Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8550 del 14/04/2011

Cassazione civile sez. I, 14/04/2011, (ud. 22/03/2011, dep. 14/04/2011), n.8550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13261/2005 proposto da:

SCARONI F.LLI S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 55, presso l’avvocato GRILLO Lucio, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIAMPAOLI BRUNO, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

F.M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.

CHIALA 125/D, presso l’avvocato RICCIARDELLI FEDELMASSIMO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CASUCCI GIOVANNI,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1273/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata l’11/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

22/03/2011 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del primo motivo;

inammissibilità degli altri motivi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La signora F.M.G. stipulò con la S.p.a. Scaroni F.lli un contratto con il quale concedeva l’utilizzazione di materiale da lei fornito per un tempo limitato, a fini di verifiche e rilievi da parte della società utilizzatrice, con obbligo di segretezza e riservatezza, e di restituzione alla scadenza. Essendo insorti contrasti tra le parti, la signora F. instaurò il procedimento arbitrale previsto dalla clausola compromissoria contenuta nel contratto, per far accertare gli inadempimenti della società con le pronunce consequenziali del caso. La società eccepì la nullità o inefficacia della clausola compromissoria, perchè stipulata da persona priva del potere di rappresentarla, e nel merito propose domande riconvenzionale dirette a far dichiarare che essa aveva la titolarità dell’invenzione delle soluzioni tecniche contenute nel materiale fornitole dall’attrice, ad inibire a questa l’utilizzazione, la divulgazione e la proposta a terzi delle medesime soluzioni, e ad accertare la concorrenza sleale della F..

2. Con due lodi, uno parziale del 17 dicembre 2001, e uno definitivo del 10 giugno 2002, il collegio arbitrale respinse l’eccezione di nullità della clausola arbitrale, si dichiarò incompetente a conoscere le domande riconvenzionali, e accolse la domanda attrice.

3. La società impugnò i due lodi davanti alla Corte d’appello di Milano, che respinse l’impugnazione con sentenza 11 maggio 2004.

4. Per la cassazione di questa sentenza, non notificata, la società ricorre con atto notificato in data 16 maggio 2005, per tre motivi.

La signora F. resiste con controricorso notificato in data 22 giugno 2005.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo di ricorso, denunciando la violazione degli artt. 2380 e 2384 c.c., nel testo anteriore alla novella n. 6 del 2003, la società censura il rigetto della sua eccezione di nullità della clausola compromissoria, perchè stipulata da un componente del consiglio di amministrazione, S.I., sprovvisto di potere di rappresentanza. Sostiene a questo riguardo che la corte di merito ha condiviso alcune affermazioni del lodo, circa la confessione giudiziale di S.I. di essere componente del consiglio di amministrazione e di poter sottoscrivere la clausola compromissoria, circa la mancanza di prova del dolo del terzo al quale le limitazioni dei poteri dell’amministratrice non erano opponibili, e circa la ratifica fatta da Scaroni spa con i suoi comportamenti concludenti.

6. Il motivo è inammissibile. Nell’impugnata sentenza si riferisce, a questo proposito, che la società aveva censurato il lodo solo allegando che la F. era ben a conoscenza dei limitati poteri di S.I., e negando valenza di ratifica al comportamento della società; e si motiva il rigetto dell’impugnazione con l’osservazione che le censure mosse erano di merito e non potevano trovare ingresso nel giudizio di nullità del lodo. Esula dunque, dalla motivazione della sentenza impugnata, ogni questione di diritto sui poteri di rappresentanza dei singoli componenti del consiglio di amministrazione di una società per azioni, e ciò rende inammissibile la censura, formulata con diretto riferimento al lodo, di violazione degli artt. 2380 e 2384 c.c.. Quanto alle altre censure, con le quali erroneamente si addebitano alla corte d’appello le affermazioni degli arbitri, manca nel ricorso ogni riferimento all’unico punto decisivo della motivazione dell’impugnata sentenza, costituito dalla natura delle censure mosse al lodo arbitrale.

7. Con il secondo motivo, denunciando la violazione degli artt. 34, 35 e 36 c.p.c., si censura la ritenuta incompetenza arbitrale in ordine alle domande riconvenzionali proposte in causa. Si deduce che in forza delle disposizioni richiamate il giudice della domanda principale è competente in ordine alle questioni pregiudiziali e alle riconvenzionali proposte dalle parti.

8. Con il terzo motivo, connesso con il precedente e da esaminare insieme ad esso, denunciando il vizio di motivazione su un punto decisivo, si censura la stessa affermazione, assumendo che gli accertamenti richiesti con le riconvenzionali circa la paternità delle soluzioni tecniche adottate implicavano la nullità del contratto, perchè costituivano la negazione dei presupposti (paternità di F.) esplicitamente indicati nell’accordo di segretezza come determinante la stipulazione, con la conseguenza che il giudice doveva esaminarli d’ufficio; su questo punto sarebbe mancata ogni motivazione.

9. Le censure in esame sono infondate. Nella sentenza impugnata si afferma che la clausola compromissoria, secondo gli arbitri, era limitata all’accertamento della sussistenza dell’inadempimento delle obbligazioni assunte; che le domande della F. non erano fondate su una pretesa privativa ovvero paternità del trovato, ma solo sulle obbligazioni negoziali, laddove le riconvenzionale della S., muovendo dal presupposto di una privativa industriale, miravano non tanto a paralizzare l’azione ex contractu dell’attrice, ma a far valere nei confronti della stessa le pretese responsabilità ex delicto.

10. Al riguardo si osserva che il potere degli arbitri di decidere ha il suo fondamento non già nella legge, bensì nella volontà delle parti; e che l’affermazione dell’impugnata sentenza circa i limiti della clausola arbitrale, accertati in relazione al titolo delle obbligazioni fatte valere e non ai diritti di privativa, poteva essere censurata con riferimento al contenuto della clausola medesima, ma non ai criteri di determinazione della competenza del giudice ordinario.

11. Peraltro, da quanto si riferisce nello stesso ricorso, non risulta che la società abbia mai dedotto che i suoi diritti di privativa sulle invenzioni comportassero la nullità del contratto e il rigetto delle domande avversarie. Nè si può dedurre la nullità del contratto, nei termini nei quali il contenuto di questo è esposto dalla stessa parte ricorrente, dalla circostanza di fatto, solo successivamente rilevata dalla società, che le soluzioni offerte dalla concedente, sulla base di un titolo di legittimazione che si ignora, sarebbero state oggetto di una privativa dell’utilizzatrice.

12. La motivazione della corte d’appello, che riporta le affermazioni del lodo sul punto che in causa non era stata fatta questione della segretezza del modello in sè, e che la riservatezza ha nella comune accezione un significato che prescinde dall’intrinseca segretezza dell’oggetto, non sono state censurate dalla parte ricorrente, che a torto denuncia il difetto di motivazione sul punto.

14. In conclusione il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società soccombente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte Suprema di Cassazione, il 22 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA