Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8535 del 09/04/2010

Cassazione civile sez. I, 09/04/2010, (ud. 15/01/2010, dep. 09/04/2010), n.8535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.T. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso l’avvocato FRISANI PIETRO, che

la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositato il

23/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

15/01/2010 dal Consigliere Dott. BERNABAI Renato;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato P. FRISANI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto emesso il 23 gennaio 2008 la Corte d’appello di Genova condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore della signora P.T. della somma Euro 10.750,00 a titolo di equa riparazione, ex art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, del danno non patrimoniale da violazione, per anni ventuno e mesi sei, del termine ragionevole triennale del processo da lei promosso dinanzi alla Corte dei conti (inizialmente, sezione giurisdizionale della Corte dei conti di Roma, e poi, con translatio iudicii, dinanzi alla sezione della regione Liguria territorialmente competente a seguito della riforma 14 gennaio 1994 n. 19) per ottenere il trattamento pensionistico di guerra negato al di lei defunto marito, sig. B.P., in relazione a una patologia cardiaca, ritenuta non dipendente da causa di servizio: processo, definito in primo grado con sentenza di rigetto in data 24 maggio 2006.

Avverso il provvedimento notificato l’11 febbraio 2008 proponeva ricorso per Cassazione la signora P. con atto notificato il 14 aprile 2008, deducendo la violazione di legge nella liquidazione troppo riduttiva dell’indennizzo in Euro 500,00 per ogni anno di ritardo, valorizzando l’omissione di istanze sollecitatorie che nessun rilievo avevano nell’accertamento del danno non patrimoniale da patema d’animo e ansia per la pendenza prolungata del giudizio.

All’udienza del 15 gennaio 2010 il Procuratore generale ed il difensore della ricorrente precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso e’ fondato nei limiti di cui appresso.

Questa Corte ha piu’ volte precisato (Cass, sez. 1, 1 Marzo 2007, n. 4845; Cass. sez. un. 26 Gennaio 2004, n. 1340; Cass. 23 Aprile 2005, n. 8568) che, ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’ambito della valutazione equitativa, affidato al giudice del merito, e’ segnato dal rispetto della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, per come essa vive nelle decisioni, da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo, di casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale; di tal che e’ configurabile, in capo al giudice del merito, un obbligo di tener conto dei criteri di determinazione della riparazione applicati dalla Corte Europea, pur conservando egli un margine di valutazione che gli consente di discostarsi, in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate da quella Corte in casi simili. Tale regola di conformazione, inerendo ai rapporti tra la citata legge e la Convenzione ed essendo espressione dell’obbligo della giurisdizione nazionale di interpretare ed applicare il diritto interno, per quanto possibile, conformemente alla Convenzione e alla giurisprudenza di Strasburgo, ha natura giuridica: onde, il suo mancato rispetto da parte del giudice del merito concretizza il vizio di violazione di legge, denunziabile dinanzi alla Corte di Cassazione. Pertanto, poiche’ la Corte Europea (con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 Novembre 2004) ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per anno la base di partenza per la quantificazione di tale indennizzo, si deve ritenere illegittima una liquidazione nella misura di Euro 500,00 per ogni anno di ritardo.

Il suddetto parametro ordinario puo’ subire, peraltro, una riduzione contenuta quando, come nella specie, la posta in giuoco sia particolarmente modesta ed il ritardo non superiore al triennio.

Alla luce di tali principi, il decreto impugnato deve essere quindi cassato in parte qua. In carenza della necessita’ di ulteriori accertamenti di fatto, si puo’ decidere, sul punto, la causa nel merito e liquidare l’indennizzo dovuto in complessivi Euro 20.750,00 con gli interessi legali dalla domanda. In questo caso, appare infatti giustificato, in forza dei criteri suesposti, il minor indennizzo annuo di Euro 750,00 per il primo triennio e di Euro 1.000,00 per gli ulteriori anni di ritardo, tenuto conto del progressivo intensificarsi del patema d’animo, secondo l’id quod plerumque accidit, col trascorrere del tempo di pendenza del processo.

Le spese dei due gradi di giudizio seguono a soccombenza e vengono liquidate sulla base del valore ritenuto in sentenza del numero complessita’ delle questioni svolte.

P.Q.M.

– condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore della signora P.T. della somma di Euro 20.750,00 con gli interessi legali della domanda;

– condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze alla rifusione delle spese del primo grado di giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.140,00, di cui Euro 600,00 per diritti ed Euro 490,00 per onorari; nonche’ delle spese di giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 965,00, di cui e’ 865,00,00 per onorari; oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2010

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