Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8561 del 14/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/04/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 14/04/2011), n.8561

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

COGEFIR srl, rappresentata e difesa dall’avv. Sorce Pietro ed

elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. Antonio Ielo in via

Vigliena, n. 2;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia n. 168/21/07, depositata il 11 marzo 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16 dicembre 2010 dal Relatore Cons. Antonio Greco.

Fatto

LA CORTE

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“La srl COGEFIR propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 168/21/07, depositata il 11 marzo 200o, che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Enna, ha respinto il ricorso introduttivo della contribuente nei confronti dell’avviso di recupero del credito d’imposta riconosciutogli per gli investimenti nelle aree svantaggiate, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8 ritenendo che la previsione, a pena di decadenza del beneficio, nei confronti di coloro che avevano conseguito il relativo diritto anteriormente all’8 luglio 2002, dell’invio nei termini della comunicazione dei dati per la ricognizione degli investimenti realizzati come prescritto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a), non si pone in contrasto con i principi di irretroattività delle norme tributarie e dell’affidamento posti dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 3 e 10 recante lo statuto del contribuente.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso. Il ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366- bis cod. proc. civ., con il quale l’amministrazione ricorrente censura la sentenza, sotto il profilo della violazione di legge, assumendo che la previsione dell’invio della comunicazione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 62 si porrebbe in contrasto con la L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 2; che essa non sarebbe applicabile ai contribuenti che abbiano già utilizzato il credito, portandolo in compensazione; e che, infine, in tale ipotesi, non potrebbero irrogarsi sanzioni o richiedersi interessi, alla luce della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10.

Questa Corte ha affermato che, “in tema di contributi concessi sotto forma di credito d’imposta dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8 per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, l’inosservanza del termine – inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dal D.L. 12 novembre 2002, n. 253, art. 1, comma 1, lett. a), n. 2, e poi definitivamente fissato al 28 febbraio 2003 dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. e) – entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 devono comunicare all’Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, nonchè quelli ulteriori eventualmente stabiliti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, comporta la decadenza dal beneficio, non assumendo alcun rilievo circostanza che il provvedimento del Direttore sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3, comma 3, (cd. Statuto del contribuente) per le norme che introducono adempimenti tributari, in quanto l’interessato è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del D.L. n. 253 del 2002, ed il predetto termine legale non è comunque superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa” (Cass. n. 19627 del 2009; cfr., inoltre, Cass. n. 3578 e n. 16442 del 2009).

La Corte ha in particolare chiarito che “le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto del contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, nè consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse: in applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva disapplicato la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a) ritenendolo contrastante con la L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 2 (Cass. n. 8254 e n. 19627 del 2009).

Si ritiene pertanto che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1 e art. 380-bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente infondato”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese vanno compensate, essendosi formato l’orientamento giurisprudenziale di riferimento successivamente all’introduzione del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2011

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