Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8586 del 09/04/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8586 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 6819-2007 proposto da:
FERRACCI FABIO, FERRACCI SANDRO, BONANNI ANNA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI SALESIANI
4, presso lo studio dell’avvocato ISOLA LUIGI, che li
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

2O13
484

RICCI ROBERTO;
– intimato

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata
il 13/07/2006;

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Data pubblicazione: 09/04/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/03/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per

la nullita’ per mancanza del contraddittorio.

2

R.g.n. 6819-07 (ud. 4.3.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
§1. Anna Bonanni, Fabio Ferracci e Sandro Ferrari hanno proposto ricorso
straordinario per cassazione avverso l’ordinanza del 13 luglio 2006, con la quale il
Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile, provvedendo ai sensi dell’art. 170 del
d.P.R. n. 115 del 2002, l’opposizione da loro proposta avverso il decreto di liquidazione
del compenso all’ingegner Roberto Ricci, pronunciato dallo stesso Tribunale nell’ambito

di un giudizio di esecuzione di un obbligo di fare.
Il ricorso è stato proposto nei confronti di Roberto Ricci, che non vi ha resistito.
§2. — Essendo il ricorso soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di
cassazione, disposte dal d.lgs. n. 40 del 2006, che si applicano ai ricorsi proposti contro le
sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioè dalla
data di entrata in vigore del d.lgs. (art. 27, comma 2 di tale d.lgs.), ed essendosi ravvisate le
condizioni per la decisione in camera di consiglio, venne predisposta relazione ai sensi
dell’art. 380-bis c.p.c. per la trattazione in camera di consiglio.
I ricorrenti depositarono memoria.
Nell’adunanza del 7 maggio 2008 il Collegio rinviò il ricorso per la trattazione in
pubblica udienza.
§3. In vista dell’udienza pubblica i ricorrenti hanno depositato nuova memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
§1. La relazione depositata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. era stata del seguente
tenore:
<<[....] 3. — Il ricorso propone quattro motivi. Il primo motivo prospetta "illegittima costituzione del giudice e la distrazione dal giudice naturale". Sull'assunto che il procedimento di opposizione al decreto di liquidazione era stato prima assegnato al giudice persona fisica che lo aveva pronunciato e, quindi, dopo la tenuta della prima udienza di comparizione, da lui rimesso, per essere attribuito alla "competenza" di altra sezione, al Presidente del Tribunale e, quindi sarebbe stato chiamato davanti ad altro giudice di altra sezione, si propone il seguente quesito di diritto: <>.
Il motivo è infondato ed al quesito va data risposta negativa, atteso che la
giurisprudenza di questa Corte non considera integrare vizio di costituzione del giudice
nemmeno l’ipotesi di sostituzione dell’istruttore avvenuta al di fuori delle condizioni
previste dall’art. 174 c.p.c. (si vedano: Cass. n. 2745 del 2007; n. 20926 del 2004; n. 1197
del 1996; n. 11688 del 1993).

Il secondo motivo, sotto la generica intestazione “sull’omessa motivazione” lamenta
che erroneamente il Tribunale abbia ritenuto applicabile al decreto di liquidazione del
compenso l’art. 170 del d.P.R. n. 315 del 2002, pur non facendo esso alcun riferimento a
tale fonte normativa, e prospetta che nella specie sarebbero state applicabili le norme degli
artt. 52 e 53 delle disp. di att. del c.p.c. e quella dell’art. 135 dello stesso codice e propone
nella sostanza un corrispondente quesito.
Si tratta di motivo inammissibile: esso si fonda sul contenuto che avrebbe avuto il
decreto di liquidazione, che, come tale, assume la funzione di documento su cui il ricorso,
o meglio il motivo, si fonda. Senonché il ricorso non indica in modo specifico — ai sensi
dell’art. 366 n. 6 c.p.c. — tale documento: l’indicazione specifica avrebbe richiesto il dire,
ove il documento fosse stato prodotto nelle fasi di merito, dove esso sarebbe consultabile.
Nel caso che in quella fase non fosse stato prodotto, la sua produzione sarebbe parimenti
dovuta avvenire, previa indicazione di essa nel ricorso, ai sensi dell’art. 369 n. 4 c.p.c.
Il motivo sarebbe in ogni caso infondato. Gli artt. 52 e 53 delle disposizioni di
attuazione del c.p.c. sono tuttora vigenti, non essendo state abrogate dall’apposita
disposizione (art. 299) del d.P.R. n. 115 del 2002, dettata in tema di abrogazione di norme
primarie, ma essi continuano ad avere l’efficacia di indicare la forma del provvedimento di
liquidazione e la sua natura di titolo esecutivo, mentre, data la valenza di disciplina
generale del cennato d.P.R. non è dubbio che tutti gli altri [profili] siano ormai regolati da
tale fonte. Non è dubbio, dunque, che il procedimento di opposizione nella specie fosse
regolato dall’art. 170 del d.P.R.
Il terzo motivo lamenta che il Tribunale abbia ritenuto tardiva l’opposizione non
considerando che il decreto non faceva alcun riferimento al detto d.P.R. ed omettendo di
motivare sul se la concessione del termine di quaranta giorni anziché di quello di venti
giorni previsto dall’art. 170 citato, consentisse la riduzione del termine in quest’ultima
misura.

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T’

R.g.n. 6819-07 (ud. 4.3.2013)

Il quarto motivo prospetta che l’art. 641 c.p.c. prevede un jus variandi da parte del
giudice del termine per l’opposizione e lamenta che il Tribunale ne abbia implicitamente
escluso il rilievo nel caso di specie.
Il terzo e quarto motivo sono inammissibili per inosservanza — negli stessi termini
sopra precisati — dell’art. 366 n. 6 c.p.c. o, in subordine, dell’art. 369 n. 4 c.p.c.>>.
§2. Nella memoria depositata in funzione dell’adunanza in camera di consiglio i
ricorrenti mossero una serie di rilievi critici alla relazione, ma il Collegio ritiene che essi

non fossero e non siano idonei ad infirmarne le argomentazioni e le conclusioni,
prospettate in primis nel senso della inammissibilità del ricorso.
La stessa considerazione vale per le argomentazioni svolte nella nuova memoria, che
riprendono quelle della prima memoria.
§2.1. Riguardo alle osservazioni svolte dalla relazione in riferimento al primo
motivo, la critica formulata nella memoria si risolve nell’asserto che sarebbe stato
improprio il richiamo all’art. 174 c.p.c., in quanto esso regolerebbe soltanto l’ipotesi della
sostituzione dell’istruttore nei processi collegiali e non anche quella sostituzione
dell’istruttore designato nei processi dinanzi al tribunale in composizione monocratica: si
tratta di argomento che appare infondato sulla base del mero richiamo della norma di
esordio del capo 111-BIS del Titolo I, del libro II del codice di procedura civile, che a

proposito del procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica dispone che
dinanzi al tribunale così composto si osservano, “in quanto applicabili” e purché non
derogate, le norme dettate per il procedimento dinanzi al tribunale in composizione
collegiale. E’ appena il caso di rilevare che l’istruttore, cui si riferisce l’art. 174 c.p.c. è
figura presente anche nel procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica,
essendovi in tale procedimento una fase istruttoria ed una fase di decisione ancorché
attribuire allo stesso giudice-persona. Onde il limite della compatibilità è certamente
rispettato.
In ogni caso, a parte le decisioni che si sono occupate del problema quando erano
ancora effettivi gli uffici monocratici di pretore e conciliatore, è stato ribadito, di recente,
che «L’identità della persona fisica del magistrato è prescritta, a pena di nullità, solo fra il
magistrato che recepisce le conclusioni all’udienza all’uopo fissata e quello che decide la
causa; ne consegue che non sussiste nullità della sentenza per vizio di costituzione del
giudice – nella specie tribunale in composizione monocratica – nel caso di cambiamento tra
il magistrato che istruisce la causa e quello che, avendo partecipato all’udienza di
precisazione delle conclusioni, la decide, tenuto conto d’altronde che la sostituzione di
c

R.g.n. 6819-07 (ud. 4.3.2013)

giudici di pari funzioni, appartenenti al medesimo ufficio giudiziario, disposta al di fuori
del procedimento di variazione tabellare, costituisce una mera irregolarità, e non incide
sulla validità dei provvedimenti giudiziari adottati» (così Cass. n. 26327 del 2007; in
precedenza, a proposito di rito speciale monocratico in primo grado, si è statuito che
<>), intervenendo sulla questione, ha ritenuto possibile
una lettura delle disposizioni in questione nel senso che la produzione degli atti processuali
possa essere evitata dal ricorrente in cassazione, allorquando si tratti di atti del fascicolo
d’ufficio o presenti nel fascicolo d’ufficio, esclusivamente attraverso la scelta — funzionale
all’adempimento del requisito di cui all’art. 366 n. 6 c.p.c. e, quindi, comunque priva di
ulteriori alternative (rispetto all’indicazione della produzione diretta) — di indicare la loro
presenza nel fascicolo d’ufficio.
Scelta che nella specie non risulta compiuta dai ricorrenti.
§3.3. Poste queste premesse, è evidente che il ricorso non ha ottemperato a quanto
previsto sub bb) non avendo indicato né se il decreto era stato prodotto e quando nel
giudizio di merito, né se lo si produceva in questa sede e dove.
§3.4. Del tutto apodittico è l’ulteriore rilievo circa l’efficacia non generale del d.P.R.
n. 115 del 2002, che avrebbe richiesto un’espressa indicazione dell’essere stato il
provvedimento adottato ai sensi di esso: esso contraddice la stessa funzione normativa,
chiaramente generale, di questo provvedimento.
Le osservazioni svolte a proposito del secondo motivo comportano la conferma di
quanto osservato dalla relazione a proposito del terzo e del quarto motivo.

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T’ – •

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§3.5. Il Collegio ritiene opportuno aggiungere le seguenti ulteriori considerazioni,
che evidenziano come il terzo e quarto motivo, ove fossero stati esaminabili, sarebbero
stati infondati.
§3.5.1. Il terzo lo sarebbe stato, perché inesattamente vi si sostiene che il decreto
opposto davanti al giudice di merito non rivelava d’essere stato emesso ai sensi del d.P.R.
n. 115 del 2002.
Invero, procedendo — senza tenere conto dell’inosservanza dell’art. 366 n. 6 c.p.c. —

alla ricerca nel fascicolo dei ricorrenti del decreto di fissazione della comparizione sul
ricorso proposto dai medesimi, si rileva, per un verso che il decreto di liquidazione dei
compensi, che si rinviene come allegato “3” nel fascicolo di parte, fa espresso riferimento
alla tabella allegata al “D.M. Giustizia del 30.5.2002, applicabile al caso di specie”.
Ebbene, in tale inesatta espressione era agevole per il difensore del destinatario
cogliere, nonostante la genericità dell’indicazione della tipologia di fonte normativa e
l’assenza di indicazione del numero, l’indicazione del d.lgs. n. 115 del 2002, che reca la
data 30 maggio 2002.
Poiché l’opposizione venne proposta con il ministero di un difensore l’erroneità
dell’indicazione avrebbe potuto essere facilmente rilevata, tanto più se si considera che
sempre nel fascicolo dei ricorrenti tale decreto è steso in calce al ricorso del Ricci, il quale
espressamene contiene, nei riferimenti legislativi che enuncia la stessa indicazione “Decr.
Min. Gius: 20/05/2002”. Lo stesso oggetto di tale ricorso non poteva lasciare dubbi
sull’erroneità di quella indicazione.
In sostanza, una volta considerato che era stata rivolta al giudice un’istanza nel
presupposto dell’applicazione ed una volta considerato che per l’opposizione era
necessario ministero di difensore e, quindi, l’ausilio di un tecnico del diritto, l’erronea
indicazione del termine non poteva assurgere a giustificazione dell’esercizio del potere di
opposizione oltre il termine di legge, perché il difensore sarebbe stato pienamente in grado
di percepire l’errore e, quindi, di ritenere applicabile il termine corretto. Ciò anche in
ragione di quanto si osserva a proposito del motivo successivo.
Del tutto fuor di luogo sarebbe invocare la giurisprudenza sull’opposizione a
sanzione amministrativa (ex multis, Cass. n. 23614 del 2006), che ritiene legittimato
l’ingiunto ad opporsi nel termine erroneo maggiore indicato dall’autorità che emette il
provvedimento. In questo caso va considerato che l’opposizione a sanzioni amministrative
è proponibile anche dalla parte personalmente e, quindi, senza l’ausilio della difesa tecnica,
cui compete di rilevare eventuali errori nell’indicazione del modo di esercitare il diritto di
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difesa. Inoltre, va considerato che nel caso di specie che si esamina l’iniziativa ad
opponendum si innesta su un procedimento che, come si è detto lo stesso ricorrente aveva
introdotto nella consapevolezza ch’era regolato dal noto d.P.R. .
Si deve ancora aggiungere che nel giudizio di merito il qui ricorrente avrebbe dovuto
allegare di avere proposto l’opposizione nel termine maggiore di quello dovuto, mentre
non ha allegato di averlo fatto. E’ vero che il giudice non si è occupato della previsione di
quel termine in misura maggiore di quanto stabilito dalla legge, ma gli si potrebbe

imputare di aver rilevato la tardività senza prospettarla previamente al ricorrente e, quindi,
provocare il suo contraddittorio. Ma una simile censura non è stata formulata.
§3.6. Il quarto motivo deduce che, a somiglianza del procedimento a seguito di
decreto ingiuntivo, nel quale il giudice può aumentare o ridurre, ai sensi del secondo
comma dell’art. 641 c.p.c., il termine per l’opposizione doveva reputarsi soggetto a ius
variandi e così era stato, il che rendeva l’opposizione tempestiva.
L’assunto non è condivisibile, perché l’art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002 (si fa
riferimento al testo applicabile ratione temporis) non prevedeva alcuno jus variandi.
§4. Il ricorso è, dunque, dichiarato inammissibile.
§4.1. Va considerato, a questo punto che la questione sollevata dal Pubblico
Ministero in udienza, in ordine alla circostanza che nella specie il procedimento dinanzi al

giudice di merito e, di risulta, quello in questa sede, risultano privi dell’integrità del
contraddittorio, in quanto nell’uno e nell’altro avrebbe dovuto essere evocata la controparte
dei ricorrenti nel giudizi nel quale l’espletamento delle prestazioni da parte del Ricci era
avvenute, diventa irrilevante.
Fermo che essa (fondata sull’avviso espresso da Cass. n. 23192 del 2012 nel senso
che: <>) avrebbe dovuto comportare non l’inammissibilità del
ricorso, bensì la cassazione del provvedimento impugnato, con regressione davanti al
giudice di merito perché si procedesse a contraddittorio integro, si osserva che nella specie,
essendo il ricorso inammissibile per le ragioni indicate, non si deve fare luogo a tale
cassazione, essendo preliminare la rilevata inammissibilità.
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Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di
cassazione.
13.

Così deciso ne a Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il 4

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