Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8534 del 31/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 31/03/2017, (ud. 21/02/2017, dep.31/03/2017),  n. 8534

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24627-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 58,

presso lo studio dell’avvocato BRUNO COSSU, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SAVINA BOMBOI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 596/22/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di TORINO, depositata il 17/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/02/2017 dal Consigliere Dott. CONTI ROBERTO

GIOVANNI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che l’Agenzia delle entrate riprendeva a tassazione nei confronti del contribuente M.R. le ritenute IRPFF dovute per legge sulla retribuzione non versate dal datore di lavoro;

Rilevato che il contribuente impugnava l’accertamento innanzi al giudice di primo grado che annullava l’atto con sentenza confermata dalla CTR del Piemonte (sent. n. 596/22/14, depositata il 17.4.2014);

Rilevato che l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, al quale ha resistito la parte contribuente con controricorso;

Rilevato che il procedimento può essere definito con motivazione semplificata;

Considerato che con il primo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 64, e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 35; Considerato che con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c.;

Considerato che la parte contribuente ha dedotto l’inammissibilità del secondo motivo in relazione all’intervenuto giudicato interno e l’infondatezza del primo motivo;

Considerato che il primo motivo è fondato alla luce dei principi affermati da questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 23121 del 2013) secondo cui “a prescindere se la ritenuta sia prevista a titolo di imposta o a titolo di acconto, il fatto che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 64, comma 1, definisca il sostituto d’imposta come colui che “in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri… ed anche a titolo di acconto” non toglie che, in ogni caso, anche il sostituito debba ritenersi già originariamente (e non solo in fase di riscossione, come espressamente ribadito dal citato art. 35) obbligato solidale al pagamento dell’imposta: soggetto perciò egli stesso all’accertamento ed a tutti i conseguenti oneri. Fermo restando, ovviamente, il diritto di regresso verso il sostituto che, dopo avere eseguito la ritenuta, non l’abbia versata all’erario, esponendolo così all’azione del fisco (Cass. 14033/2006; 24962/2010; 19580/2014; Cass. n. 8653/2011, Cass. n. 24962/2010, Cass. n. 23121/2013, Cass. n. 19580/2014, Cass. n. 24611/2014 e Cass. n. 9933/2015); Considerato che a tale principio non si è uniformata la CTR avendo il giudice di appello, nella sostanza, disapplicato il contenuto dell’art. 64 cit. sull’errato presupposto che il sostituito, in forza di tale obbligazione solidale, sarebbe tenuto ad una doppia imposizione;

Considerato che tale prospettiva risulta erronea proprio in relazione al diritto del sostituito di agire nei confronti del sostituto, senza che possa giocare alcun valore il richiamato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 22, relativo al rapporto fisiologico fra contribuente e fisco quanto alla scomputo degli acconti e non alla questione della rivalsa del sostituito sul sostituto inadempiente;

Sulla base di tali considerazioni la censura è fondata;

Considerato che il secondo motivo è inammissibile, risultando la circostanza che il contribuente avesse ricevuto salari con ritenute alla fonte operate dalla datrice di lavoro e non versate all’Erario ormai coperta da giudicato interno, come dedotto dalla controricorrente a pag. 7 del controricorso;

Considerato che la sentenza impugnata, in accoglimento del primo motivo, inammissibile il secondo, va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Piemonte per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Accoglie il primo motivo, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR del Piemonte per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sesta sezione civile, il 21 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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