Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8576 del 10/04/2010

Cassazione civile sez. III, 10/04/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 10/04/2010), n.8576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10533-2009 proposto da:

L.V.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIRRO

LIGORIO N. 9, presso lo studio dell’Avvocato, MARIA CRISTINA

MULARGIA, rappresentata e difesa dagli Avvocati PATTI GIOVANNI

ROSARIO, FIORITO SERGIO, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

G.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 43 67/2008 del TRIBUNALE di CATANIA del

2/11/08, depositata il 03/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO.

La Corte; Letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 22 aprile 2009 L.V.R. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 3 novembre 2008 dal Tribunale di Catania, confermativa della sentenza del Giudice di Pace, che aveva rigettato la sua domanda di condanna di G.P. al risarcimento del danno alla salute cagionatole omettendo di versare le quote dell’imposta ICI pura dal lei ricevute.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

2 I quattro motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366- bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 c.c. in combinato disposto con l’art. 2043 c.c.. Formula un quesito che non postula l’enunciazione di un principio di diritto che, oltre ad essere decisivo per il caso di specie, sia di applicabilità generalizzata e che prescinde totalmente dalla motivazione della sentenza impugnata, la quale ha rilevato che la L.V. non ha subito alcun danno economico ed ha escluso che la modestia della somma che avrebbe dovuto versare (complessivi Euro 67,81 per tre annualità di ICI relativa alla sua quota del 10% di proprietà dell’immobile pagate dalla comproprietaria) possa avere arrecato alcun danno al suo diritto di proprietà.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.. Il quesito finale presenta le medesime caratteristiche di quello del primo motivo e determina l’inammissibilità della censura per le medesime ragioni lì esposte.

Con il terzo motivo la L.V. denuncia insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, che indica nel riconoscimento dell’incidenza del fatto sul suo stato di salute. A prescindere dalla non conformità del momento di sintesi al modello sopra indicato (esso non specifica le ragioni dell’asserita insufficienza della motivazione), la censura pecca di autosufficienza (non riferisce testualmente le risultanze processuali da cui inferire l’asserito stato di malattia conseguente al fatto) e attiene al merito poichè implica necessariamente accertamenti e valutazioni fattuali.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La ricorrente ha presentato memoria; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dalla ricorrente con la memoria non dimostrano l’assolvimento dell’onere processuale di cui la relazione ha evidenziato la carenza;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; ha, però, rilevato che nella relazione risulta omessa la trattazione del quarto motivo; con esso la ricorrente ha denunciato violazione dell’art. 91 c.p.c. per l’illegittima condanna alle spese dei due gradi di giudizio; la censura presuppone l’accoglimento delle precedenti e, quindi, ne segue le sorti;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla spese;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2010

 

 

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