Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8548 del 09/04/2010

Cassazione civile sez. I, 09/04/2010, (ud. 23/02/2010, dep. 09/04/2010), n.8548

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23152/2005 proposto da:

G.G. (c.f. (OMISSIS)), G.F.

(c.f. (OMISSIS)), G.I. (c.f.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.G.

BELLI 27, presso l’avvocato MEREU Giacomo, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato DEL POGGI ANTONIO MARIA, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

PROFIS ITALIA HOLDING S.P.A. (C.F. e P.I. (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro tempore, M.D. (C.F.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZALE

CLODIO 1, presso l’avvocato GAITO Virgilio, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALGANI ALDO, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1749/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23/02/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- G., P. ed G.I. hanno ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti della s.p.a. Profis e di M. D. per il pagamento del residuo prezzo (L. 480.000.000) delle quote corrispondenti all’intero capitale sociale della s.r.l. SIRR. Gli ingiunti hanno proposto opposizione dinanzi al Tribunale di Voghera che con sentenza del 18.3.2002 ha revocato il decreto ingiuntivo perchè nel contratto di cessione delle quote i contraenti avevano dato atto che “nella determinazione del prezzo era stato tenuto conto dei debiti finanziari verso terzi non soci risultanti dalla situazione patrimoniale alla data del (OMISSIS)” e avevano concordato che qualora debiti e crediti fossero risultati non corrispondenti a quelli in detta situazione evidenziati, le parti erano obbligate ad addivenire alla corrispondente revisione del prezzo pattuito, tenuto conto dei relativi oneri fiscali, sulla base di conteggi e conguagli da effettuare entro il 31 gennaio 1998 e, comunque, prima del 28.2.1999.

Il giudice del merito ha accertato, a mezzo di consulenza, che la situazione patrimoniale prodotta dagli opponenti era quella indicata nel contratto di cessione e che vi era un divario tra detta situazione e la situazione reale della s.r.l. SIRR al (OMISSIS), a sfavore degli acquirenti di L. 523.661.591 e perdite eccedenti di L. 579.816.895 il capitale sociale.

La Corte di appello di Milano, con sentenza del 18.6.2004, ha confermato la pronuncia del Tribunale.

Contro la sentenza della Corte territoriale G., P. ed G.I. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resistono con controricorso gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.- Con il primo motivo i ricorrenti deducono che “era pacifica agli atti di causa” la circostanza “che le parti al momento della stipula del contratto di cessione di quote non avevano redatto nessun documento contemplante la situazione patrimoniale della SIRR”.

Pertanto, la Corte di merito “è incorsa in un evidente travisamento dei fatti di causa, che si traduce poi in una violazione di legge, laddove ha ritenuto provata l’esistenza di un tale documento”.

2.1.- All’esame del motivo occorre far precedere il richiamo all’orientamento giurisprudenziale che ha da tempo puntualizzato che la denuncia di un travisamento di fatto, quando non attiene alla motivazione della sentenza impugnata, ma all’inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, non costituisce motivo di ricorso per cassazione, ma di revocazione ai sensi dell’art. 395 cod. proc. civ., n. 4, importando un accertamento di merito non consentito al giudice di legittimità (Cass., 10.3.2006 n. 5251). Invero, la denuncia di travisamento del fatto – che costituisce motivo di revocazione ai sensi dell’art. 395 cod. proc. civ., e non di ricorso per cassazione – è incompatibile con il giudizio di legittimità perchè implica la valutazione di un complesso di circostanze che comportano il rischio di una rivalutazione del fatto non consentita al giudice di legittimità (Cass., 24.5.2006 n. 12362).

Sotto tale profilo la censura è inammissibile; inammissibilità, peraltro, che va evidenziata anche ove si volesse intendere la censura stessa come denuncia di un vizio della motivazione perchè in tal caso se ne dovrebbe rilevare la mancanza di specificità a fronte dell’adeguata giustificazione offerta dalla Corte di merito, la quale ha tratto il convincimento dell'”esistenza di una situazione patrimoniale della s.r.l. SIRR al (OMISSIS)” dalla circostanza che essa “è più volte menzionata in contratto e, proprio con riferimento ad essa, i G. hanno ivi prestato garanzia di conformità ed è stata ivi pattuita quella revisione del prezzo”.

Con congrua e logica motivazione, poi, la Corte del merito ha spiegato che la situazione patrimoniale al (OMISSIS) prodotta in giudizio dagli intimati “è proprio quella indicata nel contratto di cessione delle quote e con riferimento alla quale le parti hanno concordato la variazione del prezzo”, posto che ad essa si fa riferimento in una lettera, di poco successiva alla stipula del contratto, nella quale gli acquirenti hanno chiesto la revisione del prezzo lamentando le difformità tra la situazione patrimoniale predetta e “la situazione reale del patrimonio della s.r.l. SIRR al (OMISSIS)”, senza che i venditori, al ricevimento della missiva o successivamente, avessero contestato “l’esistenza di una situazione patrimoniale al (OMISSIS) redatta anteriormente alla scrittura (OMISSIS) o negato che quella ivi richiamata era difforme da altra in effetti indicata in contratto”.

La censura, dunque, è del tutto aspecifica rispetto alle ragioni esposte nella sentenza impugnata e, comunque, è manifestamente infondata.

3.- Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano il mancato esame delle sopravvenienze attive (per avvenuta estinzione di debiti da parte dei ricorrenti medesimi) poste a fondamento della domanda di pagamento di ulteriori Euro 185.517,86, proposta in appello.

3.1.- Il motivo è inammissibile perchè lamenta la mancata pronuncia su domanda inammissibilmente proposta in appello e sulla quale la Corte territoriale non aveva il dovere di pronunciarsi.

4.- Con l’ultimo motivo i ricorrenti lamentano la mancata ammissione delle prove per testi da essi dedotte in primo grado.

4.1.- La censura è inammissibile per mancanza di autosufficienza oltre ad essere manifestamente infondata sul rilievo che la prova era stata chiesta subordinatamente all’ammissione della prova chiesta da controparte e mai ammessa, così come evidenziato nella sentenza impugnata.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2010

 

 

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