Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8593 del 07/05/2020

Cassazione civile sez. I, 07/05/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 07/05/2020), n.8593

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18570/2018 proposto da:

B.S., rappresentato e difeso dall’avv. Maria Monica Bassan,

del foro di Padova, presso la quale ha eletto domicilio;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei

Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

03/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/10/2019 da Dott. ACIERNO MARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Venezia ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dal cittadino ghanese B.S.. A sostegno della decisione ne ha escluso la credibilità in relazione al rifugio politico e alle ipotesi di protezione sussidiaria, contenute nel D.Lgs. n. 51 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Ha infatti rilevato che il descritto conflitto etnico dal quale sarebbe scaturito l’omicidio del nonno e di altre persone, oltre che l’uccisione da parte del ricorrente di un membro del gruppo di pastori di etnia opposta, ed il conseguente pericolo di essere perseguitato ed ucciso, non risulta attendibile sia perchè si tratta di vicenda risalente nel tempo, sia perchè non vengono indicate ritorsioni nei confronti degli altri familiari rimasti in Ghana, sia in relazione alla mancanza di prove sulla partecipazione al conflitto e sulle iniziative della Polizia che avrebbe incarcerato i maggiorenni del villaggio nonchè sull’uccisione del nonno. E’ mancata qualsiasi informazione e non è stato spiegato perchè non è stato possibile farsi inviare la documentazione necessaria dai parenti rimasti in Ghana.

E’ stata inoltre esclusa l’ipotesi di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), perchè alla luce delle fonti consultate e specificamente citate non si ravvisa in Ghana una situazione di conflitto armato interno da cui possa conseguire violenza indiscriminata, intendendosi per tale uno scontro tra forze governative ed un gruppo armato o più gruppi armati.

Quanto alla protezione umanitaria la vicenda non presenta profili di vulnerabilità dal momento che i familiari del ricorrente sono attualmente residenti in Ghana.

Avverso tale pronuncia B.S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Ha resistito con controricorso il Ministero dell’Interno.

Nei primi due motivi si denuncia il vizio di violazione di legge sia perchè non è stato attivato il dovere di cooperazione istruttoria officiosa in relazione alla vicenda narrata, sul mero rilievo della mancanza di riscontri probatori, sia perchè è stata affermata una circostanza non vera in relazione ai familiari del ricorrente i quali, alla luce delle dichiarazioni rese dallo stesso (e riprodotte in ricorso), si sono trasferiti dal luogo di origine e sono oggetto di attacchi dalla etnia opposta e di minacce di morte.

In relazione al primo profilo deve rilevarsi che, pur essendo condivisibile in astratto che il difetto di prova da parte del richiedente protezione internazionale deve essere integrato mediante l’attivazione del dovere di cooperazione istruttoria officiosa, in concreto viene affermato, con giudizio di fatto non sindacabile, che i riscontri probatori sarebbero stati facilmente reperibili e che dunque è violato il dovere di leale collaborazione, imposto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, che, ove assolto, avrebbe reso credibile e verosimile il racconto. In relazione ai familiari la situazione descritta nelle dichiarazioni è diversa da quella sintetizzata nell’ordinanza e di conseguenza il giudizio di non credibilità è ancorato su elementi non veritieri. Deve rilevarsi, tuttavia, che rispetto alla protezione internazionale e diversamente da quella umanitaria, viene censurato soltanto il vizio di violazione di legge, così da impedire la valutazione della predetta incongruità. Le ragioni del rigetto dei primi due motivi determinano il superamento della questione dell’applicabilità ai giudizi in corso del D.I. 4 ottobre 2019, attuativo del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2 bis, nel quale vengono elencati i cd. paesi di origine sicura, tra i quali viene collocato il Ghana.

Nel terzo motivo viene dedotto il vizio di omessa motivazione, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, in relazione alla documentata integrazione lavorativa ed all’omissione dell’esame comparativo della situazione oggettiva e relazionale nel paese di origini, così come imposto da Cass. n. 4455 del 2018. Rileva il ricorrente che è mancato un esame oggettivo della configurabilità di una situazione di grave violazione dei diritti umani e della possibilità di realizzare un livello di vita non al disotto della soglia minima della dignità, anche in relazione alla dispersione dei familiari, tenuto conto del rapporto di lavoro a tempo parziale di cui è stata fornita documentazione davanti al Tribunale, avendo peraltro allegato di poter verosimilmente confidare in un rinnovo.

La censura è manifestamente fondata. Le S.U. di questa Corte, con la pronuncia n. 29459 del 2019, hanno stabilito l’inapplicabilità del D.L. n. 113 del 2018, ai giudizi in corso, e più in generale alle domande di protezione umanitaria proposte prima della sua entrata in vigore, oltre a confermare i principi di diritto formulati nella sentenza n. 4455 del 2018 da questa sezione. Ne consegue che deve essere utilizzato, al fine di valutare la domanda proposta, il paradigma legislativo fondato sul D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e quello nomofilattico contenuto nella pronuncia n. 4455 del 2018. Deve aggiungersi che il citato decreto interministeriale del 4 ottobre 2019 non risulta, alla luce del rinvio contenuto nell’art. 2 bis e del suo contenuto, applicabile alla protezione umanitaria ma soltanto alle domande di rifugio politico e protezione sussidiaria.

Nella specie, nonostante la puntuale deduzione delle condizioni di riconoscimento del permesso sostenuto da ragioni umanitarie, sia sotto il profilo della grave violazione dei diritti umani che del grado d’integrazione raggiunto, ne è stato omesso del tutto il rilievo nel provvedimento impugnato.

Ne consegue l’accoglimento del terzo motivo, la cassazione del provvedimento impugnato ed il rinvio al Tribunale di Venezia, in diversa composizione.

P.Q.M.

Rigetta i primi due motivi. Accoglie il terzo, cassa e rinvia al Tribunale di Venezia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, all’esito della riconvocazione effettuata davanti al medesimo collegio, il 21 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2020

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