Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8530 del 06/05/2020

Cassazione civile sez. III, 06/05/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 06/05/2020), n.8530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20064/2018 proposto da:

S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO

REDI 5, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA MARIA LORUSSO,

rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA PEPE;

– ricorrente –

contro

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

OSVALDO RASCAZZO;

– controricorrente –

e contro

G.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1969/2017 del TRIBUNALE di BRINDISI,

depositata il 15/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/02/2020 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato LABELLA in sostituzione

dell’avvocato PEPE per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Per l’investimento della propria vettura da parte di quella di proprietà di G.P. ed assicurata per la r.c.a. dalla Cattolica ass.ni spa, avvenuto il (OMISSIS) sulla (OMISSIS) tra (OMISSIS), S.N. agì dapprima, con atto di citazione a comparire davanti al giudice di pace di quest’ultima località notificato addì 11/04/2012 e seguito da sentenza del 05/03/2013 di condanna, per conseguire da costoro la condanna al risarcimento dei danni materiali, per poi, con successivo atto di citazione notificato il 13/02/2013 a comparire davanti al medesimo giudice, citarli per conseguirne condanna al separato risarcimento di quelli alla propria persona.

2. L’assicuratrice, costituitasi a mezzo della rappresentante Unipol spa, protestò per l’avvenuto frazionamento del credito e contestò ad ogni buon conto il nesso causale tra i danni esposti ed il sinistro, come pure l’entità dei primi; ma il giudice di pace accolse la domanda per Euro 6.072 per danni alla persona, con condanna dei soccombenti pure alle spese: e tale sentenza, n. 416/13, fu gravata di appello dall’assicuratrice, nelle more incorporata nella UnipolSAI ass.ni spa.

3. Il Tribunale di Brindisi accolse il gravame e rilevò come preminente la finalità dilatoria della strategia difensiva e consumata la violazione del divieto di frazionamento della tutela giudiziaria, riferita all’azione risarcitoria, in ossequio ai doveri di buona fede e correttezza processuale derivanti dall’introduzione nell’art. 111 Cost., del principio del giusto processo, richiamando Cass. Sez. U. n. 23726 del 2007 e la giurisprudenza di legittimità successiva.

4. Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 15/12/2017 col n. 1969, ricorre, con atto articolato su due motivi e notificato tra il 15 ed il 19/06/2018, illustrato da memoria per l’adunanza camerale del 19/09/2019; notifica dal 20/07/2018 controricorso la UnipolSAI ass.ni spa, mentre G.P. non espleta attività difensiva in questa sede; e, in esito ad ordinanza interlocutoria 04/10/2019, n. 24909, la causa è stata chiamata alla discussione per la pubblica udienza del 04/02/2020, per la quale il ricorrente e la controricorrente depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Come evidenziato nella già richiamata ordinanza interlocutoria n. 24909/19, il ricorrente lamenta: col primo motivo, la “violazione degli artt. 31,40,104 e 34 c.p.c.”, invocando la rilettura del divieto di frazionamento del credito alla luce di Cass. Sez. U. 4090/17, che, a suo dire, avrebbe escluso, in difetto di previsioni normative, la sanzione di irriproponibilità di domande frazionate; col secondo motivo, la “violazione dell’art. 100 c.p.c.”, sostenendo la sussistenza di un oggettivo interesse a base del frazionamento, per la derivante maggiore celerità di definizione, dovuta all’immediata proponibilità della domanda per danni materiali ed al più snello iter procedimentale dinanzi al giudice di pace adito.

2. I due motivi, congiuntamente esaminati per la loro intima connessione, sono infondati, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte e, in particolare, proprio dei principi messi a fuoco, da ultimo, da Cass. Sez. U. 16/02/2017, n. 4090: la quale ha concluso l’ampia disamina della fattispecie al suo esame premettendo che questa si riferiva ad un rapporto di durata ed in linea generale statuendo che “le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benchè relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata”.

3. Non sussistono valide ragioni per discostarsi da tali conclusioni e deve allora bastare un integrale rinvio alla relativa motivazione, sicchè la tesi del ricorrente è infondata alla stregua dell’esclusione, come in concreto avutasi ad opera della qui gravata sentenza, di un interesse oggettivamente valutabile in capo a lui.

4. In particolare, il giudice del merito ha rilevato come il leso fosse stato in grado – guarito del tutto già nel centottantesimo giorno dal sinistro – di formulare una unitaria messa in mora anche per i danni fisici in tempo di gran lunga anteriore all’instaurazione del giudizio per i soli danni materiali e, quindi, di strutturare fin da detta instaurazione la domanda risarcitoria per tutte le componenti di danno (patrimoniali alla vettura e non patrimoniali per le lesioni personali patite) in modo non frazionato.

5. Anche a non volere verificare l’idoneità delle censure in concreto qui mosse a tale specifica ratio decidendi, questa basta a comportare l’applicazione del principio di diritto elaborato dalle Sezioni Unite di questa Corte e ad escludere l’ammissibilità della domanda introdotta per seconda.

6. La conclusione è analoga a quelle raggiunte, in tema proprio di azioni risarcitorie, da questa Corte in diverse occasioni, come quelle esaminate già da Cass. 25/05/2018, n. 13061, ovvero da Cass. ord. 28/06/2018, n. 17019, ovvero ancora da Cass. ord. 29/01/2019, n. 2330 (pure richiamata in memoria): quest’ultima, per la verità, ha accolto il ricorso, ma perchè il giudice del merito non aveva valutato, a dispetto della rituale sottoposizione della questione ad opera della parte e quindi in determinante differenza da quanto accaduto nella specie (in cui la questione era stata dedotta dalla convenuta fin dal primo grado e la valutazione della cui fondatezza è stata a base dell’accoglimento dell’appello), la specifica connotazione dell’interesse oggettivamente valutabile a giustificazione del frazionamento.

7. La carenza in concreto di un tale interesse oggettivamente valutabile esclude che possa giovare al ricorrente l’ammissibilità, pure riconosciuta in tesi dalla richiamata più recente delle due pronunce delle Sezioni Unite (ad integrazione, ma pur sempre limitato ai rapporti di durata quali quelli di lavoro, della categorica Cass. Sez. U. 15/11/2007, n. 23726, archetipo delle pronunce in tema di divieto di azionamento frazionato del credito), del frazionamento quando per alcuni dei crediti – pure riferibili ad un unitario ma complesso rapporto – sia possibile ricorrere, per le caratteristiche peculiari ed intrinseche del credito stesso, a procedure di maggiore speditezza.

8. Già il richiamo alla tutela processuale differenziata è operato da Cass. Sez. U. n. 4090/17 con chiaro riferimento alle caratteristiche peculiari ed intrinseche del credito stesso e quindi esula da tanto, già di per sè, il criterio del valore delle singole componenti del credito: il quale ultimo, per la sua natura di credito risarcitorio, rimane, sia pure nelle sue distinte componenti patrimoniale e non patrimoniale, pur sempre unitario (Cass. Sez. U. 11/11/2008, n. 26972), avendo ad oggetto il ristoro o il risarcimento del danneggiato dall’insieme o coacervo dei danni-conseguenza e quindi del complessivo pregiudizio a lui derivante dal fatto illecito altrui, inteso a sua volta come unitario danno-evento idoneo a cagionare la sequenza differenziata dei primi.

9. In definitiva, il danneggiato, a fronte di un unico fatto illecito, lesivo di cose e persone, non può frazionare la tutela giudiziaria, agendo separatamente innanzi a giudici diversi – se del caso in ragione delle rispettive competenze per valore – e neppure mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento, poichè tanto integra una condotta che aggrava senza motivo la posizione del danneggiante-debitore (Cass. 21/10/2015, n. 21318; Cass. ord. 04/11/2011, n. 22503; Cass. ord. 04/11/2016, n. 22503; Cass. ord. 28/06/2018, n. 17019; Cass. 29/01/2019, n. 2330); ed integrando la non necessaria proliferazione delle azioni giudiziarie contro il debitore un illecito deontologico per l’avvocato (Cass. 30/04/2014, n. 9488; Cass. Sez. U. 17/01/2017, n. 961).

10. Ed è pure evidente come le conseguenze dell’unitario danno-evento, quale fatto costitutivo comune a tutti i diritti risarcitori per i rispettivi danni-conseguenza, siano inscrivibili, per l’intuitiva necessaria unitarietà degli accertamenti in fatto presupposti, nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato, così da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una ingiustificata moltiplicazione di attività istruttoria ed a rischio della conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale: ciò che fonda la conclusione dell’inammissibilità, per difetto di interesse ai sensi dell’art. 100 c.p.c., inteso nello specifico senso di agire in via frazionata, della domanda proposta per seconda e di ogni altra successiva.

11. Del resto, la sola maggiore speditezza di trattazione della relativa controversia non può, di per sè sola e quindi in difetto di altre circostanze tali da fondare quell’interesse oggettivamente valutabile di cui è menzione nella richiamata Cass. Sez. U. 4090/17, giustificare l’aggravio complessivo di oneri, non solo patrimoniali, dovuto alla moltiplicazione delle iniziative giudiziarie.

12. Se non altro in applicazione dei doveri generali minimi indefettibili di solidarietà sociale imposti a chiunque, quale clausola generale, dall’art. 2 Cost., la ponderazione comparativa dei maggiori vantaggi, eventualmente o in tesi ricavabili da un creditore dall’atomizzazione delle sue pretese in termini di sola abbreviazione dei tempi, con gli svantaggi concretantisi nei sicuri maggiori costi e negli oneri certamente più ingenti, non solo patrimoniali e soprattutto non esclusivamente della sua sola controparte, ma anche dell’apparato giudiziario, afflitto da cronica limitatezza di risorse e dall’esigenza imperiosa della razionalità del loro impiego, deve vedere soccombenti i primi.

13. Ed anche il vantaggio di agire in tempi più rapidi per una delle componenti del credito in ragione del regime dei relativi presupposti processuali non giustifica – di per sè solo e soprattutto quando sia, come nella fattispecie, obiettivamente modesto od inserito in un contesto di complessiva condotta di attesa proprio dell’avente diritto, che nessuna altra specifica ragione abbia allegato al riguardo – tale frazionamento, se lo sviluppo dei tempi non arreca al danneggiato un vantaggio – o non gli esclude un detrimento – apprezzabile.

14. Il ricorso va pertanto rigettato, in applicazione del seguente principio di diritto: “anche dopo il riconoscimento, a determinate condizioni, dell’ammissibilità di un frazionamento di crediti afferenti ad un unitario rapporto di durata, il danneggiato, a fronte di un unitario fatto illecito lesivo di cose e persone, non può frazionare la tutela giudiziaria, agendo in tempi separati e distinti per il risarcimento dei danni patrimoniali e di quelli non patrimoniali, poichè tanto integra una condotta che aggrava la posizione del danneggiante-debitore e causa ingiustificato aggravio del sistema giudiziario; nè integra un interesse oggettivamente valutabile, idoneo a giustificare quel frazionamento e di per sè sola considerata, la prospettata maggiore speditezza del procedimento dinanzi ad uno anzichè ad altro dei giudici aditi in ragione della competenza per valore sulle domande risultanti dal frazionamento, dinanzi all’aggravio di costi ed oneri della controparte e a detrimento della funzionalità del sistema giudiziario; mentre l’imposizione di presupposti processuali più gravosi per le azioni per una delle componenti del danno non giustifica, di per sè sola e soprattutto in caso di intervalli temporali modesti, l’attivazione separata della tutela giudiziaria”.

15. Infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate in Euro 2.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2020

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