Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8600 del 03/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/04/2017, (ud. 14/12/2016, dep.03/04/2017),  n. 8600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. SPENA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6006-2015 proposto da:

TELECOM ITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati ARTURO MARESCA,

ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, ENZO MORRICO, che la

rappresentano e difendono giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.L., C.F. (OMISSIS), domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO BERTI, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 789/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 08/09/2014 r.g.n. 501/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2016 dal Consigliere Dott. LAURA CURCIO;

udito l’Avvocato CESIRA TERESINA SCANU per delega verbale ARTURO

MARESCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DL PROCESSO

In data 7.12.2011 la società TELECOM aveva contestato alla sig.ra A.L., account manager che operava nell’area territoriale Nord Ovest, delle irregolarità su alcune operazioni commerciali concluse con clienti del suo portafoglio, in particolare con la società THI ITALIA srl, relative in particolare ad un contratto di leasing di una piattaforma per azioni promo pubblicitarie fornite dalla società Extra.it. Telecom le aveva contestato che le operazioni non fossero allineate con le procedure aziendali in materia di trattative commerciali e che la A. non si fosse assicurata della solvibilità del cliente. Era stata comminata alla dipendente una sanzione di rimprovero scritto. Con successiva lettera di contestazione del marzo 2012 la società, dopo aver atteso la conclusione di un Internal audit, aveva contestato alla dipendente di aver consentito operazioni commerciali in cui, come risultato finale, erano stati forniti beni/servizi diversi da quelli contrattualizzati in leasing, attraverso finanziamenti erogati dal partner commerciale Teleleasing.. Seguiva il licenziamento per giusta causa irrogato con comunicazione del 20.4.2012.

In primo grado la A. ha chiesto accertarsi la illegittimità del licenziamento, sia per tardività della contestazione, trattandosi di fatti conosciuti a suo dire dalla società sin dal 2009, sia per totale sua estraneità ai fatti contestati, per essere stato tale affare concluso direttamente dai suoi superiori e comunque lamentando la sproporzione della sanzione irrogata.

Il Tribunale di Torino, esperita l’istruttoria, ha accolto il ricorso, dichiarando la illegittimità del licenziamento. La Corte d’Appello di Torino ha respinto l’appello promosso da Telecom spa, ritenendo che la contestazione effettuata solo in data 20.3.2012 fosse tardiva in particolare perchè i fatti contestati alla lavoratrice erano già in parte conosciuti dalla società fin dal 2009, in quanto analoghe condotte si erano ampiamente diffuse in tale periodo da parte di altri dipendenti, con lo scopo di gonfiare fittiziamente il fatturato societario, tanto che Telecom aveva già intrapreso azioni disciplinari nei confronti anche di funzionari e dirigenti dell’Area NORD Ovest, Area Menager ed Operation Manager, trattandosi peraltro di fatti che erano a conoscenza dei vertici aziendali, come era emerso anche dalle testimonianze rese in primo grado ed anche dalla testimonianza resa in altro giudizio analogo, dall’amministratore delegato di un’altra società fornitrice.

Rilevava ancora la Corte d’Appello che dalla lettura dell’Audit del 3.8.2011 emergeva che già a tale data era stato analizzato il contratto di fornitura stipulato nel 2009 con THI LIGURIA, relativo all’acquisto della piattaforme (OMISSIS) per azioni promo pubblicitarie fornite da Extra.it, ma che era stata contestata alla lavoratrice solo l’irregolarità nel processo di validazione, non comprendendosi per quali ragioni TELECOM avesse atteso ben quattro mesi per richiedere al fornitore Extra.it la più specifica documentazione delle fatture irregolari.

Ha presentato ricorso per Cassazione la Telecom affidato a due motivi.

Ha resistito con controricorso A., depositando anche memoria ex art. 378 c.c..

Il collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo di ricorso Telecom lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 per avere la Corte torinese erroneamente ritenuto la violazione del principio di tempestività della contestazione, mentre i fatti addebitati, ossia le concrete operazioni di irregolare finanziamento, che si celavano dietro apparenti operazioni commerciali, sarebbero state conosciute solo a seguito delle dichiarazioni dell’amministratore della società fornitrice Extra.it e della documentazione commerciale, da costui fornita, tra il fornitore Extra ed i sub fornitori; documentazione relativa ad accordo di fornitura e fatture emesse dai subfornitori nei confronti di Extra.it per beni che nulla avevano a che vedere con quelli contrattualizzati in leasing settore ITC/TLC, trattandosi di attrezzature da caffè, accessori da cucina ecc.., tutte forniture rese al cliente THI Liguria. Sarebbe stato pertanto coerente il lasso di tempo, di un mese, per esaminare la documentazione fornita solo il 26.1.2012 e quindi per effettuare la contestazione del 27.2.201.

La Corte non avrebbe poi considerato che la relazione Audit del 3.8.2011 era stata effettuata solo con analisi dei contratti di leasing sottoscritti da Telecom e i clienti finali, gli unici in suo possesso e che la relazione internal Audit del febbraio 2012 era stata redatta solo dopo aver ottenuto dai fornitori i contratti dei fornitori stipulati con i subfornitori. Solo verificando tale ultima documentazione TELECOM avrebbe potuto avere piena conoscenza della triangolazione commerciale posta in essere da alcuni venditori.

2) Con il secondo motivo, lamenta Telecom l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, art. 360, comma 1, n. 5.

Secondo Telecom la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare a complessità dell’organizzazione aziendale che connota l’azienda, estremamente articolata, con elevatissimo numero di dipendenti in tutto il territorio nazionale e quindi non avrebbe valutato la complessa serie di verifiche e i numerosi passaggi burocratici che sono necessari prima di giungere alla contestazione disciplinare, la mancanza di un diretto contatto del dipendente con il soggetto che è abilitato ad esprimere la volontà imprenditoriale di recedere. Non avrebbe quindi tenuto conto la morte d’appello che il concetto di immediatezza deve tener conto anche dell’esatto momento in cui il datore di lavoro viene a conoscenza dei fatti oggetto di contestazione.

Il ricorso è inammissibile e in parte anche infondato.

Questa Corte si è già pronunciata su fattispecie analoghe che hanno egualmente riguardato il licenziamento di dipendenti Telecom per addebiti di condotte simili a quelle contestate alla A., cfr in particolare da Cass. n.14468/2015, n. 9115/2015, le quali hanno affrontato il tema della tempestività della contestazione effettuata da Telecom.

I due motivi possono essere valutati congiuntamente essendo strettamente connessi perchè, pur riconducendo le censure alle distinte fattispecie di vizi indicati, finiscono di fatto per criticare la ratio decidendi della sentenza sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Infatti anche il primo motivo censura, in sostanza, un’erronea interpretazione della norme di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7lamentando però “un’errata ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa ” (così Cass. 14468/15 cit.), operazione che va ricondotta, appunto, al vizio di motivazione.

La ricorrente ha lamentato in concreto che la Corte territoriale per accertare la tempestività della contestazione non avesse valutato correttamente l’ampia documentazione commerciale prodotta, con particolare riguardo a quella inviata a Telecom solo nel gennaio 2012 dalla società EXTRA.IT, costituita dai contratti dei sub fornitori dai quali si evinceva la triangolazione operata anche con la consapevolezza dei dipendenti Telecom, come la A.; documentazione, a suo dire, indispensabile per avere completa conoscenza delle operazioni commerciali fraudolente. La ricorrente ha individuando sia nella realtà aziendale a livello nazionale cosi articolata e complessa, sia nel contenuto di tale ultima documentazione i fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti.

Tuttavia la Corte d’appello di Torino nel ritenere che fosse stato violato il principio di tempestività, ne ha sufficientemente motivato la violazione ritenendo provato che, sulla base degli Audit prodotti già nel 2011, fossero a conoscenza della società le cd “operazione peperoni”, in cui venivano stipulati contratti che, nonostante utilizzassero formalmente codici dei beni compresi nel “core business aziendale”, avevano invece ad oggetto diversi beni. In sostanza i fatti oggetto dei motivi di ricorso sono stati esaminati dalla corte.

Ciò è sufficiente per escludere che si possa ritenere violato l’art. 360 c.p.c., comma 10, n. 5, nella sua nuova formulazione, applicabile ratione temporis al caso in esame, perchè i fatti storici rilevanti in causa sono stati appunto presi in considerazione dalla Corte, anche se non vi sia stato un dettagliato esame di tutte le risultanze probatorie, in particolari contenute nella documentazione allegata, in particolare gli audit aziendali. (cass. SSUU n. 8053/2014).

Ma ancora, se l’art. 5 novellato richiede che l’esame del fatto decisivo ai fini del giudizio, sia totalmente pretermesso dal giudice, in questo caso anche il fatto riferibile alla diversa documentazione fornita solo nel gennaio 2012 dalla società Extra.it, che secondo le difese della ricorrente sarebbe stata decisiva per accertare la grave condotta inadempiente della A., è stato preso in considerazione dalla Corte, laddove la stessa ha rilevato che in tre mesi la società Telecom nulla aveva fatto per sollecitare detta documentazione alla società fornitrice Extra, al fine di poter comprendere appunto il coinvolgimento o meno della lavoratrice.

Il ricorso deve pertanto essere respinto.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 4000,00 per compensi professionali Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2017

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