Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8555 del 10/04/2010

Cassazione civile sez. III, 10/04/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 10/04/2010), n.8555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, via XX

SETTEMBRE n. 1, presso lo studio dell’avvocato PESCE COSIMO, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

O.L., O.A. e F.G. tutti quali

eredi di O.G. e la prima anche in proprio, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 71, presso lo studio

dell’avvocato LETTIERI MARTA, rappresentati e difesi dall’avvocato

PERTICARARI RENATO, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

contro

CARIGE ASSICURAZIONI SPA in persona del suo legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 58, presso lo studio

dell’avv. LUIGI MEDUGNO, rappresentata e difesa dall’avv. GIANFRANCO

FORMICA, giusta delega in calce alla copia passiva del ricorso

avversario;

– controricorrente –

e contro

TIRRENA ASSICURAZIONI SPA in LCA, B.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 23/2009 della CORTE D’APPELLO di ANCONA del

10.12.08, depositata il 17/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO FINOCCHIARO.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto 31 luglio 1987 B.G. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Macerata, M.A., O.L., O.G., la Compagnia di Assicurazione Tirrena s.p.a. nonchè la Compagnia di Assicurazioni Nord Italia s.p.a. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni tutti subiti in occasione di un sinistro stradale verificatosi il (OMISSIS) in località (OMISSIS), allorchè esso attore, mentre era trasportato sull’autovettura Renault 5 (OMISSIS) di proprietà di O.L., condotta da O.G. e assicurata per la responsabilità civile presso la Tirrena Assicurazioni, detta vettura era entrata in collisione con l’Alfetta Roma (OMISSIS) di proprietà di M.A., da lui condotta e assicurata presso la Assicurazioni Nord Italia s.p.a. che si era immessa nella strada statale, percorsa dalla Renault 5, proveniente dal lato destro, rispetto alla direzione di marcia della Renault.

Costituitisi in giudizio tutti i convenuti O.L. e O. G. hanno eccepito che la responsabilità del sinistro era da attribuire esclusivamente al M., che non aveva rispetto il segnale di precedenza, nell’immettersi sulla statale percorsa dalla Renault, e spiegavano, di conseguenza, domanda, nei confronti del M. e della Compagnia di Assicurazioni Nord Italia per il risarcimento dei danni patiti, facendo presente, altresì, da una parte, che non erano tenuti ex contractu nei confronti dell’attore, trattandosi di trasporto di cortesia dall’altra che, comunque, in caso di loro responsabilità in ordine al sinistro la Assicurazioni Nord Italia s.p.a. era tenuta a rispondere anche oltre i limiti del massimale, stante il tempo trascorso dall’evento lesivo.

Il M. e la Compagnia di Assicurazioni la Tirrena, ancora, per loro conto, hanno negato ogni qualsiasi responsabilità del M. in ordine al verificarsi del sinistro oggetto di controversia, mentre la Nord Italia Assicurazioni assumeva che l’incidente si era verificato per fatto e colpa esclusiva di costui.

Svoltasi la istruttoria del caso, l’adito tribunale con sentenza 3 ottobre 2005 ha dichiarato che il sinistro si era verificato per colpa esclusiva del M. (il quale affrontando l’incrocio con la statale 16 non aveva dato la prescritta precedenza all’auto condotta dall’ O.) con condanna del M. al risarcimento dei danni patiti dall’attore liquidati in Euro 1.003.602,62 (di cui Euro 998.268,01 ai valori monetaria attuali,oltre alla rivalutazione monetaria su Euro 5.335,41 dalla data del sinistro al saldo con gli interessi legali da calcolare sulla somma originaria, rivalutata annualmente, detratti gli importi già riscossi dall’attore a titolo di massimale, rivalutati e maggiorati di interessi legali dalla data dei singoli pagamenti al saldo e ponendo a carico della Compagnia Tirrena di Assicurazioni in liquidazione coatta amministrativa, il pagamento in solido con il M. di rivalutazione e interessi sulla somma costituente il minimo di massimale ai sensi dell’art. 21 della L. n. 990 del 1990.

Gravata tale pronunzia, in via principale dal M. e in via incidentale dal B. la Corte di appello di Ancona, con sentenza 10 dicembre 2008 – 17 gennaio 2009 ha rigettato sia l’appello principale che quello incidentale.

Per la cassazione di tale ultima pronunzia, notificata il 24 febbraio 2009, ha proposto ricorso affidato a due motivi M.A., con atto 25 marzo 2009.

Resistono con distinti controricorso sia O.L., O. A. e F.G. sia la Carige Assicurazioni s.p.a..

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.

In margine a tale ricorso – proposto contro una sentenza pubblicata successivamente al 2 marzo 2006 e, quindi, soggetto alla disciplina del processo di Cassazione così come risultante per effetto dello modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – è stata depositata relazione (ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., perchè il ricorso sia deciso in camera di consiglio.

O.L., O.A. e F.G. hanno presentato memoria, facendo proprie le considerazioni svolte nella relazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., precisa, nella parte motiva:

2. L’avvocato Gianfranco Formica ha sottoscritto per la Carige Assicurazioni il controricorso notificato il 2 maggio 2009 e date successive in virtù di delega in calce alla copia passiva del ricorso avversario.

Tale controricorso pare inammissibile.

In conformità a costante giurisprudenza di questa Corte regolatrice, infatti, deve ribadirsi che deve dichiararsi inammissibile il controricorso (e l’eventuale ricorso incidentale ad esso inerente) quando la procura speciale sia stata rilasciata non in calce al controricorso stesso, bensì in calce alla copia del ricorso notificato dalla controparte, giacchè in tal modo manca la prova certa del rilascio del mandato in epoca anteriore o coeva alla notificazione del controricorso; tale incertezza non è superabile neppure con il mero richiamo fatto nel controricorso alla procura conferita in calce al ricorso notificato, essendo invece necessaria la specifica indicazione di tale procura (tra le tantissime, Cass. 13 marzo 2007, n. 5867; Cass. 28 gennaio 2005, n. 1826).

3. I giudici del merito hanno ritenuto la esclusiva responsabilità di M.A. in ordine al verificarsi del sinistro per cui è controversia per non avere dato la prescritta precedenza all’auto condotta dall’ O. nell’affrontare l’incrocio con la statale n. (OMISSIS).

Nel confermare la sentenza del primo giudice – che ha altresì escluso la applicabilità nel caso concreto dell’art. 2054 c.c., comma 2, – perchè basata sul rapporto della Polizia Stradale intervenuta e pienamente condivisibile, la Corte di appello ha evidenziato.

Sono circostanze pacifiche, in causa:

– che il M. si è immesso nella statale n. (OMISSIS);

– che il M. doveva dare la precedenza all’auto dell’ O. che percorreva la strada statale adriatica da nord a sud nella sua corsia di marcia;

– che nessuno dei due antagonisti si è accorto della presenza dell’altro in quanto mancato tracce di frenata o indizi che una di esse abbia messo in opera una manovra di emergenza.

Deve concludersi, pertanto:

– il M. ha invaso la corsia di spettanza dell’ O. per attraversare la strada;

– il M. ha impattato l’auto dell’ O. nella sua fiancata destra cagionando il sinistro con la sua colposa condotta di guida;

– la velocità dell’ O. è irrilevante in quanto il sinistro si sarebbe comunque verificato in questo il M. era così disattento da non essersi nemmeno accorto che la strada da lui percorsa doveva dare la precedenza alle auto che percorrevano la strada statale;

– la dinamica del sinistro ha reso pressocchè impossibile accertare la esatta velocità dell’ O..

4. Il ricorrente censura la riassunta sentenza denunziando, nell’ordine:

– da un lato, violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per insufficiente e incongrua motivazione della sentenza di appello, formulando al termine, motivo il seguente quesito dica la Corte se l’inversione dell’iter logico giuridico dei fatti determinanti il sinistro in esame opera dal giudice di prime cure e genericamente confermato dal giudice di appello con motivazione assolutamente insufficiente e superficiale ha inficiato la corretta valutazione degli accadimenti, tanto da escludere ogni possibile corresponsabilità dei conducenti coinvolti ad esclusivo danno dell’odierno ricorrente? (primo motivo);

– dall’altro, violazione dell’art. 2054 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e vizio di motivazione in quanto omessa ovvero insufficiente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, formulando, al termine del motivo, il seguente quesito dica la Suprema Corte se alla luce delle risultanze istruttorie vi è stata violazione dell’art. 2054 c.c., non rinvenendosi nelle pronunce di merito una corretta e congrua motivazione in merito al superamento della presunzione di legge e enunci il principio di diritto cui dovrà attenersi nella decisione di merito secondo motivo.

5. Il proposto ricorso pare inammissibile, stante la inammissibilità di entrambi i motivi in cui si articola.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

5.1. Come ricordato sopra sia con il primo motivo, sia con il secondo, seconda parte, il ricorrente ha denunziato la sentenza impugnata sotto il profilo del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (denunziando, da un lato, insufficiente ed incongrua motivazione della sentenza di appello, dall’altro, vizio di motivazione in quanto omessa ovvero insufficiente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Certo quanto sopra si osserva che questa Corte regolatrice – alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto, con decorrenza dal 2 marzo 2006, dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, ma applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 14 luglio 2009 (cfr. L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5) – è fermissima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, allorchè, cioè, il ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.

Ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1^ ottobre 2007, n. 20603).

Al riguardo, ancora è incontroverso che non è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata.

Conclusivamente, non potendosi dubitare che allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (In termini, ad esempio, Cass. 7 aprile 2008, n. 8897; Cass. 13 maggio 2009, n. 11094, in motivazione).

Non controversi, in diritto, i principi di diritto sopra esposti e pacifico che nella specie entrambi i motivi del ricorso, formulati ex art. 360 c.p.c., n. 5, sono totalmente privi di tale indicazione (contenendo quesiti assolutamente generici e privi di qualsiasi riferimento con la fattispecie all’esame e con gli accertamenti compiuti dai giudici del merito), è palese che deve dichiararsene la inammissibilità.

5.2. Con specifico riferimento al secondo motivo e la denunziata – in questo – violazione dell’art. 2054 c.c., lo stesso pare parimenti inammissibile per la assoluta genericità del quesito che – a norma dell’art. 366 bis c.p.c. – lo conclude.

Come noto, infatti:

– la funzione propria del quesito di diritto, da formularsi a pena di inammissibilità del motivo proposto, è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (Cass. 7 aprile 2009, n. 8463);

– contemporaneamente il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie, sì che – di conseguenza – è inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge (Cass. 17 luglio 2008, n. 19769).

Applicando i riferiti principi di diritto al caso di specie è palese la inammissibilità del motivo in esame, per la inidoneità del quesito sopra trascritto, certo essendo che manca in questo qualsiasi riferimento alla fattispecie all’esame dei giudici a quibus è alla regula iuris da costoro adottata.

5.3. Anche a prescindere da quanto precede, comunque, il proposto motivo di ricorso (sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) è inammissibile anche sotto due ulteriori, concorrenti, profili.

5.3.1. secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di incidenti stradali la ricostruzione della loro dinamica, come pure l’accertamento delle condotte dei veicoli coinvolti e della sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e la loro eventuale graduzione, al pari dell’accertamento della esistenza o esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità, qualora il procedimento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico – giuridico, e ciò anche per quanto concerne il punto specifico se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all’art. 2054 c.c. (Tra le tantissime, Cass. 14 luglio 2003, n. 11007; Cass. 10 luglio 2003, n. 10880; Cass. 5 aprile 2003, n. 5375;

Cass. 11 novembre 2002, n. 15809).

Pacifico quanto precede, atteso che il ricorrente, pur assumendo – del tutto apoditticamente – che la sentenza impugnata è pervenuta alla conclusione censurata in violazione dell’art. 2054 c.c., in realtà si limita a opporre alla lettura delle risultanze di causa data dai giudici del merito una propria, soggettiva, e personale, diversa lettura delle stesse risultanze, e dolersi che quei giudici, come anche quello di primo grado, abbiano ritenuto di privilegiare alcune risultanze rispetto a altre, è evidente – anche sotto tale concorrente profilo – la inammissibilità del ricorso.

5.3.2. Il vizio di violazione di legge (nella specie denunciato dalla ricorrente) – infine – consiste nella deduzione di una erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (da cui la funzione di assicurare la uniforme interpretazione della legge assegnata dalla Corte di Cassazione).

Viceversa, la allegazione – come prospettate nella specie da parte del ricorrente – di una erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, è esterna alla esatta interpretazione della norme di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

Lo scrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa della erronea ricognizione della astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, che solo questa ultima censura e non anche la prima è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (in termini, Cass. 5 giugno 2007, n. 13066, nonchè Cass. 20 novembre 2006, n. 24607, specie in motivazione; Cass. 11 agosto 2004, n. 15499, tra le tantissime).

Pacifico quanto segue si osserva che nella specie parte ricorrente pur invocando che i giudici del merito, in tesi, hanno malamente interpretato il precetto contenuto nell’art. 2054 c.c., in realtà, si limita a censurare la interpretazione data, dai giudici del merito, delle risultanze di causa, interpretazione a parere del ricorrente inadeguata, sollecitando, così, contra legem e cercando di superare quelli che sono i limiti del giudizio di Cassazione, un nuovo giudizio di merito su quelle stesse risultanze precluso in questa sede.

3. Ritiene il Collegio di dovere fare proprio quanto esposto nella sopra trascritta relazione, specie tenuto presente che non è stata presenta alcuna replica alla stessa.

Il proposto ricorso, conclusivamente, deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, nonchè il controricorso della Carige Assicurazioni s.p.a.;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate in Euro 200,00 oltre Euro 6.000,00 per onorari e oltre spese generali e accessori come per legge in favore dei controricorrenti O.L., O.A. e F. G..

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2010

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