletato incarichi riconducibili alla previsione dell’art. 24 del C.C.N.L. per il personale degli enti pubblici non economici.

3. Il ricorso è infondato.

La L. 7 giugno 2000, n. 150, disciplina le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni e, all’art. 6, prevede che “le attività di informazione si realizzano attraverso il portavoce e l’ufficio stampa e quelle di comunicazione attraverso l’ufficio per le relazioni con il pubblico, nonchè attraverso analoghe strutture quali gli sportelli per il cittadino, gli sportelli unici della pubblica amministrazione, gli sportelli polifunzionali e gli sportelli per le imprese”.

Il comma 2 della disposizione citata stabilisce che ciascuna amministrazione “definisce nell’ambito del proprio ordinamento degli uffici e del personale e nei limiti delle risorse disponibili, le strutture e i servizi finalizzati alle attività di informazione e comunicazione e al loro coordinamento, confermando, in sede di prima applicazione della presente legge, le funzioni di comunicazione e di informazione al personale che già le svolge”.

L’art. 5 della legge rinvia alla fonte regolamentare la individuazione dei titoli per l’accesso del personale da utilizzare nella attività di comunicazione, mentre l’art. 8, che disciplina le competenze dell’ufficio per le relazioni con il pubblico, prevede, al comma 3, che in detti uffici “l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva”.

A sua volta il regolamento, adottato con D.P.R. 21 settembre 2001, n. 422, art. 2, comma 2, stabilisce i titoli di studio necessari per il personale dirigenziale e per quello inquadrato nell’area C, prevedendo anche, al comma 1 dello stesso articolo, che sono “fatte salve le norme vigenti nei diversi ordinamenti che disciplinano l’accesso alle qualifiche” e al comma 6 che “ciascuna amministrazione provvede, nell’esercizio della propria potestà regolamentare, ad adottare atti di organizzazione degli uffici con le relazioni con il pubblico in coerenza con le disposizioni di cui ai precedenti commi”.

Dal complesso delle disposizioni sopra richiamate si desume che il legislatore, pur prevedendo requisiti minimi per la assegnazione agli uffici di informazione e comunicazione, ha voluto da un lato salvaguardare l’autonomia organizzativa delle singole amministrazioni, dall’altro riconoscere il ruolo svolto dalla contrattazione collettiva, quanto ai profili professionali e ai criteri per l’accesso alle qualifiche.

3.1. Il ricorso, per sostenere la illegittimità degli atti adottati dall’INPS, muove da una interpretazione non corretta della legge e del regolamento, perchè l’art. 2, nel prevedere i titoli culturali necessari per il personale della categoria C, non esclude che, ai fini della attribuzione degli incarichi di responsabilità, i singoli enti possano attribuire rilievo alla posizione ricoperta all’interno dell’area e, quindi, riservare la attribuzione stessa ai dipendenti in possesso delle posizioni più elevate.

La Corte territoriale, pertanto, ha correttamente escluso l’asserito contrasto fra il D.P.R. n. 422 del 2001, art. 2 e la circolare del 25/10/2001, con la quale, nel richiamare l’art. 24 del regolamento di organizzazione, l’INPS aveva ribadito che “le responsabilità dei processi sono affidate a funzionari scelti tra gli appartenenti alle posizioni organizzative C4 e C5”.

Dalla assenza di contrasto discende anche che non rileva la successione temporale sulla quale ha fatto leva il ricorrente, il quale ha sostenuto che la pubblicazione del regolamento, avvenuta il 4/12/2001, avrebbe determinato la automatica esclusione dell’incarico del quale qui si discute dall’ambito di applicazione della circolare concernente i criteri per l’attribuzione delle posizioni di responsabilità.

Va detto, infatti, che la norma inderogabile sopravvenuta può rendere inoperanti per il futuro gli atti adottati dal datore di lavoro, finalizzati alla gestione del rapporto, solo qualora questi ultimi non siano compatibili con la nuova disciplina, evenienza, questa, da escludere nella fattispecie per quanto sopra detto.

3.2. Non sussiste, poi, la asserita violazione delle disposizioni dettate dal CCNL per il comparto degli enti pubblici non economici, perchè le parti collettive, dopo aver previsto che “nell’ambito dell’area C gli enti, sulla base dei propri ordinamenti ed in relazione alle esigenze di servizio, possono conferire ai dipendenti ivi inseriti incarichi…che comportano l’attribuzione di una specifica indennità di posizione organizzativa” (art. 17 CCNL 16/2/1999), hanno riservato all’ente, sia pure previa informazione e concertazione con le organizzazioni sindacali (art. 19), la individuazione dei criteri generali per il conferimento degli incarichi (art. 18), che, quindi, ben possono essere riservati al personale in possesso delle posizioni economiche più elevate.

4. Infine non rileva che il G. fosse, fra i dipendenti già assegnati all’ufficio comunicazione, quello con il grado più elevato in possesso del titolo previsto dalla disciplina regolamentare. L’art. 6 del regolamento, che il ricorrente invoca, si riferisce, infatti, alla diversa fattispecie della conferma, nell’incarico già ricoperto, del dipendente privo del requisito richiesto dall’art. 2, sicchè su detta disposizione non può essere fondato il preteso diritto a vedersi attribuito l’incarico di responsabilità, in violazione dei criteri stabiliti dall’INPS ai fini del conferimento delle posizioni organizzative.

5. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e devono essere poste a carico del ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2017

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