Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8566 del 10/04/2010

Cassazione civile sez. III, 10/04/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 10/04/2010), n.8566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 5401-2009 proposto da:

CALABRESE TRASPORTI ITALIA SOC. COOP A.R.L., in persona del

liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CORNELIO MAGNI

30/F, presso lo studio dell’avvocato LUDOVICO BAORDO, rappresentata e

difesa dagli avvocati MARCELLO EMILIO GENTILE, DE PAOLA ANTONIO,

GUGLIELMO BENEDETTO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ REALE MUTUA ASSICURAZIONE SPA, in persona del Dirigente

Servizio Affari Legali, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DARDANELLI 13, presso lo studio dell’avvocato LIUZZI ANTONIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LIUZZI MILENA, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 299/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI

dell’8/06/07, depositata il 22/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO.

La Corte, letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 3 marzo 2009 la Calabrese Trasporti Italia Soc. coop. a r.l. in l.c.a. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 22 gennaio 2008 dalla Corte d’Appello di Napoli, confermativa della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Sezione distaccata di Caserta – che aveva rigettato la domanda di restituzione della somma di L. 11.750.000 che assumeva avere versato alla Società Reale Mutua di Assicurazioni S.p.A. in relazione a polizza intestata ad un soggetto diverso (Calabrese Trasporti &. C. S.r.l.).

La società intimata ha resistito con controricorso.

2 – I motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella dei 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Il ricorso è redatto secondo una tecnica censoria che rende opinabile persino la individuazione e quantificazione dei motivi, in palese violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4.

Con il punto A) viene denunciata mancata applicazione dell’art. 115 c.p.c., artt. 1321 e 1888 c.c. per errata individuazione dei soggetti di causa e per il travisamento dei fatti operato in entrambi i gradi.

Premesso che oggetto di ricorso per cassazione è necessariamente solo la sentenza d’appello, si osserva che il travisamento del fatto non può essere fatto valere in sede di legittimità e che l’addotta violazione di norme di diritto è priva delle indispensabili argomentazioni a sostegno.

Il punto B) tratta l’appendice di variazione che si asserisce essere stata predisposta dalla resistente e fatta sottoscrivere alla Calabrese Trasporti Italia a r.l., ma risulta del tutto privo della specificazione della censura che si intendeva muovere alla sentenza impugnata.

Considerazioni identiche valgono per il punto C), mediante il quale si assume di avere provato che la Calabrese Trasporti & C. S.r.l.

aveva cessato l’attività e per il punto D), con il quale si assume che la Corte d’Appello ha erroneamente affermato che la Calabrese Trasporti & C. S.r.l. e la Soc. coop. a r.l. Calabrese Trasporti Italia sono due diverse denominazioni di una società unica.

Alla rilevata violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4 si associa l’evidente violazione del successivo n. 6 con riferimento alla polizza e all’appendice di variazione cui il ricorso fa riferimento.

Infatti è orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3 n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità.

In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile. Infine risulta violato anche l’art. 366 bis c.p.c., poichè formula quesiti che risultano del tutto svincolati dai motivi addotti e che non postulano l’enunciazione di principi di diritto decisivi per il giudizio e, nel contempo, di applicabilità generalizzata.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie nè alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 1.300,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2010

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