Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8520 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. III, 25/03/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 25/03/2021), n.8520

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 31260/19 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC del

proprio difensore (avvgianola.pec.giuffre.it), difeso dall’avvocato

Enrica Gianola Bazzini, in virtù di procura speciale apposta in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna 12.3.2019 n.

834;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 6

ottobre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.A., cittadino pakistano, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese poichè, essendo stato ingiustamente accusato di atti di terrorismo, temeva di essere per questa ragione arrestato e sottoposto a tortura o trattamenti degradanti da parte della polizia. Aggiunse che nel proprio paese, funestato dal terrorismo, le forze di polizia per contrastare tale fenomeno ricorrevano ad atti gravemente lesivi dei diritti umani inviolabili, quali torture e rapimenti.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento A.A. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Bologna, che la rigettò con ordinanza 24.8.2017.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Bologna con sentenza 12.3.2019.

Quest’ultima ritenne che nessuna forma di protezione potesse essere concessa sia perchè il racconto del richiedente era inattendibile; sia perchè il richiedente non aveva collaborato con l’autorità e compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare il proprio racconto; sia perchè la provenienza del ricorrente non poteva considerarsi accertata.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da A.A. con ricorso fondato su cinque motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

FATTI DI CAUSA

1. I primi tre motivi del ricorso possono essere esaminati congiuntamente, perchè prospettano questioni sovrapponibili o tra loro strettamente connesse.

Nella illustrazione di questi tre motivi il ricorrente, al di là della loro intitolazione formale, nella sostanza denuncia che la Corte d’appello ha completamente trascurato di accertare l’esistenza, nella regione di provenienza dell’odierno ricorrente (il Punjab pakistano), vuoi di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato (evidentemente ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sebbene il ricorrente non lo dice espressamente); vuoi la sussistenza una situazione di grave compromissione dei diritti umani inviolabili (evidentemente ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari). Deduce che, in tal modo, corte d’appello ha violato il dovere, impostole dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3.

1.1. Prima di esaminare nel merito tali censure questa Corte rileva ex officio come la Corte d’appello di Bologna, nella parte in cui ha affermato non potersi considerare accertata la provenienza del ricorrente, ha compiuto una statuizione illegittima, per violazione del giudicato interno.

Il giudice di primo grado, infatti, nel ritenere inattendibile il racconto del richiedente asilo, aveva tuttavia implicitamente ammesso che egli provenisse dal Pakistan, dal momento che aveva ritenuto di indagare sui mezzi e sulle risorse messe a disposizione dal governo pakistano per contrastare il fenomeno del terrorismo.

Tale statuizione non è stata investita con appello incidentale dall’amministrazione dell’interno.

In assenza di impugnazione incidentale, pertanto, la Corte d’appello non avrebbe potuto rimettere in discussione la provenienza geografica del richiedente asilo, in quanto coperta da giudicato interno.

Resta solo da aggiungere che la violazione del giudicato interno è questione che può essere rilevata anche d’ufficio da questa Corte, tranne nel caso in cui il giudice d’appello si sia egli stesso pronunciato sull’esistenza o l’inesistenza di un giudicato interno: ipotesi, quest’ultima, non ricorrente nel caso di specie (ex multis, da ultimo, (Sez. 2, Ordinanza n. 5133 del 21/02/2019, Rv. 652696-01).

1.2. Stabilito dunque come nel presente giudizio non possa più farsi questione circa la provenienza dell’odierno ricorrente dallo Stato del Pakistan, i primi tre motivi di ricorso sono fondati.

Il ricorrente aveva infatti domandato, tra le altre misure protettive, la concessione della protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), D.Lgs. n. 251 del 2007, nonchè il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, assumendo che nel proprio paese sarebbe rimasto esposto ad una grave compromissione dei diritti umani inviolabili.

La corte d’appello ha rigettato tutte le domande del ricorrente, sul presupposto della sua inattendibilità, senza compiere alcun accertamento officioso nè sulla esistenza, nella regione di provenienza del ricorrente, di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato; nè sulla esistenza, in quella regione, di un contesto sociale, economico o politico tale da violare i diritti fondamentali delle persone, per il solo fatto di trovarsi in quel territorio.

1.3. Tale omissione è irrilevante, ed anzi doverosa, con riferimento alla domanda di concessione dell’asilo politico, ed a quella di concessione della protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Ed infatti, poichè tali forme di protezione si fondano su una vicenda personale del richiedente, l’inattendibilità di quest’ultimo esonera il giudice da qualsiasi indagine ufficiosa, impossibile anche solo concepirsi.

1.4. Non così è a dirsi, invece, con riferimento alle domande di concessione della protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed a quella di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Tanto l’una, quanto l’altra di tali domande, infatti, si fondano o possono fondarsi non solo sulla condizione soggettiva del richiedente, ma anche sulla condizione oggettiva del suo paese di provenienza.

Il principio di non respingimento, infatti, sancito dalla convenzione di Ginevra sui rifugiati e dal diritto comunitario, impedisce di negare protezione ad una persona che, per quanto mendace, sarebbe comunque costretta a fare ritorno in un paese in guerra, oppure in un paese nel quale sarebbe certamente esposta a gravi violazioni dei diritti fondamentali della persona (ad esempio, un paese funestato da una grave carestia).

Ne consegue che tanto la domanda di protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), quanto la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (secondo la disciplina applicabile ratione temporis) non possono essere rigettata per il solo fatto che il richiedente sia reputato inattendibile. Il rigetto di tali domande esige invece che il giudice, anche d’ufficio, ne accerti il fondamento oggettivo, avvalendosi delle fonti di informazione indicate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

Tale accertamento, nel caso di specie, come accennato manca nella sentenza impugnata, la quale dovrà di conseguenza essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, perchè proceda al suddetto accertamento officioso.

2. I restanti motivi di ricorso restano assorbiti.

3. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

(-) accoglie i primi tre motivi di ricorso; dichiara assorbiti il quarto ed il quinto; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA