Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8597 del 07/05/2020
Cassazione civile sez. I, 07/05/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 07/05/2020), n.8597
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31766/2018 proposto da:
A.L., elettivamente domiciliato in Catania, viale XX
settembre n. 43, presso lo studio dell’avv. Massimo Ferrante, che lo
rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, (OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CATANIA, depositato il
22/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
08/10/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Catania ha respinto il ricorso proposto da A.L., cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale sia come “rifugiato” che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria. Il ricorrente ha riferito di aver ricevuto minacce da parte di alcuni membri di una società segreta cui suo padre apparteneva, obbligandolo a far parte del suddetto gruppo e di aver lasciato il proprio paese per timore di essere ucciso dai membri della società segreta.
Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, L. n. 848 del 1955 e art. 3 della CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, il tribunale aveva ritenuto il ricorrente non credibile, senza il rispetto dei parametri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, ed omettendo il dovere officioso di approfondimento istruttorio sulla situazione generale della Nigeria, anche alla luce del principio di non refoulement (vedi p. 6, ultimo cpv. del ricorso); (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6, art. 3 CEDU, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in quanto, erroneamente, il tribunale non aveva riconosciuto la ricorrenza dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria, in riferimento alla sussistenza di condizioni di vulnerabilità.
Il primo motivo è, in via preliminare, inammissibile, perchè propone censure relativamente alla ricostruzione dei fatti narrati dal richiedente asilo, che sono oggetto della valutazione esclusiva del giudice del merito ed incensurabili in sede di legittimità, se non per omesso esame di un fatto decisivo ovvero per motivazione apparente.
Il motivo è, comunque, infondato, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, va rappresentata dal ricorrente come minaccia grave e individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità” (Cass. n. 32064/18, 30105/18), se non per omesso esame o motivazione apparente.
Nella specie, va confermata la statuizione di mancato riconoscimento dei presupposti dello status di rifugiato, non sussistendo la dedotta violazione di legge, in quanto, dalla vicenda narrata dal richiedente, non è possibile ravvisare il timore di persecuzione di cui alla convenzione di Ginevra del 1951 e dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2.
In riferimento alla protezione sussidiaria, il giudice del merito ha evidenziato l’inverosimiglianza di una setta segreta che pratica il reclutamento “forzoso”, ed ancora più inverosimile, la circostanza che il giorno dei funerali del padre, giorno fino al quale il ricorrente ignorava che il padre fosse un affiliato, si presentano in 12 persone, con una benda sulla testa con scritto il nome della setta (oltre all’ulteriore circostanza rimasta oscura della decapitazione del padre). Il secondo motivo, in riferimento alla protezione umanitaria, è inammissibile, in quanto, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione; infatti, nel caso di specie, il giudice del merito ha accertato l’assenza di situazioni di vulnerabilità “individualizzata e specifica”, anche tenendo conto delle attività formative e di lavoro svolte dal richiedente nel periodo di accoglienza. La mancata predisposizione di difese scritte da parte del ricorrente, esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2020