Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 86 del 04/01/2017

Cassazione civile, sez. I, 04/01/2017, (ud. 06/10/2016, dep.04/01/2017),  n. 86

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERNABAI Renato – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4265-2011 proposto da:

(OMISSIS) S.R.L., c.f. ((OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

COSSERIA 2, presso l’avvocato FRANCESCA BUCCELLATO (STUDIO LEGALE

AIELLO PASTORE E AMERICO, rappresentata e difesa dall’avvocato

MAURIZIO VILONA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

N.F., (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE PARIOLI 79, presso l’avvocato MICHELE LO BIANCO,

rappresentato e difeso da se medesimo;

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. (c.f. (OMISSIS)), in persona del Curatore

avv. A.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO

CESI 72, presso l’avvocato MARIO BRANCADORO, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIANFRANCO VOJVODIC, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1206/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 04/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2016 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato LORENZO COLEINE, con delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Catania ha respinto il reclamo proposto da (OMISSIS) s.r.l. contro la sentenza dichiarativa del suo fallimento, emessa il 7.5.010 dal Tribunale di Siracusa. La corte del merito ha in primo luogo condiviso l’opinione del tribunale, secondo cui l’indennizzo di complessivi Euro 384.000 liquidato nel 2008 a (OMISSIS) da due diverse compagnie di assicurazione, per i danni derivati da un incendio divampato nel capannone nel quale si svolgeva l’attività, aveva comportato il superamento della soglia di fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, lett. a) l. fall.: ha rilevato al riguardo che, benchè sia l’immobile sia i macchinari danneggiati fossero condotti in locazione, la società non aveva documentato di aver integralmente destinato l’indennizzo al risarcimento dei danni subiti dai terzi proprietari. Ha osservato, peraltro, che la questione non era risolutiva ai fini dell’accoglimento del reclamo, posto che la reclamante, cui incombeva l’onere di dimostrare di non possedere neppure uno dei requisiti dimensionali che rendono assoggettabile un’impresa a fallimento, non aveva depositato i bilanci dell’ultimo triennio, ma solo tabulati informali, non corredati dai libri contabili, cui non poteva essere attribuita alcuna valenza documentale. Ha infine accertato che (OMISSIS), priva di disponibilità economiche e perciò impossibilitata a saldare non solo il credito dell’istante avv. N., portato da decreto ingiuntivo non opposto, ma anche quelli, per oltre 280.000 Euro, già ammessi allo stato passivo, versava in stato di insolvenza.

La sentenza, pubblicata il 4.11.2010, è stata impugnata da (OMISSIS) s.r.l. con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi e illustrato da memoria, cui il Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. e il creditore istante hanno resistito con separati controricorsi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Va respinta l’eccezione sollevata dal Fallimento controricorrente di inammissibilità del ricorso, perchè proposto oltre il termine decadenziale di cui all’art. 18, terz’ultimo comma L. Fall.: tale termine decorre, infatti, dalla data della notificazione del testo integrale della sentenza e non da quella della mera comunicazione del suo dispositivo.

2) I primi due motivi del ricorso, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, investono il capo della decisione che ha escluso che (OMISSIS) avesse dato prova del mancato superamento delle soglie di fallibilità.

La società deduce che l’avvenuta distruzione, nel 2005, del capannone nel quale esercitava l’attività dimostrava, di per sè, che negli anni successivi essa non aveva potuto produrre reddito, nè conseguire ricavi, ed assume che la corte del merito avrebbe erroneamente considerato l’indennizzo assicurativo (parzialmente) riscosso quale componente dell’attivo patrimoniale. Lamenta, inoltre, che, il giudice a quo abbia ritenuto inattendibili i prospetti contabili depositati – che traevano conferma dalle risultanze del bilancio 2005 (l’ultimo approvato e pubblicato), dal quale già emergeva il mancato superamento delle soglie di cui all’art. 1, comma 2 L. Fall. – ed abbia omesso di disporre una ctu e/o di esercitare i poteri istruttori ufficiosi che la legge gli attribuisce.

2) I motivi non meritano accoglimento.

2.1) L’onere di provare il mancato superamento delle tre soglie dimensionali al di sotto delle quali non può farsi luogo alla dichiarazione di fallimento incombe sul debitore.

Può convenirsi con la ricorrente che, anche in mancanza di deposito dei bilanci, l’avvenuta cessazione da molti anni dell’attività di impresa valga a far presumere che, nel triennio anteriore alla presentazione dell’istanza, l’imprenditore non ha conseguito ricavi e che l’attivo patrimoniale non ha superato quello indicato nell’ultimo bilancio approvato. La circostanza è però del tutto irrilevante ai fini della prova che l’ammontare complessivo dei debiti non supera i 500.000 Euro, atteso che questi ben potrebbero essere sorti o, quantomeno, essere stati accertati, in data successiva alla cessazione dell’attività (si pensi ad. es., ai debiti fiscali o contributivi, ma anche ai debiti risarcitori derivanti da pregressi inadempimenti contrattuali o da illeciti extracontrattuali).

Avuto riguardo al requisito di cui all’art. 1, comma 2, lett. c) L. Fall., anche in un caso quale quello di specie va dunque condiviso il principio secondo cui la produzione dei bilanci dell’ultimo triennio costituisce la base documentale imprescindibile per sottrarsi alla dichiarazione di fallimento, a meno che la prova dell’effettivo ammontare dell’indebitamento non possa trarsi da ulteriori risultanze processuali altrettanto significative (cfr. Cass. n. 8769/012).

2.2) E’ poi inammissibile la censura concernente l’omessa attivazione dei poteri istruttori ufficiosi attribuiti dalla legge al giudice del merito: la ricorrente, che nel corso del procedimento non ha prodotto neppure le scritture contabili e che contesta in via del tutto generica la valutazione di inattendibilità dei tabulati depositati (non allegati al ricorso, nè illustrati nel loro contenuto), non chiarisce, infatti, sulla scorta di quali dati potesse essere condotta una ctu, nè specifica quali fossero i mezzi di prova, necessari ai fini della verifica del mancato raggiungimento della soglia di fallibilità di cui alla già cit. lett. c) dell’art. 1, comma 2 L. Fall., che la corte d’appello avrebbe dovuto assumere d’ufficio.

2.3) L’accertamento concernente il mancato assolvimento dell’onere della prova sul punto costituisce autonoma ratio decidendi, di per sè sufficiente a sorreggere il capo della pronuncia impugnato: ne consegue il difetto di interesse della ricorrente a censurare l’assunto (integrante un’ulteriore ratio, che la stessa corte del merito afferma di aver enunciato ad abundantiam) secondo cui la somma da essa conseguita nel 2008 a titolo di indennizzo rientrava fra le componenti dell’attivo patrimoniale.

3)Con il terzo ed il quarto motivo, anch’essi esaminabili congiuntamente, (OMISSIS) contesta la sussistenza dello stato di insolvenza. Deduce, per un verso, che, poichè l’incapacità dell’imprenditore di far fronte alle proprie obbligazioni deve essere accertata alla data della sentenza dichiarativa, la corte del merito non poteva fondare la decisione sulle risultanze dello stato passivo; sostiene, per l’altro, che il mancato pagamento del credito dell’istante era dovuto ad uno stato di sola temporanea sua incapacità ad adempiere.

4)La prima censura è infondata, posto che la prova dello stato di insolvenza può fondarsi anche su fatti emersi successivamente alla pronuncia, purchè ad essa anteriori: l’insolvenza può dunque ben essere desunta dall’avvenuta ammissione allo stato passivo di crediti, aventi sicura natura concorsuale, di notevole importo (fra molte, Cass. nn. 10952/015, 9760/011, 19141/06).

4.1) La seconda censura, che si sostanzia in un’argomentazione meramente assertiva e che non contrasta specificamente l’accertamento del giudice a quo secondo cui il credito dell’avv. N. ammontava ad oltre 54.000 Euro ed era portato da decreto ingiuntivo non opposto, è invece inammissibile.

Il ricorso, in conclusione, va integralmente respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge, in favore di ciascuna delle due parti controricorrenti.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2017

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