Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8577 del 09/04/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8577 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: FRASCA RAFFAELE

PU

SENTENZA
sul ricorso 18773-2007 proposto da:
SFRATTONI

LUCIA

SFRLCU50T52E343Q,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA NICENETO 67-69, presso lo
studio dell’avvocato MANTEGAZZA PAOLO, rappresentata
e difesa dall’avvocato ROSA VINCENZO giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

LLOYD ADRIATICO S.P.A. 0010423021, in persona del suo
procuratore speciale dott. RICCARDO PORFIRI,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NICOTERA 29,

1

Data pubblicazione: 09/04/2013

presso lo studio dell’avvocato TROPIANO FABRIZIO
MARIA, che la rappresenta e difende giusta delega in
atti;
– con troricorrente nonchè contro

– intimato –

avverso la sentenza n. 141/2006 del TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE DISTACCATA DI OSTIA, depositata il
15/05/2006, R.G.N. 642/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato VINCENZO ROSA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto;

2

BONI RENATO;

R.g.n. 18773-07 (c.c. 25.2.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
§1. Lucia Sfrattoni ha proposto ricorso per cassazione contro la s.p.a. Lloyd
Adriatico Assicurazioni e Renato Boni avverso la sentenza del 15 maggio 2006 del
Tribunale di Roma, Sezione Distaccata di Ostia, pronunciata in grado d’appello avverso la
sentenza del 4 giugno 2003, con la quale il Giudice di Pace di Ostia, investito nel dicembre
del 2001 dalla ricorrente di una domanda di risarcimento dei danni sofferti a seguito di un
dopo aver disatteso l’eccezione di incompetenza territoriale formulata dalla compagnia
assicuratrice convenuta a favore della competenza alternativa del Giudice di Pace di
Trieste o di quello di Palombara Sabina, aveva dichiarato cessata la materia del contendere
in ragione del versamento di una somma ritenuta congrua da parte dell’assicuratrice, aveva
condannato i convenuti solidalmente a corrispondere gli interessi legali sulla somma
versata e in fine aveva condannato gli stessi alle spese giudiziali e al pagamento di un euro
ai sensi dell’art. 89, secondo comma, c.p.c., a vantaggio del difensore antistatario
dell’attrice.
Il Tribunale di Roma, Sezione Distaccata di Roma, sull’appello della Lloyd
Adriatico, che reiterava pregiudizialmente l’eccezione di incompetenza e chiedeva la
riforma della sentenza relativamente alla condanna alle spese ed alla condanna ai sensi
dell’art. 89 c.p.c., nella resistenza della Sfrattoni e nella contumacia del Boni, con la
sentenza in questa sede impugnata ha riformato la sentenza di primo grado e, in
accoglimento dell’eccezione di incompetenza territoriale ha dichiarato la competenza sulla
controversia alternativamente del Tribunale di Trieste e del Giudice di Pace di Palombara
Sabina, con termine per la riassunzione, nonché condannato la Sfrattoni alla restituzione
della somma percepita dalla società assicuratrice per il risarcimento del danno, con

incidente stradale per esclusiva responsabilità del Boni, assicurato presso detta società,

gravame delle spese del grado.
§2. Al ricorso ha resistito con controricorso la s.p.a. Lloyd Adriatico.
§3. La ricorrente ha depositato memoria.
MORIVI DELLA DECISIONE
§1. Il Collegio preliminarmente rileva che la sentenza avrebbe dovuto essere
impugnata non già con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., bensì con il
mezzo del regolamento di competenza necessario ai sensi dell’art. 42 c.p.c., quale sentenza

3
T’

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pronunciata in grado di appello soltanto su una questione di competenza, senza alcuna
decisione sul merito della causa.
§1.1. E’ appena il caso di precisare che non sarebbe in alcun modo possibile
considerare la sentenza come non pronunciata soltanto sulla competenza, dando rilievo alla
circostanza che con essa il Tribunale abbia disposto la restituzione in favore della
compagnia assicurativa di quanto pagato nel corso del giudizio di primo grado.
primo si è denunciato che il Tribunale non avrebbe considerato che l’eccezione di
incompetenza sarebbe stata proposta in modo incompleto dalla compagnia assicuratrice, si
lamenta che la condanna de qua sarebbe stata disposta in violazione dell’art. 112 c.p.c., in
quanto non era stata formulata richiesta in tal senso dalla società appellante.
Quest’ultima ha sostenuto che il riferimento alla «restituzione degli importi
pagati>>, contenuto nelle conclusioni d’appello, si doveva intendere anche alla restituzione
di quanto pagato nel corso del giudizio di primo grado, somma che in sentenza il Giudice
di Pace aveva ritenuto sufficiente ai fini del ristoro del danno, tanto da dichiarare cessata la
materia del contendere.
Tale lettura, ove coniugata alla richiesta di “riforma totale della sentenza appellata”
ed alla richiesta di declaratoria della incompetenza appare idonea a comprendere
effettivamente la richiesta di restituzione della somma.
Invero, trattandosi di una richiesta consequenziale alla reiterazione della questione di
competenza in funzione della riforma della sentenza in rito per ragioni di competenza, il
suo accoglimento non esclude che la sentenza impugnata sia soltanto una sentenza sulla
competenza. Ciò, perché il pagamento spontaneo con riserva, cioè ferme le sue
contestazioni in rito e nel merito sull’avversa domanda, era avvenuto chiaramente

Circostanza che è oggetto del secondo motivo di ricorso, con il quale, dopo che con il

condizionatamente all’esito della decisione di primo grado, di modo che se il primo giudice
avesse definito la domanda in rito, e dunque anche per ragioni di competenza, oppure
l’avesse rigettata nel merito, bene la restituzione sarebbe dovuta avvenire in via
consequenziale. Sicché, anche l’atto di appello tendente a provocare quel risultato, non
conseguito in primo grado, risultava per quanto concerne la postulazione della declaratoria
della incompetenza naturalmente compreso nelle conseguenze di tale declaratoria.
Trattandosi, dunque, di pronuncia consequenziale a quella sulla competenza, essa
non vale a rendere la sentenza impugnata pronunciata anche sul merito.
Va rilevato che ciò è stato sostanzialmente ritenuto in un caso similare da Cass.
(ord.) n. 16193 del 2006, la quale ha così statuito: «È ammissibile il regolamento
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di competenza avverso sentenza con la quale il giudice dell’opposizione a decreto
ingiuntivo dichiari la nullità del decreto opposto esclusivamente per incompetenza del
giudice che lo ha emesso, atteso che essa integra una statuizione sulla competenza, e non
una pronuncia sul merito, essendo la dichiarazione di nullità non solo conseguente, ma
anche necessaria rispetto alla declaratoria di incompetenza; e ciò anche nel caso in cui
la sentenza contenga condanna alla restituzione di quanto percepito dal ricorrente in forza
statuizione conseguenza necessitata della dichiarazione di nullità del decreto opposto e,
quindi, della statuizione di incompetenza>>.
La sentenza impugnata deve, dunque, ritenersi sentenza soltanto sulla competenza.
§1.2. Lo sarebbe stata anche se il Tribunale avesse provveduto sulla condanna alla
restituzione della somma pagata dalla società assicuratrice in mancanza di una richiesta
con l’atto di appello.
Anche in questo caso, essendo il provvedimento sulla restituzione meramente
consequenziale alla dichiarazione di incompetenza, la relativa pronuncia, pur se resa in
violazione dell’art. 112 c.p.c., non avrebbe eliso il carattere della pronuncia di sentenza
soltanto sulla competenza. Invero, la pronuncia sulla restituzione non si sarebbe potuta in
alcun modo considerare una pronuncia sul merito, in quanto conseguente alla costatazione
che il pagamento spontaneamente eseguito nel corso del giudizio di primo grado, non
risultava più giustificato, come lo era stato a posteriori, dalla pronuncia di merito resa dal
giudice di primo grado, caducata in conseguenza della declinatoria della competenza.
Il principio di diritto che viene in rilievo è il seguente: <>.

§2. Il Collegio osserva, però, che alla declaratoria di inammissibilità il ricorso sfugge
perché ricorrono le condizioni per la sua conversione in regolamento di competenza, sulla
base dell’applicazione del principio di conversione del mezzo di impugnazione
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formalmente esperito in quello effettivamente esperibile, che può trovare applicazione
ricorrendone le condizioni.
Va considerato all’uopo che, se è vero che nel ricorso non risulta allegato che la
sentenza impugnata, pronunciata il 15 maggio 2006, non sarebbe stata comunicata dalla
cancelleria (il ricorso allude solo alla data di pronuncia della sentenza, senz’altro riferire),
di modo che abbia potuto aver corso soltanto il c.d. termine lungo, tuttavia parte ricorrente
d’ufficio del giudizio davanti al Tribunale regolarmente pervenuto a questa Corte a seguito
di istanza della ricorrente, non risulta in alcun modo la prova della comunicazione.
D’altro canto, va osservato, questa Corte ha già ritenuto che, ai fini del decorso del
termine di cui al secondo comma dell’art. 47 c.p.c., non può ritenersi equipollente della
comunicazione l’estrazione di copia autentica della sentenza impugnata, che il ricorrente
risulti aver fatto dalla copia autentica del provvedimento impugnato (si vedano Cass. (ord.)
n. 21814 del 2009 e (ord.) n. 1539 del 2012): lo si osserva sul riflesso che sulla copia
depositata risulta l’attestazione di rilascio di copia in data 17 luglio 2006.
Il ricorso, conseguentemente, all’esito della conversione in regolamento di
competenza, deve considerarsi tempestivo, non potendo trovare applicazione il principio
altra volta applicato da questa Corte in una vicenda che ineriva sempre l’impugnazione con
ricorso ordinario di una decisione del tribunale di Ostia sulla sola competenza (si allude a
Cass. (ord.) n. 5391 del 2009).
§3. Si deve a questo punto passare all’esame dei due motivi ed all’uopo la Corte deve
farlo esercitando i poteri di statuizione sulla competenza che sono tipici del regolamento di
competenza, i quali comportano che Essa, nel procedere all’esame della questione di
competenza sulla base degli atti del processo di merito, non è vincolata ai limiti della

nella memoria ha fatto constare, cosa che effettivamente risponde al vero, che nel fascicolo

prospettazione che la parte ricorrente ha assunto, essendo investita della questione di
competenza proposta dalla parte al di là di essa e senza che per aspetti non prospettati si
possa dire formata, per difetto di impugnazione, la cosa giudicata interna (si vedano, ex
multis, per riferimenti i propostio: Cass. n. 505 del 1972; n. 5046 del 1998; Cass. sez. un.

(ord.) n. 14659 del 2002; Cass. (ord.) n. 2591 del 2006; (ord.) n. 14558 del 2002; n. 15637
del 2000). Nell’ambito delle questioni che la Corte in sede di regolamento di competenza
può esaminare, proprio perché il giudizio che deve rendere riguarda la questione di
competenza in tutti i suoi aspetti rientra anche il controllo dell’applicazione o della
mancata applicazione delle norme del procedimento che regolavano la rilevazione della
questione di competenza nel giudizio di merito, sia dal punto di vista dei poteri delle parti,
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sia dal punto di vista del potere del giudice di merito (si veda Cass. sez. un. n. 21858 del
2007, che compose in tal senso il pregresso contrasto esistente in senso alla Corte,
rigettando l’orientamento che riteneva che il controllo delle norme del procedimento
regolanti la questione di competenza reputava necessaria l’impugnazione ordinaria,
restringendo al regolamento solo l’individuazione del giudice competente sulla base
dell’applicazione delle regole per così dire statiche).
naturalmente il potere della Corte così definito può incontrare il limite dell’eventuale
formazione di un giudicato interno sulla sentenza di primo grado, relativamente ad un
profilo dinamico o statico inerente la competenza.
§4. Ora, applicando tali principi al caso di specie la Corte rileva quanto segue.
Nel fascicolo della parte resistente si rinviene copia della sentenza di primo grado del
Giudice di Pace, nella quale trovasi espressamente motivato che in sede di precisazione
delle conclusioni fu la stessa compagnia assicuratrice a concludere per la dichiarazione di
cessazione della materia del contendere.
Nel verbale dell’udienza del 26 maggio 2003, in cui la causa venne ritenuta in
decisione e che è presente nel fascicolo d’ufficio del giudizi dinanzi al giudice onorario,
che si rinviene in quello del giudizio dinanzi al Tribunale in grado di appello, risulta
effettivamente che il difensore della compagnia chiese dichiararsi cessata la materia del
contendere in ragione dell’offerta banco iudicis di una somma per il risarcimento del
danno, tramite un assegno, che venne ricevuto dal difensore della controparte. L’unica
richiesta, ulteriore rispetto alla declaratoria di cessazione della materia del contendere,
formulata dal difensore della Lloyd Adriatico fu di rigetto delle istanza ai sensi degli artt.
96 e 89 c.p.c. formulate ex adverso.

Va precisato che, con riferimento ad un regolamento contro sentenza di appello,

Nella sua sentenza il Giudice di Pace registrò, dunque, esattamente le conclusioni
della Compagnia e, pertanto, nel dichiarare la cessazione della materia del contendere non
fece altro che provvedere per come aveva richiesto la medesima. Ora, rispetto a tale
statuizione la Compagnia, essendo stata essa conforme alle sue conclusioni, non era
soccombente. Nel contempo non poteva essere soccombente riguardo all’eccezione di
incompetenza per territorio, che, all’evidenza, nel chiedere la cessazione della materia del
contendere, aveva ex necesse abbandonato.
Una sua posizione di soccombenza si configurava, come emerge dalla sentenza del
giudice onorario soltanto con riferimento alla decisione in punto di spese giudiziali adottata

7
1″‘ ….,4

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da quel giudice e riguardo alla statuizione ai sensi dell’art. 89 c.p.c., essendo stata, peraltro,
rigettata la domanda ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
Ebbene, del tutto incomprensibilmente la Compagnia assicuratrice, come emerge
dall’atto di appello, che si rinviene nel fascicolo del Tribunale e nel suo stesso fascicolo,
ebbe a proporre come primo motivo di appello l’eccezione di incompetenza per territorio e
come secondo motivo dedusse, sotto l’intestazione “carenza e contraddittorietà della
contendere, adducendo, peraltro, del tutto genericamente che il pagamento era avvenuto a
soli fini transattivi e senza riconoscimento di responsabilità. Con il terzo motivo impugnò
la statuizione sull’art. 89, secondo comma, c.p.c. e con il quarto quella sulle spese
giudiziali in punto di congruità in relazione al valore della controversia.
§4.1. Ora, stante il tenore dell’appello, il Tribunale avrebbe dovuto invertire l’ordine
dei primi due motivi ed esaminare prima quello diretto a censurare la dichiarazione di
cessazione della materia del contendere e solo per il caso di esito positivo del suo esame e,
quindi, di accoglimento e, dunque, di persistenza della controversia sul merito, avrebbe
potuto e dovuto esaminare la questione di competenza proposta con il primo motivo.
La declaratoria della incompetenza del Giudice di Pace è per ciò solo illegittima e la
sentenza impugnata per ciò solo dev’essere caducata.
Senonché la Corte, dovendo statuire sulla competenza e dare (in ragione della
ritenuta conversione), ai sensi dell’art. 49, secondo comma, c.p.c., i provvedimenti per
la prosecuzione del processo davanti al giudice ritenuto competente, una volta
rilevato l’errore compiuto dal Tribunale, non può non considerare che il giudice
d’appello, davanti al quale la prosecuzione dovrebbe essere disposta, non potrebbe
esaminare la questione di competenza proposta con il primo motivo dopo avere
scrutinato prioritariamente il secondo motivo: invero, per quanto si è sopra osservato
il Tribunale si troverebbe a dover constatare che quel motivo è inammissibile per
palese carenza di interesse, in quanto la declaratoria della cessazione della materia
del contendere era stata conforme a quanto concluso dalla Lloyd, che, dunque,
nessuna soccombenza e, quindi, interesse ad impugnarla poteva vantare.
Il motivo dovrebbe, pertanto, essere dichiarato inammissibile, con la
conseguenza della inammissibilità consequenziale del motivo sulla questione di
competenza.

Ebbene, in sede di regolamento di competenza la Corte di cassazione, qualora
constati che l’azione non poteva essere proposta fin dall’inizio del processo oppure come
T’ -a

motivazione”, che il primo giudice aveva erroneamente dichiarato cessata la materia del

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azione di impugnazione, dovendo provvedere ai sensi dell’art. 49, secondo comma, c.p.c.,
ha il potere di rilevarlo e di disporre in conseguenza (in termini si veda già Cass. (ord.) n.
24743 del 2011, secondo cui: <>).
Da tanto discende che la Corte deve constatare che il processo non può aver
corso davanti al Tribunale, presso il quale dovrebbe essere rimesso, riguardo ai primi
due motivi di appello, perché essi erano inammissibili.
Il motivo relativo alla dichiarazione di cessazione della materia del contendere,
d’altro canto, lo era anche per la sua assoluta genericità e inosservanza dell’onere di
specificità previsto dall’art. 342 c.p.c., oltre che a monte della reale situazione
processuale che aveva portato alla decisione di primo grado.
Ma v’è di più: la Corte, sempre perché deve dare provvedimenti ai sensi
dell’art. 49, secondo comma, non può non constatare che una rimessione davanti al
Tribunale sarebbe del tutto inutile per la cognizione del terzo e del quarto motivo di
appello: essi, infatti, sono assolutamente generici e proposti nell’inosservanza dell’art.

dell’azione proposta, atteso che la declaratoria di competenza di uno dei giudici di merito

342 c.p.c., sicché, se il processo ritornasse davanti al Tribunale di Ostia, quest’ultimo
non potrebbe che dichiarare inammissibili i due motivi.

Ed infatti, il tenore dei due motivi risulta il seguente:
<>.
Ora, è principio consolidato della giurisprudenza di questa Corte che <> (Cass. n. 20261 del 2006, ex multis).
Nella specie, né nell’articolazione dei motivi sopra riportati né in altri passi dell’atto
di appello, si coglie alcuna specificazione delle circostanze alle quali si riferisce il motivo
ai sensi dell’art. 89 c.p.c.
Riguardo all’altro motivo è del tutto generico il riferimento all’esorbitanza delle
spese liquidate rispetto al valore della controversia, posto che nessun elemento circa le

pertanto la riduzione di tale importo alla misura che l’esperienza del Tribunale, composto

prestazioni espletate si fornisce per evidenziare detta esorbitanza.
L’inammissibilità dei due motivi rende allora superfluo disporre la prosecuzione
davanti al Tribunale di Ostia per la loro cognizione.
§5. Conclusivamente la sentenza impugnata dev’essere integralmente caducata con
dichiarazione che la controversia non poteva proseguire in appello per essere questo
inammissibile.
La caducazione della sentenza impugnata per tale ragione senza ulteriore
prosecuzione del processo comporta che la situazione fra le parti resti regolata dalla
sentenza del Giudice di Pace.

10
– I –

R.g.n. 18773-07 (c.c. 25.2.2013)

Deve provvedersi sulle spese del presente giudizio di regolamento e su quelle del
giudizio di appello, restando ferma la statuizione sulle spese del primo giudice.
Le spese del giudizio di appello si liquidano (in assenza di presenza di una nota spese
della qui ricorrente, che non risulta presentata, poiché non solo non si rinviene nel
fascicolo d’appello, ma nemmeno ve ne è traccia nella nota dei depositi redatta dal
cancelliere, presente nel detto fascicolo), sulla base della tariffa vigente durante lo
onorari e duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Le spese del giudizio di cassazione si liquidano in dispositivo secondo la tariffa di
cui al d.m. n. 140 del 2012, ma si riconoscono a favore della ricorrente soltanto per la metà
del loro ammontare, così compensata la metà residua in ragione del fatto che si è dovuti
addivenire alla conversione del ricorso in regolamento di competenza.
P. Q. M.
La Corte, previa conversione del ricorso in regolamento di competenza, dichiara
caducata la sentenza impugnata e, visto l’art. 49, secondo comma, c.p.c., dichiara che non
può avere luogo prosecuzione del giudizio, in quanto l’appello era inammissibile per
quanto rilevato in motivazione. Condanna parte resistente alla rifusione alla ricorrente delle
spese del giudizio di appello, liquidate in euro millecinquecento per diritti, duemila per
onorari e duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Condanna
parte resistente alla rifusione alla ricorrente della metà delle spese del giudizio di
regolamento, liquidate in euro duemilacinquecento, di cui duecento per esborsi, e, quindi,
per l’effetto al pagamento di euro milleduecentocinquanta, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 25
febbr io 013.

svolgimento del giudizio di appello, in euro millecinquecento per diritti, duemila per

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