Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8543 del 09/04/2010

Cassazione civile sez. I, 09/04/2010, (ud. 15/01/2010, dep. 09/04/2010), n.8543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

O.R. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, V. GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso l’avvocato DE PAOLA

GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del

Ministro pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato il

07/08/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

15/01/2010 dal Presidente Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato GABRIELE DE PAOLA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il p.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto depositato in data 7.8.2007 la Corte d’Appello di Firenze – pronunciando sulla domanda di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 proposta da O.R. nei confronti della Presidenza del Consiglio in relazione al giudizio promosso con ricorso depositato il 11.1.1996 avanti al TAR della Toscana al fine di ottenere il computo dell’indennita’ relativa a due ore di lavoro straordinario nell’indennita’ di buonuscita nonche’ il ricalcolo del rateo della 13 mensilita’ e deciso con sentenza del 19.5.2003 – riteneva che la durata del procedimento, protrattosi per anni sette, fosse ragionevole nella misura di anni tre e determinava in anni quattro la durata non ragionevole, liquidando a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale la somma di Euro 2.000,00 tenuto conto del valore economicamente modesto della pretesa fatta valere nel giudizio presupposto.

Avverso detto decreto O.R. propone ricorso per Cassazione notificato alla Presidenza del Consiglio ed al Ministero dell’Economia e delle Finanze, deducendo due motivi di censura.

Resistono con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Pregiudizialmente deve essere dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze nonche’ del relativo controricorso, fermi restando sia il ricorso che il controricorso riguardanti la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Non puo’ trovare applicazione infatti la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1224, che, modificando la previsione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 3, ha attribuito al Ministero dell’Economia e delle Finanze la legittimazione nelle cause per equa riparazione relative a giudizi presupposti diversi da quelli promossi avanti al giudice ordinario ed al giudice militare, avendo la norma transitoria di cui al successivo comma 1225 previsto espressamente la sua applicazione ai procedimenti iniziati dopo l’entrata in vigore di detta legge ed essendo stato il ricorso introduttivo di cui al procedimento in esame proposto nel 2003 e riassunto, dopo la decisione sulla competenza territoriale, nel 2006.

Conseguentemente rimane ferma la legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio, mentre va esclusa quella del Ministero dell’Economia e delle Finanze con compensazione delle relative spese.

Con il primo motivo di ricorso O.R. denuncia violazione dell’art. 6 par. 1 della C.E.D.U. nonche’ della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 e dell’art. 36 Cost.. Lamenta che la Corte d’Appello, dopo aver individuato nell’importo di Euro 1.000,00 la misura media per ogni anno di durata non ragionevole, abbia ridotto l’indennizzo del 50%, senza considerare che secondo i parametri fissati dalla Corte europea l’indennizzo debba essere determinato in una somma oscillante da Euro 1.000,00 ad Euro 1.500,00.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia difetto di motivazione, lamentando che la Corte d’Appello abbia operato la riduzione del 50% sulla base di considerazioni teoriche senza alcun riferimento concreto al giudizio presupposto e senza tener conto che trattavasi di una richiesta di computo dell’indennita’ di lavoro straordinario e del ricalcolo della 13 mensilita’ costituenti una posta retributiva rilevante.

Gli esposti motivi di ricorso sono fondati nei limiti che qui di seguito saranno precisati.

Quanto alla censura con cui si contesta l’entita’ dell’indennizzo riguardante il danno non patrimoniale, si rileva che la Corte d’Appello, liquidando la somma complessiva di Euro 2.000,00, pari ad Euro 500,00 per ogni anno di durata non ragionevole complessivamente determinata in anni quattro, non si e’ adeguata ai parametri fissati dalla Corte europea e recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte la quale ha chiarito come una tale valutazione non possa prescindere, in considerazione del rinvio operato dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, dall’interpretazione della Corte di Strasburgo e debba pertanto uniformarsi, per quanto possibile, alla liquidazione effettuata in casi simili dal giudice europeo, sia pure con possibilita’ di apportare, purche’ in misura ragionevole, le deroghe suggerite dalla singola vicenda. Dalle decisioni adottate a carico dell’Italia (vedi in particolare la pronuncia sul ricorso n. 62361/01 proposto da R.P. e sul ricorso n. 64897/01 proposto da Z.) risulta infatti che la Corte europea ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 il parametro medio annuo per la quantificazione dell’indennizzo, salvo, ripetesi, la possibilita’ di oscillazioni in piu’ od in meno in relazione alla particolarita’ della fattispecie ed all’indubbia progressivita’ dello stato d’ansia correlata alla maggiore o minore durata del procedimento.

Orbene, nel caso in esame, esclusa la congruita’ dell’indennizzo liquidato dalla Corte d’Appello per il notevole divario rispetto ai richiamati parametri europei e considerato che ricorrono le condizioni per una decisione nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, si ritiene, in considerazione del modesto valore del giudizio presupposto cui ha fatto riferimento il decreto impugnato, di determinare l’indennizzo complessivamente in Euro 3.250,00, pari ad Euro 750,00 per i primi tre anni ed in Euro 1.000,00 per il restante periodo di anni uno, non potendosi negare, come si e’ gia’ sottolineato, che lo stato d’ansia aumenti con l’ulteriore protrarsi del procedimento e che debba quindi riconoscersi un importo maggiore dopo un certo periodo.

Quanto al secondo motivo, privo del tutto del richiesto quesito di diritto, il ricorrente contesta l’assunto circa la modesta entita’ di un tale valore, sostenendo che il giudizio presupposto riguardava l’indennita’ per lavoro straordinario ed il ricalcolo della tredicesima. Ma una tale deduzione e’, oltre tutto, del tutto generica e manca pertanto della necessaria decisivita’, non essendo precisato il numero annuo di ore di straordinarie per le quali era stata chiesta l’indennita’ ne’ essendo stata fornita alcuna indicazione sul valore della domanda relativa al ricalcolo della tredicesima.

L’impugnato decreto deve essere pertanto cassato in relazione alle censure accolte.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, compensandole per meta’ a favore del ricorrente relativamente al giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibili il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il relativo controricorso, compensando le relative spese.

Accoglie il ricorso proposto nei confronti della Presidenza del Consiglio nei limiti di cui in motivazione. Cassa il decreto impugnato in relazione alle censure accolte e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento di Euro 3.250,00 oltre agli interessi dalla domanda a favore del ricorrente. Condanna inoltre la Presidenza del Consiglio al pagamento delle spese processuali che liquida, quanto al giudizio di merito, in Euro 378,00 per diritti, in Euro 700,00 per onorario ed in Euro 100,00 per spese oltre accessori di legge e, nella misura del 50% quanto al giudizio di legittimita’, in Euro 400,00 per onorario ed in Euro 50,00 per spese oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2010

 

 

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