Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8570 del 10/04/2010

Cassazione civile sez. III, 10/04/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 10/04/2010), n.8570

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7005-2009 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO LUCIO

APULEIO 11, presso lo studio dell’avvocato DELLA ROCCA CESARE, che lo

rappresenta e difende, giusta procura alle liti a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

EDERA – COMPAGNIA ITALIANA DI ASSICURAZIONI S.P.A. IN LIQUIDAZIONE

COATTA AMMINISTRATIVA, in persona del Commissario Liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso

lo studio dell’avvocato GELLI PAOLO, che la rappresenta e difende,

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

ASSITALIA LE ASSICURAZIONI D’ITALIA SPA, D.B.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 666/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

20/12/07, depositata il 15/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato Della Rocca Cesare, difensore de , ricorrente che si

riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Giardiello Enzo, (delega avvocato Gelli Paolo),

difensore della controricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO che

ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

La Corte, letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 12 marzo 2009 C.G. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 15 febbraio 2008 dalla Corte d’Appello di Roma, confermativa della sentenza del Tribunale che aveva rigettato per intervenuta prescrizione la sua domanda di risarcimento danni da sinistro stradale.

L’Edera – Compagnia Italiana di Assicurazioni S.p.A. in l.c.a. ha resistito con controricorso, mentre gli altri intimati, Assitalia – Le Assicurazioni d’Italia S.p.A., quale impresa designata F.G.V.S. e D.B.V., non hanno espletato attività difensiva.

2 – La formulazione dei quattro motivi del ricorso non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella dei 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2947 c.c., comma 2. All’esito dell’esposizione delle argomentazioni a sostegno chiede alla Corte di stabilire se, in ipotesi di lesioni conseguenti a sinistro stradale, ai fini dell’applicazione del termine quinquennale di prescrizione, in assenza di querela allorchè il reato è perseguibile ad impulso della persona offesa, è necessario ma sufficiente che il giudice civile accerti incidentalmente, sulla scorta delle risultanze processuali assunte in causa, la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del fatto – reato.

Il quesito si rivela astratto, in quanto del tutto svincolato dai necessari riferimenti al fatto concreto e, soprattutto, alla motivazione della sentenza impugnata, la quale ha, tra l’altro, fatto leva sulla considerazione che il C. non aveva specificamente censurato la regola juris applicata dal Tribunale e da essa condivisa, avendone contestato solo il ragionamento e i calcoli.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta insufficiente e omessa motivazione su fatti controversi e decisivi. La censura non contiene un momento di sintesi formulato in armonia con i criteri sopra enunciati e, d’altra parte, tratta un tema (la valenza interruttiva della quietanza rilasciata dall’Edera in bonis) che implica un apprezzamento di merito, essendo in discussione la sua collocazione temporale.

Inoltre risultano violati il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione e l’art. 366 c.p.c., n. 6. Infatti è orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3 n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità. In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile.

Con il terzo motivo il C. denuncia omessa motivazione su fatti controversi e decisivi, che indica nella natura giuridica della quietanza.

La censura è inammissibile per le stesse ragioni enunciate per la precedente.

Qui è sufficiente aggiungere che la Corte territoriale non ha posto in dubbio la valenza interruttiva del contenuto del documento, ma solo la sua collocazione temporale.

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta contraddittorietà e omessa motivazione su fatti controversi e decisivi; carenze interpretative dei provvedimenti. La censura, priva del prescritto momento di sintesi, attiene al giudizio di primo grado e, quindi, non è ammissibile.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria; entrambe le parti hanno chiesto d’essere ascoltate in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria non trattano il tema della rilevata violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e non dimostrano l’assolvimento, negato dalla relazione, dell’onere processuale imposto dall’art. 366 bis c.p.c..

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2010

 

 

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