Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8552 del 14/04/2011
Cassazione civile sez. VI, 14/04/2011, (ud. 09/03/2011, dep. 14/04/2011), n.8552
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
CONFORAMA ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Foro Traiano n. 1, presso
lo studio dell’avv. SATTA Filippo, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avv. Giorgio Roderi;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI CITTADUCALE, in persona del sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in Roma, Via Torino n. 122, presso lo
studio dell’avv. COMEGNA Carmelo, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria
regionale del Lazio, sez. 7^, n. 135, depositata il 22.9.2009.
Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott.
Aurelio Cappabianca;
constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis
c.p.c., comma 3;
udito, per la società ricorrente, l’avv. Anna Romano;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FEDELI Massimo, che ha concluso, in aderenza alla relazione, per il
rigetto del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Premesso:
– che – in controversia in tema di accertamento di tassa smaltimento rifiuti – questa Corte, con sentenza 7750/08, ha riformato decisione della Commissione tributaria regionale del Lazio, già intervenuta in sede di rinvio, rilevando che essa non aveva affrontato le due questioni che le erano state rimesse dalla precedente decisione di legittimità: a) quella della assimilabilità dei rifiuti oggetto dell’accertamento a quelli urbani; b) quella della determinazione della superficie tassabile (sulla quale era stata affermata l’omessa motivazione);
– che, intervenendo nuovamente in sede di rinvio a seguito della riassunzione del Comune, la commissione regionale ha, con la decisione qui impugnata, accolto l’appello del Comune e affermato l’infondatezza del ricorso introduttivo della società contribuente;
che, nel suo nucleo essenziale la decisione è cosi motivata:
“Esaminata la legislazione in materia succedutasi nel tempo e la copiosa documentazione in atti il Collegio perviene alla convinzione che gli avvisi impugnati sono da ritenersi legittimi. Infatti è il contribuente stesso che nell’atto di riassunzione del procedimento riconosce che per la qualità la stragrande maggioranza dei rifiuti prodotti nei suoi Locali sono assimilabili, secondo le disposizioni di legge all’epoca vigenti, a quelli urbani, per i quali il Comune di Cittaducale ha la privativa dello smaltimento, … dalla documentazione in atti risulta che la società solo con una nota del luglio 1995, non protocollata e senza ricevuta di spedizione o ricezione, ha svolto al Comune una generica lagnanza di esosità della tariffa tarsu applicata limitandosi nel prosieguo a comunicare di effettuare a proprie spese lo smaltimento dei rifiuti prodotti senza per altro essere stata a ciò autorizzata. Resta poi il fatto che comunque la società produce, oltre ai rifiuti speciali assimilabili, anche rifiuti solidi urbani in senso stretto per i quali non può esimersi dal pagamento della tassa. Pertanto, dovendo ritenersi rifiuti prodotti assimilabili a quelli solidi urbani, tutta la superficie individuata dal comune deve essere assoggettata alla tarsu. In quanto il comune stesso ha preventivamente provveduto a detrarre dalla superficie complessiva quella dei locali in cui detti rifiuti non vengono prodotti”;
rilevato:
che, avverso tale decisione, la società contribuente propone ricorso per cassazione, in unico complesso motivo, deducendo: “in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: violazione e falsa applicazione artt. 384 e 394 c.p.c.; in relazione all’art. 360, n. 4: violazione del combinato disposto dall’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 35, comma 3; omessa pronunzia in relazione alla domanda e violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato”. – che il Comune ha resistito con controricorso;
osservato:
– che le doglianze della società ricorrente, che sostanzialmente riproducono i motivi del precedente ricorso per cassazione sono generiche e, peraltro, non specificamente correlate alla motivazione della sentenza in questa sede impugnata;
considerato:
– che inoltre – tenuto anche conto del fatto che, in forza della prima decisione di legittimità (Cass. 11171/04), il presente giudizio è vincolato al principio secondo cui il pagamento della tarsu non è in rapporto sinallagmatico con l’effettiva prestazione del servizio, ma presuppone unicamente l’occupazione di locali in zone in cu il servizio è attivato – le doglianze si rivelano del tutto prive di autosufficienza, non fornendo alcuna specifica concreta indicazione idonea a sovvertire la valutazione in fatto in proposito espressa dal giudice a quo (nemmeno censurata sul piano della coerenza);
ritenuto:
– che, pertanto, il ricorso si rivela manifestamente infondato, sicchè va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;
– che, per la soccombenza, la società contribuente va condannata al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte: respinge il ricorso; condanna la società contribuente al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessivi Euro 5.100,00 oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2011