Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8566 del 06/05/2020

Cassazione civile sez. I, 06/05/2020, (ud. 17/01/2020, dep. 06/05/2020), n.8566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 55/2019 proposto da:

M.D., elettivamente domiciliato in Roma, Via Federico

Cesi, 72 presso lo studio dell’avvocato Andrea Sciarrillo e

rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Sgarbi per procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., elettivamente

domiciliato per legge presso l’Avvocatura Generale dello Stato in

Roma, Via dei Portoghesi, 12;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1551/2018 della Corte di appello di Ancona

depositata il 24.07.2018;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia

nella camera di consiglio del 17/01/2020.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Ancona con la sentenza in epigrafe indicata ha rigettato, pronunciando su ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 l’impugnazione proposta da M.D. avverso l’ordinanza del locale Tribunale che aveva respinto l’opposizione al diniego frapposto dalla competente Commissione territoriale al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed umanitaria.

M.D. ricorre per la cassazione dell’indicata sentenza con tre motivi illustrati da memoria.

Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo articolato motivo il ricorrente, originario del (OMISSIS), di etnia (OMISSIS), vissuto in (OMISSIS), nella Regione di (OMISSIS) – che nel racconto reso alla competente Commissione territoriale aveva dichiarato di aver abbandonato il proprio Paese per sfuggire a minacce ricevute da pastori di etnia (OMISSIS) dopo l’uccisione di un contadino – fa valere la violazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951 quanto alla definizione del termine “rifugiati” e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e); del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis sull’esame dei fatti e delle circostanze e delle procedure di esame; del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c) sulla protezione sussidiaria; del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, sui criteri applicabili alle domande.

La Corte di merito aveva ritenuto generico il racconto del richiedente in ordine al dedotto permanente conflitto tra etnie e tanto là dove invece il richiedente aveva puntualmente riferito che l’esistenza del conflitto tra i “(OMISSIS)” ed i “(OMISSIS)” nel villaggio di provenienza avrebbe integrato in capo al richiedente lo status di rifugiato.

I giudici di appello non si sarebbero attenuti ai criteri stabiliti dalla legge sulla credibilità soggettiva delle dichiarazioni del richiedenti; il ricorrente avrebbe esposto in modo lineare il racconto e non si sarebbe compreso quali riscontri oggettivi egli dovesse offrire ai giudici di merito.

La genericità del racconto avrebbe dovuto portare la Corte all’esercizio dei poteri ufficiosi di indagine.

La Corte di appello aveva poi tralasciato al situazione di grave instabilità del (OMISSIS) integrativa della protezione sussidiaria sub D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e tanto secondo il rapporto A.I. 20172018 ed il Report del Ministero dell’Interno – Unità COI dl 30.10.2017 da cui la sussistenza del “danno grave”.

Sarebbe stato violato il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, sui criteri applicabili mancando di valutare la situazione del richiedente alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la generale situazione sui dati UNHCR e EASO del Paese di origine e di quello di transito, la Libia.

2. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, sui criteri applicabili all’esame della domanda per non avere la Corte deciso sulla situazione del (OMISSIS), ed i paesi di transito, in ragione di una concreta ed effettiva istruttoria in forza del reperimento di documentazione attuale ed aggiornata in ragione dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO e dal Ministero degli Affari Esteri.

3. Con il terzo si deduce la nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 ed al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

La Corte di merito con motivazione meramente apparente aveva rigettato la domanda in materia di protezione umanitaria con esito effetto di mero automatismo effetto del rigetto delle altre domande.

4. Il ricorso è improcedibile in applicazione del principio secondo il quale “In tema di ricorso per cassazione, ai fini dell’osservanza di quanto imposto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata redatta in formato digitale, l’attestazione di conformità della copia analogica predisposta per la S.C. (fintantochè innanzi alla stessa non sia attivato il processo civile telematico) può essere redatta, L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, i cui poteri processuali e di rappresentanza permangono, anche nel caso in cui allo stesso fosse stata conferita una procura speciale per quel singolo grado, sino a quando il cliente non conferisca il mandato alle liti per il giudizio di legittimità ad un altro difensore” (Cass. 08/05/2018 n. 10941; vd. Cass. SU 24/09/2018 n. 22438 e Cass. SU n. 8312 del 25/03/2019).

Ed, infatti, dagli atti risulta che la procura speciale per la proposizione del ricorso per cassazione è stata conferita all’avvocato Pietro Sgarbi il 3 agosto 2018 là dove l'”Attestazione di conformità”, ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, art. 16-bis, comma 9-bis e art. 16-undecies, comma 1 della copia analogica della sentenza impugnata a quella digitale, la n. 1551/2018 della Corte di appello di Ancona, è stata formata, il 3 dicembre 2018 dall’avvocato Micol Lanzidei che aveva assistito il ricorrente nella precedente fase del giudizio, dinanzi alla Corte di merito.

Il procuratore che ha attestato la conformità di legge, l’avvocato Lanzidei, era quindi privo del relativo potere e tanto perchè era intervenuto, nel lasso di tempo intercorrente tra l’adozione della sentenza impugnata e la formazione dell’indicata attestazione, il rilascio di nuova procura alle liti in favore dell’avvocato Sgarbi che, investito della difesa per il giudizio di legittimità, era pertanto l’unico ad essere legittimato al rilascio dell’attestazione a pena di improcedibilità del ricorso in cassazione ex art. 369 c.p.c., comma 2.

Essendo l’Amministrazione rimasta solo intimata e quindi non avendo nel costituirsi, anche tardivamente, a sua volta depositato copia analogica della decisione ritualmente autenticata o comunque non disconosciuto la conformità della copia informale all’originale, il ricorso è improcedibile (Cass. SU 25/03/2019 n. 8312).

Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara improcedibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 17 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2020

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