Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8579 del 07/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/05/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 07/05/2020), n.8579

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22320-2018 proposto da:

M.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CATONE 15,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MAZZUCCHIELLO, rappresentato

e difeso dall’avvocato ANGELO PISANI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del

Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO

SPINOSO, rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO DALL’ASTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 197/27/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 10/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSARIA

MARIA CASTORINA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L.. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 197/27/2018, depositata il 10.1.2018 non notificata, la CTR della Campania accoglieva l’appello di Equitalia Sud s.p.a. proposto nei confronti di M.E. per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Napoli che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso una intimazione di pagamento sul presupposto della regolare notifica delle cartelle sottese.

Avverso la pronuncia della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un motivo.

L’Agenzia delle Entrate Riscossione si è costituita con controricorso.

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2953 e 2948 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere la CTR ritenuto che l’intimazione di pagamento era stata notificata oltre il termine previsto dalla legge per la prescrizione dei tributi oggetto delle cartelle di pagamento.

La censura è fondata.

Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 23397/2016, hanno affermato che “il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonchè di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonchè delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.

La mancata impugnazione delle cartelle, se ha reso incontestabile il credito, non impediva di far valere, in sede di impugnazione dell’intimazione di pagamento una prescrizione maturatasi successivamente alla notifica della cartella, ove eventualmente intervenuta, in assenza di atti interruttivi precedenti la notifica della intimazione di pagamento. La CTR non ha esaminato i tributi oggetto delle cartelle di pagamento e il relativo termine di prescrizione.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., nonchè l’omessa esibizione dei titoli originari ex artt. 2719 e 2836 c.c.; inesistenza e/o nullità della notificazione delle cartelle di pagamento impugnate, violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26 e art. 57, comma 2, e del D.L. n. 223 del 2007, art. 37 comma 27, e artt. 137 e 148 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, lamentando che la CTR avesse ritenuto regolare la notifica delle cartelle nonostante i documenti giustificativi fossero prodotti in copia.

La censura non è fondata.

Il disconoscimento della conformità di una copia fotografica o fotostatica all’originale di una scrittura, ai sensi dell’art. 2719 c.c., non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2), giacchè mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 c.c., non impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Ne consegue che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all’originale, peraltro non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa (cfr. Cass. 8289/2018; Cass. n. 9439 del 21/04/2010 e Cass. n. 2419 del 03/02/2006). Non ignora la Corte il ribadito principio giurisprudenziale secondo cui: “In tema di contenzioso tributario, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, comma 4, la produzione, da parte del ricorrente, di documenti in copia fotostatica costituisce un mezzo idoneo per introdurre la prova nel processo, incombendo alla parte l’onere di contestarne la conformità all’originale, come previsto dall’art. 2712 c.c., ed avendo il giudice l’obbligo di disporre, in tal caso, la produzione del documento in originale, ai sensi del cit. art. 22, comma 5,” (Cass. n. 8446 del 27/04/2015; Cass. n. 22770 del 23/10/2006). Questa Corte, tuttavia, ha di recente affermato che “in tema di prova documentale, l’onere di disconoscere la conformità tra una scrittura privata e la copia fotostatica della stessa prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o omincomprensive (Cass. n. 28026 del 2009; Cass. n. 14416 del 2013; Cass. n. 7775 del 2014) e la suddetta contestazione, va operata, a pena di inefficacia, in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale.” (Cass. n. 7105 del 2016; Cass. n. 12730 del 2016). Il giudice, pertanto, non resta vincolato alla contestazione della conformità all’originale, potendo ricorrere ad altri elementi di prova, anche presuntivi, per accertare la rispondenza della copia all’originale ai fini della idoneità come mezzo di prova ex art. 2719 c.c.. (Cass. 27663/2018; Cass. 14950/2018). Peraltro, in violazione del principio di autosufficienza parte contribuente non ha riprodotto in ricorso la contestazione effettuata, nè ha indicato il luogo processuale in cui sarebbe stata formulata.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 lett. b-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto dalla documentazione prodotta si evinceva che le notifiche erano state ricevute da persona diversa dal destinatario e non integrate dalla prescritta raccomandata informativa.

La censura è inammissibile.

Invero, il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), – di produrlo agli atti (indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione) e di indicarne il contenuto (trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso); la violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile (Cass. 23756/2018; Cass. 6 civ. – 3 n. 19048 del 28/09/2016. In senso pressochè conforme v. anche Cass. 3 civ. n. 22303 del 04/09/2008. Cfr. parimenti Cass. lav. n. 2966 del 07/02/2011: il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, a pena di improcedibilità del ricorso – di indicare esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di indicarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso.

Al riguardo, inoltre, Cass. 3 civ. n. 15628 del 03/07/2009 ha pure chiarito che il soddisfacimento del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, postula che nel detto ricorso sia specificatamente indicato l’atto su cui esso si fonda, precisandosi al riguardo che incombe sul ricorrente l’onere di indicare nel ricorso non solo il contenuto di tale atto, trascrivendolo o riassumendolo, ma anche in quale sede processuale lo stesso risulta prodotto (Cass. nn. 19766 e 29279 del 2008).

Il primo motivo di ricorso deve essere, pertanto, accolto e la sentenza cassata con rinvio alla CTR della Campania che liquiderà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo e inammissibile il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Campania anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2020

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