Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 860 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. un., 17/01/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 17/01/2020), n.860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sez. –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20946-2018 proposto da:

COUTENZA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio

dell’avvocato LUDOVICA FRANZIN, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CARLO RANABOLDO;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati

ENZO ROBALDO e PIETRO FERRARIS;

– controricorrente –

per revocazione della sentenza n. 10536/2018 della CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, depositata il 03/05/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/12/2019 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 10536, pubblicata il 3 maggio 2018, rigettavano il ricorso proposto da Coutenza (OMISSIS) contro la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche con la quale era stata confermata la decisione del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Torino che aveva accolto l’opposizione – proposta da Telecom Italia S.p.A. – avverso l’ingiunzione emessa ai sensi del R.D. 14 aprile 1910, n. 639, art. 2, per la riscossione di “canoni demaniali risarcitori degli anni 2006, 2007, 2008, 2009, 2010”, ammontanti a complessivi Euro 57.255,73, relativi al periodo successivo alla scadenza della concessione con la quale era stata autorizzato il mantenimento di opere edificate in interferenza con i c. demaniali di irrigazione (OMISSIS).

2. La sentenza sopra indicata aveva escluso che per le aree con infrastrutture di telecomunicazione potessero applicarsi canoni risarcitori anche per l’epoca successiva allo scadere della concessione in relazione al divieto assoluto di imposizioni di canoni o altri oneri previsto dal D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 93, comma 1.

3. La Coutenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per revocazione contro la ricordata sentenza, affidato ad una complessa censura.

4.La Telecom Italia S.p.A. si è costituita con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

5.11 procedimento è stato trattato con le forme di cui all’art. 380 bis c.p.c.

6.La ricorrente prospetta l’esistenza di un duplice errore di percezione nel quale sarebbe incorsa la sentenza impugnata che, nel ritenere valevole il divieto di imposizione per i canoni demaniali di irrigazione previsto dal D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 53 per il demanio, regolato dal D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 86 alle ipotesi di demanio regionale trasferito ai sensi della L. n. 984 del 1977, art. 12 avrebbe omesso di considerare che la cennata disposizione avrebbe introdotto una disciplina relativa ai canali demaniali di irrigazione totalmente diversa da quella incidente sulle opere relative al demanio idrico trasferite alla Regione in forza del D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 86.

7.L’ulteriore errore percettivo nel quale sarebbe incorsa la pronunzia impugnata riguarderebbe la circostanza che i canali demaniali di irrigazione sono sempre stati, anche in virtù delle nuove competenze, soggetti agli specifici canoni previsti dal R.D. n. 368 del 1904, in quanto soggetti a particolare tutela e finalizzati a garantire l’integrità dell’alveo e degli spazi circostanti, di guisa che gli stessi sarebbero soggetti ai canoni della tariffa demaniale di cui al R.D. 8 maggio 1904 n. 368, art. 187.

7.1 Secondo i ricorrenti, peraltro, lo stesso D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 92, comma 6 avrebbe tenuto fermo il principio che le servitù vanno costituite in modo da produrre il minor pregiudizio possibile al fondo servente, tanto confermando che il canone della tariffa nazionale non era determinato per l’uso particolare del demanio, ma unicamente per la limitazione d’esercizio dei canali causata dall’interferenza.

8. La complessa censura è inammissibile, riguardando sotto entrambi i profili prospettati vizi collegati alla portata della disciplina normativa di settore che esula totalmente dall’ipotesi revocatoria correlata invece all’esistenza di un errore percettivo ricadente sul fatto esaminato dal giudice.

8.1 E’ quindi evidente che tutti i proposti motivi non possono sussumersi nelle ipotesi di revocazione riconducibili all’art. 395 c.p.c., n. 4), avendo la consolidata giurisprudenza di questa Corte chiarito che l’istanza di revocazione di una sentenza della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile al citato all’art. 395 c.p.c., n. 4), che ricorre nelle ipotesi in cui la decisione sia frutto di un’erronea percezione della realtà, dando luogo al contrasto tra quanto rappresentato nella sentenza e le oggettive risultanze degli atti processuali, non risultando ammissibile un assunto errore di diritto ovvero quando si prospettino vizi del provvedimento decisorio che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico – cfr. Cass. S.U. n. 20994/2017 e Cass., S.U., n. 8984/2018 -.

9. Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile.

10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

11. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore di Telecom Italia S.p.A. in Euro 2.500,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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