Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8573 del 29/04/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 8573 Anno 2016
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: DI PAOLANTONIO ANNALISA

SENTENZA

sul ricorso 17277 – 2013 proposte da:
GIUNONE

ELISABETTA

C.F.

elettivamente domiciliata in

GNNLBT69P47C616D,

ROMA, VIA BERENGARIO 10

INT 18, presso lo studio dell’avvocato ELIA CURSARO,

rappresentata e difesa dagli avvocati

GIUSEPPE

AGRESTA, CONCETTA LEONE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2016

858

contro

REGIONE CALABRIA C.F. 02205340793, in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA VAL CRISTALLINA

3, presso lo studio

Data pubblicazione: 29/04/2016

ell’avvocato AMILCARE SESTI, rappresentata e difesa
) 1
/* all’avvocato MARIA ELENA MANCUSO SEVERINI, giusta
3
delega in atti;

– controxicorrente avverso la sentenza n. 816/2012 della CORTE D’APPELLO

949/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/03/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA

DI PAOLANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per raccoglimento del ricorso.

di CATANZARO, depositata il 12/06/2012 R.G.N.

RG 17277/2013
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Catanzaro ha respinto l’appello proposto da Elisabetta

1

Giunone avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva rigettato la domanda
volta ad ottenere la condanna della Regione Calabria al pagamento dell’assegno
per il nucleo familiare ( quantificato in complessivi C 4.508,64), maturato nel
periodo 15 maggio 2000/31 dicembre 2001, durante il quale la ricorrente era

Chiaravalle Centrale.
2

La Corte territoriale ha rilevato, in sintesi, che:

a) erroneamente il giudice di prime cure aveva dichiarato inammissibile il ricorso
per difetto della necessaria domanda amministrativa, posto che l’istanza era stata
presentata all’ente utllizzatore, il quale aveva, poi, provveduto a trasmettere alla
Regione Calabria l’elenco dei soggetti in possesso dei requisiti richiesti per la
liquidazione dell’ANF;
b) correttamente l’azione era stata proposta nei confronti della Regione Calabria,
atteso che a quest’ultima Io Stato aveva trasferito, ai sensi dell’art. 8 comma 1
della legge n. 81 del 2000, le risorse necessarie per il pagamento della indennità
da corrispondere ai soggetti impegnati in progetti di pubblica utilità;
c) la domanda, peraltro, non poteva trovare accoglimento, in quanto l’ANF spetta
nel soli casi espressamente previsti dalla legge e, quindi, non può essere
riconosciuto ai lavoratori di pubblica utilità, i quali non sono dipendenti degli enti
utilizzatori né possono essere equiparati ai lavoratori socialmente utili, in
considerazione della autonomia delle due categorie, desumibile dal raffronto fra Il
d.lgs n. 468 del 1997, che disciplina i lavori socialmente utili, ed il d.lgs n. 280
del 1997 che, invece, riguarda in modo specifico i lavori di pubblica utilità.
3

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Elisabetta Giunone sulla

base di tre motivi. La Regione Calabria ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1

Preliminarmente va rilevata la formazione dei giudicato interno sul capo della

decisione relativo alla ammissibilità dell’azione, affermata dalla Corte territoriale
dopo avere accertato che la domanda amministrativa era stata presentata dalla
Giunone all’ente utilizzatore.

stata assegnata a lavori di pubblica utilità da svolgersi presso il Comune di

RG 17277/2013
Invero, poichè la questione della ammissibilità dell’azione ha carattere
pregiudiziale rispetto alla valutazione sulla fondatezza della domanda, opera nella
fattispecie il principio secondo cui “quando la sentenza impugnata abbia risolto,
sia pure implicitamente, in senso sfavorevole alla parte che poi risulti vittoriosa,
una questione preliminare o pregiudiziale, il ricorso per cassazione dell’avversario
Impone a detta parte che intenda sottoporre all’esame della Corte la questione
stessa di proporre ricorso incidentale. Infatti, non essendo il giudizio di legittimità

l’appello dall’art. 346 cod. proc. civ., è da riferirsi anche alla soccombenza
“teorica” e non può essere assolto con la soia riproposizione della questione col
controricorso o con la memoria illustrativa di questo. ” ( Cass. 8.1.2003 n. 100 e
negli stessi termini Cass. 14.4.2015 n. 7523).
Non possono, quindi, essere esaminate le deduzioni che si leggono nel
controricorso in merito alla omessa presentazione della domanda amministrativa.
2 – Analoghe considerazioni valgono per la legittimazione passiva della Regione
Calabria, espressamente affermata dalla Corte territoriale, poiché la questione
della titolarità del rapporto, dal lato attivo e passivo, sebbene rilevabile in ogni
fase del giudizio, in cassazione può essere esaminata solo nei limiti del giudizio
di legittimità ed a condizione che non si sia formato giudicato interno ( Cass. S.U.
16.2.2016 n. 2951 punto 65).
3 – Con i primi due motivi è denunciata la nullità della sentenza per violazione
dell’art. 112 c.p.c. e per contraddittorietà tra dispositivo e motivazione. Sostiene,
in sintesi, la ricorrente che il therna decidendum del giudizio di appello riguardava
unicamente la declaratoria di inammissibilità del ricorso, alla quale il giudice di
prime cure era pervenuto sull’erroneo presupposto della mancata presentazione
della domanda amministrativa. La Corte territoriale, pertanto, una volta ritenuta
la fondatezza del motivo di appello, avrebbe dovuto accogliere il gravame,
essendo passata in giudicato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva
ritenuto che spettasse anche agli LPU l’assegno per Il nucleo familiare, da
richiedere, però, nel rispetto della normativa dettata dall’art. 2, comma 7, del
d.l. n. 69 del 1988. Aggiunge la ricorrente che la sentenza di primo grado doveva
essere in ogni caso riformata, avendo il giudice di appello riconosciuto l’errore
commesso dal Tribunale nel dichiarare la inammissibilità del ricorso.
4 – I motivi, da trattare congiuntamente perché connessi, sono infondati.
Nelle controversie aventi ad oggetto prestazioni previdenziali o assistenziali il
previo esperimento del procedimento amministrativo è condizione di proponibilità

2

(in considerazione della sua struttura) assoggettato alla disciplina dettata per

RG 17277/2013
della domanda ( Cass. S.U. 23.8.1990 n. 8575 e Cass. S.U. 5.8.1994 n. 7269),
sicché la pronuncia con la quale si accerti la mancanza di detta necessaria
condizione non implica alcuna statuizione, neppure per implicito, sulla titolarità e
sulla fondatezza del diritto azionato.
Ne discende che nel proporre appello la parte soccombente, oltre a censurare il
capo della decisione relativo alla ritenuta improponibilità ( o inammissibilità)
dell’azione, è tenuta a riproporre la domanda poiché detta riproposizione è
condizione necessaria per devolvere al giudice della impugnazione la cognizione
del merito della controversia. Dai suo canto il resistente, che abbia visto

_

accogliere l’eccezione pregiudiziale, in quanto totalmente vittorioso In primo
grado, nel successivo giudizio di gravame può limitarsi a reiterare ex art. 346
c.p.c. le eccezioni e le difese relative al merito della causa e non è tenuto a
proporre appello incidentale, neppure condizionato, giacché l’onere di
impugnazione presuppone la soccombenza, in difetto della quale non può
configurarsi l’interesse richiesto dall’art. 100 c.p.c..
Correttamente, pertanto, la Corte territoriale, una volta esclusa la inammissibilità
dell’azione dichiarata dal giudice di prime cure, ha statuito sul merito della
domanda, tenendo conto delle eccezioni e delle difese tutte riproposte dalla
Regione Calabria nella memoria difensiva, il cui contenuto è riportato dalla stessa
ricorrente nell’esposizione dei fatti di causa.
4.1 – Non determina, poi, il denunciato contrasto assoluto fra parti della
decisione la formula di rigetto dell’appello, utilizzata dalla Corte territoriale nel
dispositivo. Sebbene, infatti, Il giudice di appello avrebbe dovuto più
propriamente riformare la pronuncia di inammissibilità e respingere nei merito la
domanda, tuttavia non è ravvisabile il contrasto qualora sia ti dispositivo che la
motivazione siano univocamente diretti a disattendere la domanda riproposta in
sede di gravame ( Cass. 21.11.2014 n. 24841).
5 – Con il terzo motivo è denunciata ex art. 360 n. 3 c.p.c. “falsa e/o errata
applicazione di norme di diritto” in relazione all’art. 8 comma 3 del d.lgs n. 468
del 1997e all’art. 7 della legge n. 223 del 1991. Sostiene in sintesi la ricorrente,
anche attraverso il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte, che non sussiste
differenza fra lavoratori socialmente utili e lavoratori di pubblica utilità, al quali
deve essere assicurata identità di trattamento.
6 – Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata, che pone a fondamento della decisione la asserita
ontologica diversità fra le due categorie di lavoratori sopra richiamati, contrasta

3

m

RG 17277/2013
con il principio ripetutamente affermato da questa Corte secondo cui “in tema di
lavori socialmente utili, l’art. 1 del d.lgs. n. 468 del 1997 fornisce una definizione
di portata generale dei I.s.u., comprensiva delle varie attività che hanno per
oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva,
nonché dei lavori di pubblica utilità mirati alla creazione di occupazione in
particolari bacini d’impiego, in conformità all’intento demandato dalla legge
delega – consistente nella revisione dell’intera disciplina dei lavori socialmente
utili – e in vista di una configurazione unitaria di tutte le attività ivi descritte che
ha, successivamente, trovato consolidamento nella nuova disciplina dettata in
materia dal d.lgs. n. 81 del 2000. Ne consegue che il rapporto tra il disposto di
cui all’art. 2 del d.lgs. n. 468 dei 1997 – che delinea i settori di attività per i
“progetti di lavoro di pubblica utilità” – e quello di cui all’art. 3 del digs. n. 280
del 1997 – diretto ad individuare i “lavori di pubblica utilità” in funzione della
“creazione di occupazione” in uno specifico bacino di impiego – sì configura in
termini di specificazione di intenti generali in ambiti territoriali determinati,
all’interno di una medesima tipologia di attività e di una medesima finalità del
legislatore, connessa ad obiettivi di tutela dalla disoccupazione e di inserimento
dal lavoro..” ( Cass. 21.1.2011 n. 1461 seguita da numerose altre, tutte
conformi: Cass. nn. 28540, 29065, 29808 e 29516 del 2011; nn. 6589 e 9702
del 2012; Cass. nn. 3475 e 3476 del 2013 e, tra le più recenti, Cass. nn. 6041 e
8003 del 2014).
Detto principio, condiviso dal Collegio, sebbene affermato in relazione
all’incremento dell’assegno previsto dall’art. 45, comma 9, della legge n. 144 del
1999, porta a ritenere che debba essere riconosciuto anche ai lavoratori di
pubblica utilità, ove ne ricorrano i presupposti, l’assegno per il nucleo familiare.
Invero l’art. 8, comma 3, del digs n. 468 del 1997, prevede l’applicazione
all’assegno per i lavori socialmente utili delle disposizioni in materia di indennità
di mobilità, se non diversamente disposto. A sua volta l’art. 7, comma 10, della
legge n. 223 del 1991 stabilisce che “per i periodi di godimento dell’indennità di
mobilità spetta l’assegno per il nucleo familiare di cui all’articolo 2 del decretolegge 13 marzo 1988, n. 69 convertito con modificazioni, dalla legge 13 maggio
1988, n. 153.”. Detta disposizione, quindi, in quanto non espressamente
derogata, risulta applicabile ai lavoratori socialmente utili, per il richiamo
contenuto nell’art. 8 del chigs n. 468 del 1997, ed anche ai lavoratori di pubblica
utilità, per quanto sopra si è detto sulla necessaria equiparazione delle due
categorie.

4

.

RG 17277/2013
Si aggiunga che l’art. 3 comma 3 del d.lgs 7.8.1997 n. 280 rinvia per le modalità
di attuazione del progetti di lavori di pubblica utilità all’art. 1 del d.l. n. 510 del
1996, convertito dalla legge n. 608 del 1996, che, all’epoca, disciplinava il
sussidio da corrispondere agii LSU e che prevedeva, al pari del successivo d.lgs n.
468 del 1997, la applicabilità delle disposizioni in tema di indennità di mobilità, se
non espressamente derogate.
7 – La sentenza Impugnata va, pertanto,cassata in relazione al motivo accolto

atterrà al principio di diritto sopra indicato, statuendo anche sulle spese del
giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il terzo motivo di ricorso. Cassa la sentenza impugnata in
relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di
Catanzaro in diversa composizione.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 1° marzo 2016
j I Consigliere estensore

Il Presid nte

con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione, che si

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA