Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8562 del 14/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/04/2011, (ud. 10/03/2011, dep. 14/04/2011), n.8562

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 9486-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

S.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 9/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di ROMA del 25.2.08, depositata il 25/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MERONE.

E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio, letti gli atti del ricorso specificato in epigrafe;

Vista, condivisa e fatta propria la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. nella quale si legge:

“La controversia ha ad oggetto il silenzio rifiuto formatosi a seguito della presentazione della istanza di rimborso delle ritenute irpef indebitamente operate secondo il contribuente sul trattamento di fine rapporto del sig. S.S.. Il contribuente assume che l’ente datore di lavoro aveva erroneamente considerato, ai fini del calcolo della aliquota applicabile, anche la tredicesima mensilità e l’indennità operativa, in violazione del disposto della L. n. 482 del 1985, art. 2, comma 2.

La CTR ha accolto il ricorso e l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe sulla base di due motivi. Con il secondo motivo l’Agenzia denuncia la violazione della citata disposizione di legge, in quanto erroneamente i giudici di appello hanno ritenuto legittima l’esclusione della tredicesima mensilità e della indennità operativa ai fini del calcolo dell’aliquota applicabile sul TFR. Il ricorso è manifestamente fondato in relazione al secondo motivo, assorbito il primo. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte: “In tema di IRPEF e con riguardo ai redditi di lavoro dipendente, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (nel testo, applicabile “ratione temporis”, sostituito dall’art. 2, art. 14, comma 3, della L. 26 settembre 1985, n. 482) – ai sensi del quale “se per il lavoro prestato anteriormente alla data di entrata in vigore della L. 29 maggio 1982, n. 297, il trattamento di fine rapporto risulta calcolato in misura superiore ad una mensilità della retribuzione annua per ogni anno preso a base di commisurazione, ai fini della determinazione dell’aliquota ai sensi del comma 1 non si tiene conto dell’eccedenza”, va interpretato nel senso che per “mensilità della retribuzione annua” si deve intendere non la somma percepita costantemente ogni mese a titolo di retribuzione, ma il risultato della divisione per dodici, quanti sono i mesi di ciascun anno, della retribuzione complessiva annuale. Ne consegue che, ai fini della determinazione dell’aliquota, vanno computate anche le somme percepite non periodicamente nel corso dell’anno (come, nella fattispecie – relativa a dipendente della società Alitalia -, tredicesima mensilità ed indennità operativa) (Cass. 14206/2004;

conf. 13801/2005, 9000/2007, 26487/2009)”;

Considerato:

– che la relazione è stata notificata ai sensi dell’art. 308 bis c.p.c., comma 3;

– che la discussione in camera di consiglio non ha apportato nuovi elementi di valutazione;

– che, pertanto, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., in quanto l’affermazione del principio di diritto comporta il rigetto dei ricorso introduttivo;

– che sussistono giuste ragioni per compensare le spese del giudizio di merito (considerata la recente formazione della giurisprudenza di riferimento), mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie i ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio di merito e condanna la parte soccombente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro millecento per onorario, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio il 10 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2011

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