Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8541 del 06/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/05/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 06/05/2020), n.8541

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21453/2018 R.G. proposto da:

I.G., in giudizio di persona ex art. 86 c.p.c.,

elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della Corte di

cassazione;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, C.F. 13756881002, in persona del

Presidente pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 10950/02/2017 della Commissione tributaria

regionale della CAMPANIA, Sezione distaccata di SALERNO, depositata

il 22/12/20

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/01/2020 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

FATTO e DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Campania, Sezione staccata di Salerno, nel giudizio di impugnazione di una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo formale della dichiarazione relativa all’anno di imposta 2011, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, recante l’iscrizione a ruolo delle imposte autoliquidate dal contribuente per IRPEF, IVA ed IRAP ma non interamente versate, accoglieva l’appello proposto dall’avv. Iodice avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, limitatamente all’imposta IRAP, sostenendo, per quanto ancora qui di interesse, che non necessitava la previa notifica al contribuente della comunicazione di irregolarità di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, e che la cartella era stata notificata tempestivamente, entro il terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, come previsto dalla L. n. 156 del 2005, art. 25.

Avverso tale statuizione il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, il secondo dei quali articolato in due censure, cui ha replicato con controricorso la sola Agenzia delle entrate. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2, u.p.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di diverse disposizioni di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, L. 212 del 2000, L. 241 del 1990, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, comma 3, L. n. 462 del 1997, art. 2, comma 2, in relazione alla L. n. 212 del 2000, artt. 5 e 6) censurando la sentenza di appello per avere erroneamente escluso l’obbligo in capo all’amministrazione finanziaria del previo invio della comunicazione di irregolarità di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5.

La censura è infondata e va rigettata.

Invero, quello dell’obbligo di invio della comunicazione di irregolarità della dichiarazione presentata dal contribuente, di cui all’art. 6, comma 5, dello Statuto dei diritti del contribuente (L. n. 212 del 2000) è stata affermata dalla CTR con specifico riferimento alla situazione di fatto che, secondo quanto risultante dalla narrativa della sentenza impugnata (pag. 2), ma anche dalle stesse deduzioni delle parti (v. pag. 2 del ricorso e del controricorso), è pacificamente circoscritta all’omesso e ritardato pagamento delle imposte autoliquidate dal predetto contribuente con la dichiarazione per l’anno 2011.

E’ quindi evidente che nel caso di specie, vertendosi in ipotesi di omesso e ritardato versamento di imposte dichiarate dallo stesso contribuente e non essendovi stata alcuna rettifica delle stesse, l’Amministrazione finanziaria, diversamente da quanto sostenuto nel mezzo di cassazione in esame, non aveva alcun obbligo di far precedere la notifica della cartella di pagamento dall’invio della comunicazione di irregolarità, “essendo perfettamente inutile comunicare al dichiarante i risultati del controllo automatico e interloquire con lui, se questi coincidono col dichiarato, ossia se non emerga alcun errore” (cfr. Cass. n. 17396 del 2010; conf. n. 3154 del 2015); la disposizione censurata, infatti, così come interpretata dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., ord. n. 7536 del 2011, sent. n. 795 del 2011, n. 8342 del 2012, n. 459 del 2014, n. 12023 del 2015, n. 15740 del 2016) impone l’obbligo del preventivo contraddittorio con il contribuente soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione; situazione, quest’ultima, che non ricorre (o comunque non necessariamente ricorre) nel caso soggetto alle ripetute disposizioni, che suppongono un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo”, come è nella fattispecie; è, peraltro, agevole affermare che, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione – come invece sostiene il ricorrente -, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso (in termini, Cass. n. 4024 e 8342 del 2012; n. 459 del 2014).

Più recentemente questa Corte (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 1711 del 24/01/2018, Rv. 646922 – 01) ha affermato il principio secondo cui “L’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, comma 3, non richiede di regola la preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che la procedura di liquidazione automatizzata non si limiti a rilevare meri errori materiali e richieda rettifiche preventive dei dati contenuti nella dichiarazione, nel qual caso la sua omissione, a seconda che sussistano o meno incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, può costituire mera irregolarità, non incidente sulla validità della cartella di pagamento, oppure può comportarne la nullità L. n. 212 del 2000, ex art. 6, comma 5”.

Orbene, nel caso di specie la cartella di pagamento impugnata era stata emessa solo ed esclusivamente per il recupero di omessi o carenti versamenti delle imposte dichiarate dallo stesso contribuente anche ai fini IRAP, sicchè è irrilevante che nel giudizio di impugnazione sia stata poi accertata la non debenza di tale ultima imposta.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 156 e 161 c.p.c., nonchè dell’art. 111 Cost., sostenendo, da un lato, il decorso del termine di notifica della cartella di pagamento impugnata in quanto relativa ad iscrizione a ruolo effettuata nel 2015 e, quindi, oltre “l’anno successivo a quello per cui il tributo è dovuto” (anno 2011) e, dall’altro, che la CTR avrebbe affermato, con motivazione apparente, “la “pacificità” (…) della regolarità della cartella” (ricorso, pag. 11).

Il primo profilo di censura è infondato alla stregua del disposto di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 1, lett. a), ratione temporis vigente (come modificato dal D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 5-ter, convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, recante: “Disposizioni urgenti in materia di entrate”) che prevede che “Il concessionario notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre: a) del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è presentata, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis (…)”.

Anche il secondo profilo di censura è palesemente infondato in quanto la CTR esprime una chiara ratio decidendi, peraltro in conformità alla sopra citata disposizione, precisandosi altresì che nella specie non si fa questione della regolarità della notifica della cartella impugnata.

Il terzo motivo di ricorso, con cui è dedotta la violazione e falsa applicazione di diverse disposizioni di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, L. 212 del 2000, art. 7, L. 241 del 1990, artt. 112 e 480 c.p.c., art. 111 Cost. e art. 1283 c.c.), è incentrato sul contenuto della cartella di pagamento.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza (come postulato dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, e nel rispetto delle “raccomandazioni” di cui al Protocollo d’intesa tra questa Corte ed il CFN del 17/12/2015), avendo il ricorrente omesso di riprodurre nel ricorso il contenuto dell’atto impugnato e, comunque, di allegarlo allo stesso.

In estrema sintesi il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente, rimasto soccombente, al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate costituita in giudizio, delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo, nulla dovendosi disporre nei confronti dell’Agenzia delle entrate – Riscossione rimasta intimata.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a

norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2020

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