Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8599 del 07/05/2020
Cassazione civile sez. I, 07/05/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 07/05/2020), n.8599
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 34049/2018 proposto da:
K.A.K., elettivamente domiciliato in Catania, via
Giaconia n. 4, presso lo studio dell’avv. G. Lombardo, che lo
rappresenta e difende giusta procura speciale in separato atto;
– ricorrente –
contro
Commissione Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale
Siracusa, Ministero Dell’interno (OMISSIS), Prefettura Catania;
– intimati –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di CATANIA, depositata il
02/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
08/10/2019 da Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Catania ha respinto il ricorso proposto da K.A.K., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale sia come “rifugiato” che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria.
Il ricorrente ha riferito di essere scappato dalla Guinea perchè oggetto di persecuzioni da parte di un’etnia diversa, i (OMISSIS), rispetto alla propria, i (OMISSIS). Egli ha riferito di aver subito un attentato cui era scampato solo per un errore di persona ad opera dell’etnia avversa che voleva vendicarsi di uno scontro avvenuto un anno prima nel quale un edificio di culto degli attentatori era stato bruciato.
Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, perchè il Tribunale non avrebbe esplicitato il percorso logico seguito nell’addivenire alle proprie conclusioni di rigetto del riconoscimento dello status di rifugiato, senza attivare i propri poteri officiosi volti a verificare in sede istruttoria l’impossibilità di richiedere l’ausilio delle forze dell’ordine ovvero le ragioni che potevano concretare il rischio persecutorio; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per la mancata considerazione della grave instabilità politica del paese d’origine del richiedente e della situazione d’insicurezza condizionata da un elevato rischio di azioni terroristiche, (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, per le condizioni di vulnerabilità tali da sconsigliare l’accompagnamento coattivo in ragione della grave compromissione delle libertà fondamentali costituzionalmente riconosciute.
Il primo motivo è inammissibile, perchè propone censure di merito, sulla valutazione, da parte del tribunale, dei diversi eventi proposti dal richiedente asilo, che è un accertamento di fatto, di per sè incensurabile nella presente sede.
Il secondo motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, va rappresentata dal ricorrente come minaccia grave e individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità” (Cass. n. 32064/18, 30105/18), se non per omesso esame o motivazione apparente.
Nel caso di specie, il giudice del merito ha evidenziato, sulla base di fonti informative ben esplicitate e con accertamento di fatto, come il pericolo di essere perseguitato per motivi di etnia sia insussistente, in quanto il gruppo etnico attualmente dominante è proprio quello del ricorrente ed appare poco credibile che egli non possa ottenere adeguata protezione, quantomeno dalle forze di polizia, alle quali non risulta che egli si sia rivolto.
Il terzo motivo, in riferimento alla protezione umanitaria, è inammissibile, in quanto la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione; infatti, nel caso di specie, il giudice del merito ha accertato l’assenza di situazioni di vulnerabilità “individualizzata e specifica”, anche tenendo conto delle attività formative e di lavoro svolte dal richiedente nel periodo di accoglienza. La mancata costituzione dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2020