Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8546 del 14/04/2011

Cassazione civile sez. I, 14/04/2011, (ud. 21/02/2011, dep. 14/04/2011), n.8546

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25504/2008 proposto da:

A.G.F. (c.f. (OMISSIS)), in persona

del procuratore generale avv. F.E., domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CUCINOTTA Giuseppe

Carmelo, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA,

depositato il 19/07/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

21/02/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il decreto impugnato, depositato il 19 luglio 2007, la corte d’appello di Reggio Calabria ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento a favore di A.G.F. della somma di Euro 3666,64, oltre interessi legali dal decreto, ed alla rifusione alla ricorrente di un terzo delle spese di lite, con distrazione a favore dell’avv. I., antistatario, compensando nel resto tra le parti le spese.

La Corte territoriale ha rilevato che il processo civile, del cui ritardo si lamentava la ricorrente, era durato in primo grado poco più di sei anni ed otto mesi, dalla notifica della citazione del 10/9/1997 alla decisione del 22/5/2004, e che il giudizio d’appello, proposto con atto notificato il 9/10/2004, dopo la prima udienza del 20/12/2004, era stato rinviato dal 23/1/2006 al 18/2/2008, per la precisazione delle conclusioni, ed era pendente alla data del ricorso ex L. n. 89 del 2001; che, fissata in concreto la durata ragionevole del giudizio, anche alla stregua delle pronunce della CEDU, tenuto conto dei differimenti chiesti dalle parti, in tre anni ed otto mesi per il primo grado, ed in un anno circa per il secondo grado, nella specie, la durata irragionevole del giudizio era da ritenersi in quattro anni ed otto mesi; che la richiesta dei danni patrimoniali era infondata, non essendovi alcuna prova che l’istante avesse subito pregiudizio di carattere patrimoniale come conseguenza diretta ed immediata del mancato rispetto del termine ragionevole di definizione del giudizio; che spettava invece il danno patrimoniale, equitativamente determinato in Euro 1000,00 per anno.

Ricorre per cassazione avverso detta pronuncia l’ A., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso il Ministero.

La ricorrente ha depositato memoria difensiva, ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c., nonchè dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la corte territoriale liquidato il danno non patrimoniale disapplicando i parametri della Corte EDU, di Euro 1000,00 – 2000,00 per anno, senza dare contezza della liquidazione al minimo.

1.2.- Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 2043 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la corte territoriale escluso la configurabilità nel caso del danno patrimoniale, invece evidente, non avendo la ricorrente potuto gestire in questi lunghi nove anni tanto il danaro che le spetta che l’appartamento promessole in vendita.

2.1.- Il primo motivo del ricorso è infondato.

Come più volte affermato da questa Corte, tra le altre, nelle pronunce 17922/2010(nella forma dell’ordinanza), 819/2010 e 21840/2009, ed in questa in particolare, “i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea, che ha fissato un parametro tendenziale di Euro 1.000,00/1.500,00 per anno, non possono essere ignorati dal giudice nazionale, il quale può tuttavia apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda (quali: l’entità della posta in gioco, apprezzata in comparazione con la situazione economico-patrimoniale della parte, che questa ha l’onere di allegare e dedurre; il numero dei tribunali che hanno esaminato il caso in tutta la durata del procedimento…) purchè motivate e non irragionevoli (tra le molte… Cass. n. 6039 del 2009; n. 6898 del 2008); in virtù della più recente giurisprudenza della Corte di Strasburgo, qualora non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale (costituiti appunto, tra gli altri, dal valore della controversia, dalla natura delle medesima, da apprezzare in riferimento alla situazione economico-patrimoniale dell’istante, dalla durata del ritardo, dalle aspettative desumibili anche dalla probabilità di accoglimento della domanda), l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa, alla luce della quantificazioni operate dal giudice nazionale nel caso di lesioni di diritti diversi da quello in esame, la quantificazione deve essere, di regola, non inferiore ad euro 750,00 per anno di ritardo, in virtù degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009, i cui principi vanno qui confermati, con la precisazione che tale parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo aversi riguardo, per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00, per anno di ritardo, dato che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno”.

Alla stregua di detto orientamento, è di palese evidenza l’infondatezza del motivo, essendo stato riconosciuto indennizzo in linea con i parametri indicati dalla CEDU e da questa Corte.

1.2.- E’ infondato anche il secondo motivo, atteso che non è configurabile il nesso di causalità tra il danno patrimoniale fatto valere e la durata irragionevole del giudizio, essendo invece detto danno attribuibile alla condotta della controparte nel giudizio, come tale suscettibile di essere fatto valere nel giudizio stesso. Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rifondere all’Amministrazione le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2011

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