Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8575 del 06/05/2020

Cassazione civile sez. III, 06/05/2020, (ud. 28/02/2020, dep. 06/05/2020), n.8575

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28009-2019 proposto da:

K.M.A., domiciliato ex lege in ROMA presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MONICA CASTIGLIONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO

PROTEZIONE INTERNAZIONALE BOLOGNA SEZ. DISTACCATA FORLI’ CESENA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il

21/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/02/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO;

Fatto

RILEVATO

che:

1. K.M.A., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4 ed in particolare:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

1.1.A seguito del rigetto in sede amministrativa il richiedente propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis opposizione dinanzi alla sezione specializzata del Tribunale di Bologna, che la respinse con decreto n. 3755/2019 del 21.8.2019, impugnato in questa sede con sulla base di un unico articolato motivo;

2. Il Ministero intimato non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn 3 e 5, l’erronea applicazione e la violazione dell’art. 10 Cost., comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1 con esclusivo riferimento al rigetto della protezione umanitaria.

1.1. Deduce l’irretroattività delle nuove disposizioni introdotte per disciplinare la fattispecie, dal D.L. n. 113 del 2018, art. 1, comma 9; ed assume che il Tribunale aveva omesso di adempiere al dovere di cooperazione istruttoria rispetto alle dichiarazioni da lui rese, ritenute lacunose e quindi non credibili, a fronte degli sforzi da lui compiuti per documentare la vicenda narrata, caratterizzata dalle sue precarie condizioni economiche per i debiti contratti a tasso usuraio.

1.2. Assume, al riguardo, che in Italia egli aveva avviato un proficuo processo di integrazione, ignorato dal Tribunale, e che il rientro in Bangladesh, lo esponeva ad una generale situazione di insicurezza e ad una condizione di vulnerabilità idonea a pregiudicare la sua possibilità di esercitare i diritti fondamentali.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. La prima parte della censura, infatti, si appunta sulla irretroattività del D.L. n. 113 del 2018, senza che il decreto impugnato l’abbia mai negata nè tanto meno abbia affrontato la specifica questione che, pertanto, non può trovare ingresso in questa sede.

2.2. La restante parte del motivo è, ugualmente, inammissibile perchè il ricorrente censura genericamente, attraverso l’enunciazione di principi di diritto che assume violati – che, peraltro, non attengono alla motivazione del decreto impugnato – che non sarebbe stata considerata la sua situazione di vulnerabilità nè la condizione in cui si verrebbe a trovare nel caso di rimpatrio in Bangladesh, senza considerare che il Tribunale con motivazione al di sopra della sufficienza costituzionale e senza alcun riferimento – in relazione alla fattispecie protezione umanitaria – alla sua credibilità (messa in dubbio soltanto in relazione alle altre forme di protezione richieste) ha ritenuto insussistenti i presupposti per la concessione permesso di soggiorno per motivi umanitari (cfr. pag. 5 e 6 dei decreto impugnato), esaminando la sua situazione individuale in Italia in comparazione con quella nella quale si verrebbe a trovare nel paese di origine.

2.3. Il motivo, dunque, oltre ai rilievi già prospettati, si pone in contrasto con il consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, ove sia sostenuta, come nel caso in esame, da argomentazioni logiche e coerenti, a nulla rilevando che il compendio istruttorio possa essere valutato anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto nel provvedimento impugnato, in quanto “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione” e, diversamente, il giudizio di legittimità si trasformerebbe, impropriamente, in un terzo grado di merito (cfr. ex muitis, Cass. 8758/2017; Cass. 18721/2018; Cass. Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13954 dei 14/06/2007, Rv. 598004; Cass. Sez. L, Sentenza n. 12052 dei 23/05/2007, Rv. 597230; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019)

3. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

3.1. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio dell’amministrazione.

Sussistono i presupposti processuali per il pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), se dovuto.

PQM

La Corte,

dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto che sussistono i presupposti processuali previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, se dovuto (ric. ammesso al Grat. Patrocinio).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2020

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