Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8595 del 03/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/04/2017, (ud. 07/12/2016, dep.03/04/2017),  n. 8595

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5094-2011 proposto da:

G.E., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CARLO POMA, 2, presso lo studio dell’avvocato SILVIA ASSENNATO, che

la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati MAURO

RICCI, ANTONELLA PATTERI, CLEMENTINA PULLI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2926/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/05/2010 R.G.N. 2033/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito l’Avvocato ASSENNATO SILVIA;

udito l’avvocato MARITATO LELIO per delega orale Avvocato PULLI

CLEMENTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.E., nata il (OMISSIS), convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Velletri l’Inps perchè fosse riconosciuto il suo diritto all’assegno mensile di invalidità previsto dalla L. n. 118 del 1971, art. 13. Il tribunale accolse la domanda e le riconobbe il diritto alla prestazione con decorrenza dal 1 aprile 2007, condannando l’Inps al pagamento della relativa prestazione.

La sentenza fu appellata dall’Inps sul rilievo che a tale data la ricorrente aveva già compiuto sessantacinque anni. Fu appellata anche con appello incidentale dalla G., allo scopo di far valere la retrodatazione della prestazione.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata in data 24 maggio 2010, accolse l’appello dell’Inps; dichiarò improcedibile l’appello incidentale spiegato dalla G. e ne rigettò la domanda. La declaratoria di improcedibilità fu adottata sul rilievo che la parte appellata-appellante incidentale, rimasta assente all’udienza di discussione, non aveva provato l’avvenuta notificazione dell’atto di impugnazione.

Contro la sentenza la G. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria. L’Inps resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo la ricorrente censura la sentenza deducendo l’errore in cui è incorsa la Corte per aver dichiarato improcedibile l’appello incidentale, regolarmente notificato e depositato nei termini di legge, sul mero rilievo della mancata comparizione della parte e della mancata prova della notificazione dell’appello incidentale, laddove avrebbe dovuto disporre il rinvio della udienza ai sensi dell’art. 348 c.p.c..

2. Il ricorso è senz’altro ammissibile giacchè, seppure il motivo non sia preceduto da una rubrica recante la specifica indicazione delle norme di legge violate e del tipo di vizio dedotto in sede di legittimità, sia dall’esposizione dei fatti di causa, sia dall’illustrazione delle ragioni della decisione e delle doglianze sollevate, sia infine dalla specifica formulazione del quesito di diritto, quantunque non richiesto ratione temporis (essendo stata la sentenza d’appello depositata dopo l’abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c.), emerge chiaramente che con il ricorso la parte ha denunciato l’error in procedendo in cui sarebbe incorsa la corte territoriale per non aver fatto applicazione dell’art. 348 c.p.c., comma 2.

3. Il motivo è tuttavia infondato.

3.1. La Corte territoriale ha dato atto della costituzione della G. nel giudizio di appello, attraverso il deposito del fascicolo e della memoria difensiva contenente l’appello incidentale, ma ha poi dichiarato improcedibile l’impugnazione per non aver la parte, rimasta assente all’udienza di discussione, provato l’avvenuta notificazione della stessa.

3.2. Nel ricorso per cassazione la parte, pur deducendo e comprovando di aver, notificato la memoria difensiva contenente l’appello incidentale in data 3/3/2010, e dunque nel rispetto del termine di dieci giorni prima dell’udienza di discussione (fissata per il 26/3/2010), non contesta adeguatamente tali circostanze e, in particolare, quella posta a base del decisum, della mancanza di prova, nel giudizio di appello, dell’avvenuta notificazione dell’appello incidentale: in particolare, non specifica, in ossequio ai principi di autosufficienza che presidiano il giudizio di cassazione, anche in caso di denuncia di errores in procedendo (Cass. Sez. Un., 22 maggio 2012, n. 8077), in quale fase e sede processuale e con quale atto avrebbe fornito la prova dell’avvenuta notificazione. Al contrario, dall’esame del fascicolo di appello dell’odierna ricorrente, consentito a questa Corte essendo stato dedotto un error in procedendo, non risulta riportata alcuna annotazione di un’attività di deposito, successiva alla costituzione dell’appellata, della velina della memoria con la richiesta di notificazione, e tanto meno la copia della stessa con la relazione di avvenuta notificazione. Nè rileva che tale prova sia fornita nel giudizio di cassazione, a fronte della correttezza della decisione della Corte territoriale.

3.3. La sentenza impugnata è infatti in linea con la pronuncia di questa Corte a sezioni unite (Cass. 30/7/2008, n. 20604), la quale ha affermato che l’appello tempestivamente proposto è improcedibile se non sia avvenuta la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, non essendo consentito al giudice assegnare all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.. Il principio, affermato per l’appello principale, deve estendersi anche all’appello incidentale, come sostenuto da giurisprudenza anche recente di questa Corte (Cass. 19/01/2016, n. 837).

3.4. Alla sua applicazione non è di ostacolo la norma dell’art. 348 c.p.c. cpv., invocata dalla ricorrente, – a mente della quale, se l’appellante non compare alla prima udienza benchè si sia anteriormente costituito, il collegio, con ordinanza non impugnabile, rinvia la causa ad una prossima udienza della quale il cancelliere dà comunicazione all’appellante, – e che la stessa ricorrente vuole applicata anche all’appellato-appellante incidentale.

La norma, dettata per il giudizio ordinario di cognizione e ritenuta, non senza contrasti, applicabile anche al processo del lavoro (Cass., Sez. Un., 25/05/1993, n. 5839; Cass. 4/03/2011, n. 5238; Cass. 12/02/2015, n. 2816; Cass. 4/08/2015, n. 16358), deve infatti essere adattata alle peculiarità del rito, in particolare alle diverse modalità di costituzione delle parti e alla necessità, sancita dalle Sezioni unite di questa Corte, della notificazione dell’atto di impugnazione a pena di improcedibilità della stessa.

3.5. Ora, se è vero che la costituzione dell’appellato si perfeziona, al pari di quella dell’appellante, con il solo deposito del fascicolo contenente la memoria difensiva ex art. 436 c.p.c. cpv., è altrettanto vero che per una valida proposizione dell’appello incidentale è necessario che: a) esso sia contenuto nella memoria difensiva; b) la memoria sia depositata, a pena di decadenza, nei dieci giorni precedenti l’udienza di discussione; c) entro tale termine la memoria contenente l’impugnazione incidentale sia notificata all’appellante.

Il predetto termine di dieci giorni, fissato dall’art. 436 c.p.c., comma 3, ha carattere perentorio, sia per assicurare il diritto di difesa dell’appellante principale sia per l’inequivocabile dato letterale della norma; e benchè si affermi che la fase della notifica sia estranea all’edictio actionis (Cass. 3/08/2005, n. 16236), nondimeno, proprio al fine di armonizzare il sistema con i principi espressi dalle Sezioni unite su richiamate, è necessario che nel predetto termine l’attività notificatoria sia stata quanto meno avviata. Ciò del resto è conforme al tenore testuale della disposizione in esame, in cui l’espressione “almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’articolo precedente” è riferita non solo al deposito dell’atto ma anche alla sua notificazione.

In tal senso si è espressa questa Corte con la sentenza del 31/05/2012, n. 8723, in cui si è affermato che “Nei giudizi soggetti al rito del lavoro, la circostanza che l’appellante principale abbia ricevuto la notifica dell’appello incidentale meno di dieci giorni prima di quello fissato per la discussione, in violazione del termine di cui all’art. 436 c.p.c., non rende inammissibile l’appello incidentale, se la comparsa di risposta sia stata comunque tempestivamente depositata, e la richiesta di notifica all’ufficiale giudiziario sia avvenuta prima dello spirare del termine suddetto”.

4. Il codice di rito non stabilisce un termine entro cui l’appellato deve depositare la documentazione necessaria a comprovare l’avvenuta notificazione della memoria difensiva, al fine di permettere la verifica della corretta instaurazione del contraddittorio sulla sua impugnazione: può tuttavia sostenersi, alla stregua di una sia pur risalente giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. Un., 16/12/1986, n. 7533), che ciò potrà avvenire al più tardi all’udienza di discussione, in cui l’appellante incidentale ha l’onere di dimostrare di aver notificato alla controparte l’impugnazione, salva la necessità di un ulteriore termine per la sua rinnovazione nell’ipotesi in cui la notificazione sia affetta da vizi che consentano l’applicazione dell’art. 291 c.p.c..

Non sembra poi superfluo sottolineare che la mancata notificazione, intesa come totale omissione dell’adempimento, e l’impossibilità per il giudice di riscontrarne l’esistenza finiscono per assumere identico rilievo preclusivo dell’ulteriore corso del procedimento e, pur nella loro ontologica differenza, egualmente si configurano come un non compiuto assolvimento degli oneri di impulso gravanti sulla parte (Cass. 14/10/1992, n. 11227).

4.1. Non si ignora che la pronuncia delle Sezioni Unite del 1986 non sia stata seguita dalle sezioni semplici (a partire da Cass. 4/10/1996, n. 8707, Cass. 4/08/2004, n. 14952, fino a Cass. 3/08/2005, n. 16236 e Cass. 22/05/2007, n. 11888), le quali, ponendosi in consapevole dissenso, hanno tutte sostanzialmente ritenuto che la sanzione della decadenza dall’appello incidentale deve intendersi comminata dall’art. 436 c.p.c., comma 3, nella sola ipotesi di mancato deposito in cancelleria della memoria difensiva dell’appellato, contenente l’appello stesso, entro il termine fissato dalla legge, e non anche nel caso di omissione dell’adempimento, parimenti previsto dalla legge, della notificazione della memoria nello stesso termine. Si è dunque sostenuto che, in caso di mancata notificazione entro detto termine della memoria contenente l’appello incidentale, così come in caso di notificazione invalida, il giudice deve concedere all’appellante incidentale nuovo termine, perentorio, per la notificazione, sempre che la controparte presente all’udienza non vi rinunci, accettando il contraddittorio o limitandosi a chiedere un congruo rinvio (il quale va disposto anche nel caso di notificazione tardiva).

4.2. Questa interpretazione della norma in esame è essenzialmente ancorata ad elementi di ordine sistematico, quali la brevità del termine a disposizione della parte interessata per l’esecuzione di adempimenti spesso di difficile esecuzione, e la necessità di preferire un’interpretazione che escluda ogni irragionevole discriminazione, quanto agli effetti dei vizi o della omissione della notificazione dell’atto di appello, della posizione dell’appellante incidentale rispetto a quella delineata per l’appellante principale.

5. L’intervento delle sezioni unite n. 20604 del 2008, con la tesi restrittiva adottata alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata (art. 111 Cost., comma 2) e nel rispetto della “ragionevole durata” del processo, ha di fatto superato queste obbiezioni, imponendo la necessità di parificare, nei termini rigorosi imposti dal dictum delle Sezioni Unite n. 20604 del 2008 ed inversi a quelli sostenuti dalla precedente giurisprudenza, la posizione dell’appellante incidentale a quella dell’appellante principale. Si tratta di un principio che nel processo del lavoro non risulta superato da successive pronunce, nè delle sezioni semplici nè delle sezioni unite, benchè con riferimento ad altri procedimenti che si avviano con ricorso esso sia stato oggetto di recenti rimeditazioni (v. Cass. Sez. Un., 14/3/2014, n. 5700; Cass. ord., 14/10/2014, n. 21669; Cass. 4/08/2016, n. 16335).

6. Può dunque affermarsi che, nel caso in cui il giudice dell’appello si trovi nell’impossibilità di verificare la regolarità dell’instaurazione del contraddittorio sulle impugnazione incidentale, per la mancata produzione della memoria contenente l’impugnazione incidentale notificata da parte dell’appellato e questo non alleghi e comprovi una situazione di legittimo impedimento all’assoluzione del relativo onere anteriormente all’udienza di discussione o nel corso di essa e non sia, per tale ragione, legittimato alla sollecitazione dell’assegnazione, per provvedere all’incombente, di un termine compatibile con detta situazione – il procedimento è legittimamente definito con una pronunzia di mero rito (cfr. Cass. ord. 4/2/2015, n. 2005, con riferimento all’art. 348 c.p.c., comma 1; v. pure Cass. 28/03/2007, n. 7586). Ciò sembra peraltro coerente con quanto affermato dalla recente pronuncia delle Sezioni Unite, secondo cui, per il rito ordinario, la regolare costituzione, ai fini dell’applicazione dell’art. 348 c.p.c., comma 1, può avvenire attraverso il meccanismo del tempestivo deposito del fascicolo di parte, contenente (tra l’altro) solo la copia della citazione, salva la facoltà della parte di regolarizzare la sua costituzione entro la prima udienza, ai sensi dell’art. 350 c.p.c., comma 2, in mancanza della quale il vizio del mancato deposito dell’originale della citazione si consolida determinando l’improcedibilità dell’impugnazione, ai sensi dell’art. 348, comma 1 (in tal senso cfr. Cass. 2016, n. 16598).

7. Riassumendo, la mancanza di prova della notificazione dell’appello incidentale, al pari di quanto avviene per l’appello principale, impedendo al giudice di verificare la regolarità dell’instaurazione contraddittorio, che è condicio sine qua non per l’ulteriore sviluppo del procedimento e, quindi, principalmente, per la possibilità stessa di una qualsiasi pronunzia di merito (art. 101 c.p.c.: così Cass. n. 11227/1992, cit.) preclude al giudice il rinvio dell’udienza ai sensi dell’art. 348 c.p.c., comma 2.

8. In forza di queste considerazioni, il ricorso deve essere rigettato. La mancanza di precedenti sulla specifica questione giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2017

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