Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8581 del 07/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/05/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 07/05/2020), n.8581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21955-2017 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELI PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati NICOLA

VALENTE, MANUELA CAPANNOLO, CLENIENTINA PULLI, MANUELA MASSA;

– ricorrente –

contro

C.M., quale moglie erede legittima di P.S.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBERICO II 10, presso lo

studio dell’avvocato CATERINA ZAURDI, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIOVANNA SALZARULO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2056/2017 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata

il 16/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa DORONZO

ADRIANA.

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza pubblicata il 16/3/2017, il Tribunale di Foggia, decidendo in sede di opposizione nel procedimento di accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c. promosso da P.S. e volto ad accertare la sussistenza del requisito sanitario necessario per il riconoscimento di prestazioni assistenziali, ha rigettato il ricorso, rilevando che il CTU nominato in sede preventiva, a seguito della visita del ricorrente e dell’esame dei documenti in atti, aveva diagnosticato malattie che non integravano il requisito sanitario necessario per le prestazioni richieste;

all’udienza del 13/4/2017, su istanza del P., la sentenza è stata corretta ai sensi degli arti. 287 e 288 c.p.c. sia nella motivazione, – a pagina 2, ove era riportato “l’opposizione deve ritenersi infondata”, doveva leggersi “fondata” -, sia nel dispositivo che pertanto è stato così riformulato: “ove indicato “rigetta il ricorso, spese non ripetibili”, deve leggersi “accoglie il ricorso e per l’effetto condanna l’Inps al pagamento della pensione di invalidità dal 1 luglio 2014, data della domanda amministrativa, e dell’indennità di accompagnamento dal 1/11/2015 nonchè alle spese legali… che si quantificano in Euro: 1000”;

contro la sentenza così come corretta l’Inps ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, al quale ha resistito con controricorso C.M., quale moglie ed erede legittima del P., che ha spiegato ricorso incidentale condizionato fondato su un unico motivo; l’Inps non ha svolto alcuna difesa in merito al ricorso incidentale;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti sensi dell’art. 380 bis c.p.c. unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata;

la controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla C. nel controricorso sono infondate;

1.1.- circa la tempestività dell’impugnazione, deve rilevarsi che l’ordinanza di correzione è stata emessa in data 13/4/2017; essa risulta notificata all’Inps in persona del legale rappresentante pro tempore a cura della controparte in data 4/5/2017 ma tale notificazione è inidonea far decorrere il termine breve per l’impugnazione, dal momento che l’Inps era rappresentato in quel procedimento da un avvocato (Cass. 20/11/2017, n. 27509), come risulta dall’epigrafe della sentenza impugnata, nonchè dal verbale dell’udienza del 13/4/2017, in cui si dà atto che l’Inps era rappresentato dall’avvocato Imperiale, per delega dell’avvocato Longo;

il ricorso per cassazione dell’Inps è stato avviato per la notifica in data 14/9/2017, come risulta dalla richiesta rivolta all’ufficiale giudiziario addetto alla Corte d’appello di Roma e consegnato all’ufficio postale per la sua spedizione il 15/9/2017 sicchè esso è tempestivo, e dunque ammissibile, essendo stato proposto nel termine ordinario previsto dall’art. 327 c.p.c., secondo quanto dispone l’art. 288 c.p.c., u.c.;

1.2.- sulla valida instaurazione del contraddittorio, deve rilevarsi che il ricorso per cassazione è stato notificato in data 23/9/2017 all’avvocato Ritassunta Catalano, quale difensore di P.S. nel giudizio dinanzi al Tribunale di Foggia; nel controricorso la C. ha dedotto che il suo dante causa è morto in data 17/4/2017, ovvero tre giorni dopo l’emanazione del provvedimento di correzione materiale; non risulta, nè la parte lo deduce, che la morte del P. sia stata dichiarata dal suo procuratore o notificata alla controparte;

la notificazione del ricorso deve ritenersi valida ed idonea ad instaurare il contraddittorio alla luce dell’ormai consolidato principio enunciato da questa Corte secondo cui “In caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonchè in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione; ne consegue che è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso il procuratore della parte costituita in precedente grado e deceduta successivamente” (Cass. 09/10/2018, n. 24845; Cass. 09/05/2018, n. 11072; Cass. Sez.Un. 4/7/2014, n. 15295);

la conoscenza del decesso deve essere legale, attraverso la dichiarazione del procuratore o la notificazione, senza che rilevi la conoscenza “aliunde” di uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. da parte del notificante (da ultimo, Cass. 22/08/2018, n. 20964);

1.3.- deve altresì escludersi che vi sia stata, da parte dell’Inps, acquiescenza al provvedimento) di correzione dal momento che gli elementi indicati dalla controricorrente non depongono in maniera precisa ed univoca per il proposito di non contrastare, in tutto o in parte, gli effetti giuridici della pronuncia: il pagamento della prestazione non comporta acquiescenza alla stessa, neppure quando sia antecedente alla minaccia di esecuzione o all’intimazione del precetto) (Cass. 25/06/2014, n. 14368); altrettanto è a dirsi per l’atteggiamento difensivo avuto nel procedimento di correzione: l’essersi la parte convenuta “rimessa alla decisione del giudice” non implica preventiva acquiescenza ad una sentenza qualunque essa sia e non preclude quindi alla stessa parte di gravarsi avverso una decisione che poi le risulti soggettivamente ingiusta (Cass. 27/01/2014, n. 1553; Cass. 09/11/2007, n. 23379; Cass. 22/05/1986, n. 3424; Cass. 12/04/1985, n. 2444);

1.4.- nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c. la C. ha assunto, che l’ordinanza di correzione sarebbe stata notificata all’Inps dalla cancelleria, ai sensi dell’art. 121 disp.att. del c.p.c., il 14/4/2017, e che tale notifica, producendo l’effetto legale di conoscenza dell’atto, avrebbe comportato la decorrenza del termine breve per l’impugnazione come da pronunce di questa Corte (v. Cass. n. 18743/2017), con la conseguenza che la notifica del ricorso per cassazione avvenuta oltre i “trenta giorni” dalla data di tale notifica sarebbe tardiva;

quest’ultima eccezione – a prescindere dalla sua fondatezza – deve ritenersi inammissibile, per un duplice ordine di ragioni;

innanzitutto perchè è stata sollevata dalla C. per la prima volta con la memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, la quale com’è noto) ha la funzione, analoga a quella della memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. e di quella prevista nel procedimento ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c., di illustrare gli argomenti svolti nel ricorso introduttivo o nel controricorso, replicare agli argomenti avversi o ai rilievi anche ufficiosi contenuti nella proposta del relatore, ma non anche di sollevare questioni che implichino accertamenti di fatto inibiti in questa sede (cfr. Cass. Cass. 3/7/2009, n. 15635, con riferimento alla situazione legittimante l’impugnazione di cui al capoverso dell’art. 327 c.p.c.)

il fatto che la tempestività del ricorso in relazione al cd. termine lungo sia una questione rilevabile d’ufficio non toglie che i presupposti di fatto necessari per tale verifica (nella specie, l’avvenuta notificazione, a cura della cancelleria, dell’ordinanza di correzione nella sua integralità) debbano essere allegati dalla parte nel suo ricorso o nel controricorso, non già nelle memorie;

si è infatti più volte affermato che “nel giudizio civile di legittimità, con le memorie di cui all’art. 378 c.p.c., possono essere sollevate questioni nuove rilevabili d’ufficio a condizione che il rilievo ex officio sia già possibile sulla base degli atti interni del processo, quali la sentenza o le specifiche autosufficienti deduzioni contenute nel ricorso o controricorso” (Cass. 25/10/2017, n. 25319; Cass. 26/6/2006, n. 14710; in precedenza, nello stesso senso, Cass. 26/4/2005, n. 8662);

in secondo luogo, l’eccezione non è dotata della necessaria specificità, dal momento che la parte non si è premurata di trascrivere la relazione di notifica via Pec effettuata all’Inps dalla cancelleria del Tribunale di Foggia, nè ha specificato se la stessa abbia avuto ad oggetto il mero avviso di deposito ovvero l’ordinanza di correzione nella sua integralità, condizione quest’ultima che si ritiene necessaria ai fini del decorso del termine breve dell’impugnazione, perchè solo da tale momento la parte è posta in grado di conoscere le ragioni sulle quali la pronuncia è fondata e di valutarne la correttezza onde predisporne l’eventuale impugnazione (cfr. su fattispecie analoga, Cass. 24/10/2017, n. 25136);

2.- il ricorso proposto dall’1nps ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 287 e 288 c.p.c. è fondato;

2.1.- come è stato di recente affermato da questa Corte a Sezioni Unite “l’errore materiale consiste in un difetto di corrispondenza fra l’ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione nel provvedimento, purchè questo sia evincibile dal confronto fra la parte inficiata dall’errore e le considerazioni contenute nella motivazione, per cui può dedursi che tale errore è dovuto ad una svista o a una disattenzione” (Cass. sez. Un., 21/6/2018, n. 16415);

2.2.- già in precedenza, questa Corte (Sez.Un., n. 16037 del 2010) aveva affermato il seguente principio: “è da considerare errore materiale qualsiasi errore anche non omissivo che derivi dalla necessità di introdurre nel provvedimento una statuizione obbligatoria consequenziale a contenuto predeterminato, oppure una statuizione obbligatoria di carattere accessorio anche se a contenuto discrezionale”;

si è così ammessa la correzione materiale ex art. 287 c.p.c. per le statuizioni che avrebbero dovuto essere emesse dal giudice senza margine di discrezionalità in forza di un obbligo normativo, nonchè per ovviare a qualsiasi errore, anche non omissivo, che derivi dalla necessità di introdurre nel provvedimento una statuizione obbligatoria, consequenziale e a contenuto predeterminato, ovvero una statuizione obbligatoria di carattere accessorio, anche se a contenuto discrezionale; le Sezioni Unite hanno dunque ritenuto ammissibile la correzione quando l’omissione investe il solo dispositivo, considerandola più una mancanza materiale che non un vizio di attività o di giudizio da parte del giudice, proprio perchè la decisione positiva sulla stessa è essenzialmente obbligata (Cass. sez. Un., 21/6/2018, n. 16415; v. pure Cass. sez. Un., 13/05/2013, n. 11348);

2.3.- così delineato il campo di applicazione delle norme in esame, emerge evidente come nel caso di specie la “correzione” operata dal giudice del merito non abbia avuto ad oggetto un errore materiale, ovvero una difformità dell’espressione del pensiero rispetto a guanto statuito, una svista o un’omissione chiaramente evincibili dal testo stesso del provvedimento, mediante il confronto della parte del documento che ne è inficiata con le considerazioni contenute in motivazione;

la correzione non è stata disposta neppure per il compimento di un’attività integrativa in ragione della necessità di introdurre nel provvedimento una statuizione obbligatoria consequenziale a contenuto predeterminato, ovvero una statuizione obbligatoria di carattere accessorio, anche se a contenuto discrezionale (Cass. ord. 14/02/2019, n. 4319; v. pure Cass. 12/02/2016, n. 2815);

2.4.- ciò che è stato “emendato” è proprio il giudizio espresso nella sentenza, ossia il contenuto concettuale e sostanziale della decisione (Cass. 25/1/2000, n. 816; Cass. 15/06/1998, n. 5977;);

prova ne è il fatto che, dal rigetto della domanda proposta dal P., espresso nella motivazione e, coerentemente, nel dispositivo della sentenza oggetto di successiva correzione, il giudice è addivenuto al diametralmente opposto giudizio di accoglimento, con il riconoscimento delle prestazioni, la determinazione delle rispettive decorrenze e la condanna della parte soccombente al pagamento delle spese del giudizio, senza che di tali statuizioni (nè tanto meno degli elementi fondanti) vi sia traccia nella sentenza;

2.5.- in altri termini, non vi è stata una correzione del documento ma un vero e proprio ripensamento del giudice fondato su una diversa valutazione delle risultanze istruttorie (Cass. 11/04/2002, n. 5196; Cass. 18/7/2006, n. 16384; da ultimo, Cass. 11/1/2019, n. 572);

il procedimento di correzione è stato pertanto inammissibilmente utilizzato, con la conseguenza che, in accoglimento del ricorso, la l’impugnata sentenza va cassata senza rinvio, limitatamente alle parti corrette;

3.- è invece inammissibile il ricorso incidentale condizionato con il quale la C. chiede che la sua domanda sia accolta conformemente alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata in sede di accertamento tecnico preventivo;

3.1.- infatti, l’impugnazione della sentenza nelle parti corrette, di cui all’art. 288, ult. c. c.p.c., non può avere altro fine se non quello di consentire la revisione della correzione e la verifica se essa sia stata effettuata entro i limiti di legge, i quali, in relazione alla natura meramente materiale dell’errore, ne escludono ogni incidenza sul giudizio contenuto nella sentenza e coperto da giudicato, la cui intangibilità non è, pertanto, compromessa, dalla suddetta impugnazione (Cass. n. 816/2000, cit.; Cass. 24.2.1984,n. 1338);

3.2.- invece, con il ricorso incidentale la parte mira ad ottenere la riforma della sentenza originariamente pronunciata e per ragioni che nulla hanno a che vedere con il provvedimento di correzione;

è principio pacifico di questa Corte che la riapertura del termine per impugnare, prevista dall’art. 288 c.p.c., u.c., attiene solo alle parti corrette della decisione e non alle altre, per le quali resta impregiudicata la decorrenza del termine ordinario (Cass. 10/04/2018, n. 8863, e prima ancora, Cass. 28/1/1984, ord. n. 58);

3.3.- nè in questa materia, in relazione alle parti non corrette, sono applicabili i principi consolidati della S.C. in tema di impugnazione incidentale tardiva di cui all’art. 334 c.p.c., per cui ai fini dell’impugnazione incidentale tardiva sono richiesti soltanto i presupposti della soccombenza parziale, dell’impugnazione principale della controparte e dell’ammissibilità di questa, senza alcun riferimento a limitazioni oggettive (Cass. S.U. 5.3.1991,n. 2331);

detta impugnazione incidentale tardiva è infatti ammissibile solo in relazioni alle parti corrette, conservando però la funzione già sopra indicata dell’impugnazione ex art. 288 c.p.c., che è solo quella della revisione della correzione e la verifica che essa sia stata effettuata entro i limiti di legge, con esclusione di ogni incidenza sul giudizio contenuto nella sentenza e coperto dall’intervenuto giudicato (Cass. 01/09/2017, n. 20691);

3.4.- nel caso in esame, come si è detto, il motivo del ricorso incidentale condizionato involge non già un vizio inerente alla parte della sentenza conseguente alla sua correzione, bensì un vizio originario della stessa, in particolare del capo con il quale è stata rigettata la domanda di pensione di inabilità e di indennità di accompagnamento e del quale si chiede la cassazione in quanto in contrasto con le risultanze della consulenza tecnica;

tale vizio – inerendo ad un tipico errore di giudizio – avrebbe dovuto essere denunciato nei termini previsti per il ricorso per cassazione;

il ricorso incidentale, introdotto con atto notificato in data 28/10/2017 a fronte di sentenza pubblicata in data 16/3/2017, deve pertanto ritenersi tardivo e, quindi, inammissibile;

4.- non si fa luogo a pronuncia sulle spese, avendo la parte ricorrente incidentale reso la autodichiarazione sensi dell’art. 152 disp.att. c.p.c.; sussistono invece i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale e, per l’effetto, cassa senza rinvio l’impugnata sentenza, limitatamente alle parti corrette con l’ordinanza di correzione. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 9 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 7 maggio 2020

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