Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8598 del 14/04/2011

Cassazione civile sez. I, 14/04/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 14/04/2011), n.8598

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5392/2010 proposto da:

C.L. ((OMISSIS)), C.M.

((OMISSIS)), D.G.C. ((OMISSIS)),

P.B. ((OMISSIS)), Q.G.

((OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE

MEDAGLIE D’ORO 48, presso lo studio dell’avvocato MASTROIANNI Giulio,

che li rappresenta e difende, giuste deleghe in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto RG 55884/07 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

3/11/08, depositato il 12/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PATRONE

IGNAZIO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che C.L. e gli altri quattro ricorrenti indicati in epigrafe, con ricorso del 26 febbraio 2010, hanno impugnato per cassazione – deducendo tre motivi di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Roma depositato in data 12 gennaio 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sui distinti ricorsi dei predetti ricorrenti – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per il rigetto del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare a ciascun ricorrente la somma di Euro 5.400,00 a titolo di equa riparazione, oltre gli interessi dalla data del decreto al saldo;

che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze;

che, in particolare, le domande di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 17.000,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposte con distinti ricorsi del 27 luglio 2007, era fondata sui seguenti fatti:

a) i predetti ricorrenti asseritamente creditori degli assegni mensili per allievi infermieri, erano intervenuti – con atti del 14 ottobre 1997 e del 22 maggio 1998 – nel giudizio da altri colleghi promosso nel marzo 1995 dinanzi al Tribunale amministrativo del Lazio per l’annullamento della deliberazione della Regione Lazio che negava la corresponsione di detti assegni; b) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza del 3 marzo 2007;

che la Corte d’Appello di Roma, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in tre anni il periodo di tempo necessario per la definizione secondo ragionevolezza del processo presupposto -, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in sei anni ed ha liquidato equitativamente a ciascun ricorrente, a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale, la somma di Euro 5.400,00, calcolata sulla base di Euro 900,00 per ogni anno di ritardo, tenuto conto della modesta pretesa economica fatta valere nel giudizio presupposto (e, conseguentemente, della modestia della sofferenza patita) e della “palese infondatezza della domanda evidenziata dal resistente e riscontrabile dalla motivazione della sentenza che ha definito il giudizio presupposto”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con i motivi di censura – i quali possono essere congiuntamente esaminati -, il ricorrente denuncia come illegittima, anche sotto il profilo del vizio di motivazione: a) l’errata individuazione del periodo di irragionevole durata del processo presupposto, determinabile in dodici anni (intera durata del processo dal 1995 al 2007), ovvero in dieci anni (dall’ottobre 1997, anno dell’intervento in giudizio, fino al marzo 2007, anno della decisione); b) l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; c) l’affermata erronea decorrenza degli interessi dalla data del decreto, anzichè dalla data della domanda;

che, in particolare, le censure sub a) e sub b) sono infondate, perchè i Giudici a quibus non si sono sostanzialmente discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1,000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che, al riguardo, va sottolineato che gli stessi ricorrenti affermano, senza specificare le singole posizioni – come invece sarebbe stato loro preciso onere -, di essere intervenuti nel giudizio presupposto con atti del 14 ottobre 1997 e del 22 maggio 1998;

che, pertanto – diversamente da quanto affermato dai ricorrenti -, per i ricorrenti intervenuti in data 14 ottobre 1997, la durata irragionevole è pari a sei anni e cinque mesi, mentre per i ricorrenti intervenuti in data 22 maggio 1998, la durata irragionevole è pari a cinque anni e dieci mesi;

che, dunque, detto orientamento – qui ribadito – avrebbe condotto, nelle distinte fattispecie, ad una liquidazione dell’indennizzo in misura pari, rispettivamente, ad Euro 5.700,00 e ad Euro 5.100,00, per sei anni e cinque mesi e per cinque anni e dieci mesi di irragionevole ritardo;

che, per evidenti ragioni di equità e di parità di trattamento, la Corte romana ha ritenuto giustamente di riconoscere a ciascun ricorrente un indennizzo medio di Euro 5.400,00 per sei anni circa di irragionevole ritardo, con ciò conformandosi all’orientamento medesimo;

che la censura sub c) è, invece, fondata;

che, infatti, questa Corte ha già ripetutamente affermato che, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, il diritto ad un’equa riparazione in caso di mancato rispetto del termine ragionevole del processo, avente carattere indennitario e non risarcitorio, non richiede l’accertamento di un illecito secondo la nozione contemplata dall’art. 2043 cod. civ., nè presuppone la verifica dell’elemento soggettivo della colpa a carico di un agente, essendo invece ancorato all’accertamento della violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, cioè di un evento ex se lesivo del diritto della persona alla definizione del suo procedimento in una durata ragionevole, e l’obbligazione avente ad oggetto l’equa riparazione configurandosi non già come obbligazione ex delicto ma come obbligazione ex lege, riconducibile, in base all’art. 1173 cod. civ., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformità dell’ordinamento giuridico, con la conseguenza che dal carattere indennitario di tale obbligazione discende che gli interessi legali possono decorrere, semprechè richiesti, dalla data della domanda di equa riparazione, in base al principio secondo cui gli effetti della pronuncia retroagiscono alla data della domanda, nonostante il carattere di incertezza e di illiquidità del credito prima della pronuncia giudiziaria, mentre, in considerazione del predetto carattere indennitario dell’obbligazione, nessuna rivalutazione può essere accordata (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 8712 del 2006 e 2248 del 2007);

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato, in relazione alla censura accolta, nella parte in cui determina la decorrenza degli interessi sulla somma capitale di Euro 5.400,00 dalla data del decreto impugnato al saldo, anzichè dalla data della proposizione della domanda di equa riparazione al saldo;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che, nella specie, la decorrenza degli interessi sulla già riconosciuta somma capitale di Euro 5.400,00 deve essere stabilita dalla data della proposizione della domanda di equa riparazione al saldo effettivo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi – in complessivi Euro 2.550,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 1.000,00 (Euro 600+Euro 400,00 per gli altri quattro ricorrenti) per diritti ed Euro 1.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge;

che le spese del presente grado di giudizio compensate per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso – seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

PQM

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze a corrispondere a ciascun ricorrente – sulla somma di Euro 5.400,00 – gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore delle parti ricorrenti, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 2.550,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 1.000,00 per diritti ed Euro 1.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore degli avv. Letizia Ciuffarella e Bruno Forte, dichiaratisene antistatari, e, per il giudizio di legittimità, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Giulio Mastroianni, dichiaratosene antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 9 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2011

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