Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8596 del 07/05/2020

Cassazione civile sez. I, 07/05/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 07/05/2020), n.8596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31198/2018 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Roberto Scott

n. 62, presso lo studio dell’avvocato Pace Elisabetta che lo

rappresenta e difende come da procura in calce alla memoria di

costituzione di nuovo procuratore;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il

21/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/10/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Venezia ha respinto il ricorso proposto da D.M. alias J.H. cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale sia come “rifugiato” che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria.

Il ricorrente, appartenente al partito (OMISSIS), aveva un’attività afferente alla produzione delle armi e nel 2013, alcune persone che facevano parte dell'(OMISSIS) gli chiesero di fabbricare delle armi: a fronte del rifiuto subì un’aggressione per la quale fu trasportato in ospedale dai vicini che venivano in suo soccorso, gli aggressori denunciarono il padre per fabbricazione di armi e tornarono a cercarlo anche mentre era ancora ricoverato in ospedale; successivamente, riuscì a fuggire con i soldi del padre.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3 e art. 27, comma 1 bis, D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6, art. 2, comma 1, lett. g), della direttiva 2013/32 UE, degli artt. 5 e 14, comma 1, lett. b), e dell’art. 15 della direttiva 2011/95/UE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè, erroneamente, il Tribunale aveva ritenuto la narrazione del richiedente non credibile, alla luce degli indicatori di genuinità soggettiva contenuti nell’art. 3 cit. e del principio “dell’onere della prova attenuato”, in quanto la valutazione di credibilità delle dichiarazioni dello straniero non deve essere compiuta sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma in modo unitario, tenendo anche conto della situazione individuale e delle circostanze personali, della condizione sociale e dell’età del richiedente;

Il motivo è, in via preliminare, inammissibile, perchè propone censure relativamente alla ricostruzione dei fatti narrati dal richiedente asilo, che sono oggetto della valutazione esclusiva del giudice del merito ed incensurabili in sede di legittimità, se non per omesso esame di un fatto decisivo ovvero per motivazione apparente.

Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. nn. 16925/18, 27503/18).

Nel caso di specie, il giudice del merito ha ritenuto il racconto del ricorrente non credibile, perchè la narrazione era lacunosa, e contraddittoria (vedi p. 5 primo cpv. del decreto) ed a riscontro di tale assunto il medesimo tribunale ha constatato che il richiedente asilo ha declinato generalità diverse in sede di redazione del modello C3 e in sede di audizione davanti alla Commissione territoriale. In riferimento alla situazione politico-sociale del Bangladesh, il Tribunale ha accertato, sulla base di fonti informative aggiornate (D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3), che nel paese del richiedente, pur caratterizzato da moderate tensioni politiche, tuttavia, “i contrasti tra opposte fazioni politiche non si spingono al punto di concretare un rischio generalizzato di violenza per la popolazione civile.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte del ricorrente,

esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2020

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