Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8597 del 14/04/2011

Cassazione civile sez. I, 14/04/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 14/04/2011), n.8597

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4875/2010 proposto da:

B.S.T. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO TRIESTE 150, presso lo

studio dell’avvocato ARMANDOLA Roberto, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MILANI PIER LUIGI, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 50149/07 R.G.A.D. della CORTE D’APPELLO di ROMA

del 19/01/09, depositato il 20/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito l’Avvocato Armandola Roberto, difensore dei ricorrenti che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE che ha

concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che B.S. e gli altri diciotto ricorrenti indicati in epigrafe, con ricorso del 16 febbraio 2010, hanno impugnato per cassazione – deducendo tre motivi di censura, illustrati con memoria -, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, il decreto della Corte d’Appello di Roma depositato in data 20 aprile 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso della B. e degli altri predetti ricorrenti – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, a seguito della sentenza della Corte di cassazione n. 16207/06 del 17 luglio 2006 -, in contraddittorio con il Presidente del Consiglio dei ministri – il quale ha concluso per l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare a ciascuno dei ricorrenti le somme stabilite nello stesso decreto impugnato;

che resiste, con controricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per omessa formulazione dei quesiti di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

preliminarmente, che il ricorso è inammissibile, per omessa formulazione dei quesiti di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ.;

che infatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in forza del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1 – secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione di legge contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo -, nonchè del correlato specifico disposto della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 5 – in base al quale “Le disposizioni di cui all’art. 47 si applicano alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore della presente L. 4 luglio 2009” -, l’abrogazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., disposta dalla citata L. n. 69 del 2009, art. 47, ha effetto per i ricorsi per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per i ricorsi proposti antecedentemente (ma dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, cioè dal 2 marzo 2006) detta norma codicistica è da ritenersi ancora applicabile (cfr., ex plurimis, l’ordinanza n. 7119 del 2010 e la sentenza n. 26364 del 2009);

che, nella specie, il decreto impugnato è stato depositato in cancelleria in data 20 aprile 2009 e, ciononostante, i ricorrenti non hanno formulato – per i rimi due motivo del ricorso – il quesito di diritto, nè – per il terzo motivo, che denuncia anche vizi della motivazione – il cosiddetto “momento di sintesi”;

che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese, che liquida in complessivi Euro 600,00, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 9 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2011

Sommario

IntestazioneFattoDirittoP.Q.M.

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