Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8585 del 26/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/03/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 26/03/2021), n.8585

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30900-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

V.R., in proprio e quale erede del Sig.

Ve.Ra., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIROLAMO BOCCARDO

26/A, presso lo studio dell’avvocato GENNARO FREDELLA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANNI DI MATTEO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2485/2/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 18/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. I contribuenti V.R. e Ve.Ra. (quest’ultimo deceduto nelle more della notificazione del ricorso, come risulta dalla relata di notificazione), hanno impugnato il silenzio- rifiuto formatosi sulle istanze di rimborso degli importi versati per la definizione agevolata delle sanzioni, relative ad avvisi di accertamento emessi per i periodi di imposta degli anni 2007 e 2008, annullati a seguito di sentenza definitiva favorevole ai contribuenti.

I contribuenti hanno dedotto che l’annullamento degli atti impositivi avrebbe comportato il diritto alla ripetizione di quanto da loro versato in sede di definizione agevolata D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, ex art. 17, comma 2, nella formulazione pro tempore, in forza della quale avevano pagato, come risulta dalla sentenza impugnata, “un quarto” degli importi dovuti per sanzioni “entro il termine previsto per la proposizione del ricorso”.

La Commissione tributaria provinciale di Roma ha accolto il ricorso e la Commissione tributaria regionale del Lazio, con la sentenza n. 2485/2/2019, depositata in data 18 aprile 2019, ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate.

Ha rilevato il giudice di appello che i contribuenti si erano avvalsi della facoltà di pagare in via precauzionale, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, le sanzioni nella misura ridotta ad “un quarto”, in pendenza dell’accertamento tributario. Pertanto, secondo la CTR, la sentenza definitiva favorevole, che ha accertato l’illegittimità del tributo cui erano correlate le sanzioni in questione, costituirebbe titolo per chiedere ed ottenere la restituzione di quanto pagato per la definizione agevolata di queste ultime.

Propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, l’Ufficio; resiste con controricorso il contribuente V.R., anche quale erede dell’altro contribuente defunto.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 17, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che, a seguito dell’annullamento dell’atto impositivo, il versamento delle somme versate in sede di definizione agevolata non sia irripetibile.

Deduce l’ufficio ricorrente che il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, comma 2, consentiva di definire in via agevolata le sole sanzioni, mediante il pagamento di un importo pari a un quarto di quelle irrogate. Secondo l’Amministrazione, il pagamento delle sanzioni, avvenuto a titolo di definizione agevolata, è irripetibile anche nel caso in cui la pretesa impositiva relativa al tributo cui esse sono correlate venga meno, essendo la ripetibilità in contrasto con la funzione dell’istituto di definire e, pertanto, di chiudere la controversia tra contribuente ed erario, relativa al pagamento delle sanzioni. Deduce, ancora, il ricorrente la sussistenza di un’analogia tra la definizione agevolata in oggetto con il caso del condono fiscale, nel quale la presentazione dell’istanza da parte del contribuente preclude qualsiasi possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata.

Il ricorso è fondato.

La norma di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, comma 2, nella formulazione vigente ratione temporis, consentiva la “definizione agevolata” del pagamento delle sanzioni tramite il versamento di una somma forfetaria (“pagamento di un importo pari ad un quarto della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad un quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo”), entro un termine prefissato (“entro il termine previsto per la proposizione del ricorso”).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in materia di sanzioni amministrative per violazione delle norme tributarie, il versamento della somma notevolmente inferiore a quella concretamente irrogabile, effettuato D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 17, comma 2, definisce irrevocabilmente ogni questione inerente l’aspetto sanzionatorio del rapporto tributario in contestazione, precludendo all’amministrazione finanziaria di irrogare maggiori sanzioni ed al contribuente di ripetere quanto già pagato (Cass., Sez. V, 13 novembre 2020, n. 25767; Cass., Sez. V, 26 febbraio 2020, n. 5166; Cass., Sez. V, 27 ottobre 2017, n. 25577; Cass., Sez. VI, 22 settembre 2015, n. 18740).

Il principio affermato deriva dalla considerazione che l’atto di contestazione ed irrogazione delle sanzioni di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, è autonomo rispetto al procedimento di accertamento del tributo cui le sanzioni si riferiscono, con la conseguenza che, qualora il trasgressore scelga di addivenire alla definizione agevolata, non è consentita la ripetizione delle somme pagate, dovendosi ritenere definitivamente chiuso, a quel momento, il rapporto tra contribuente e fisco in ordine alle altre conseguenze sanzionatorie delle violazioni già rilevate (Cass., Sez. V, 29 novembre 2013, n. 26740; Cass., Sez. V, 15 maggio 2006, n. 11154; Cass., Sez. V, 9 luglio 2004, n. 12695).

La sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che il pagamento in sede di definizione agevolata di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, comma 2, risultasse travolto dall’annullamento dell’avviso di accertamento al quale le sanzioni erano ricollegate consentendo la ripetizione di quanto versato per sanzioni, non ha fatto buon governo di tali principi.

Il ricorso va pertanto accolto, per cui va cassata la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., con rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

Le spese del doppio grado di merito sono soggette a compensazione, stante l’evoluzione della giurisprudenza in materia, mentre quelle del giudizio di legittimità sono soggette a soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo;

dichiara integralmente compensate tra le parti le spese dei due gradi del giudizio di merito e condanna il controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2021

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