Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 852 del 16/01/2017

Cassazione civile, sez. lav., 16/01/2017, (ud. 19/10/2016, dep.16/01/2017),  n. 852

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14572-2011 proposto da:

B.V., (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

ROMA CAPITALE, già COMUNE DI ROMA C.F. (OMISSIS), in persona del

Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEMPIO

DI GIOVE 21, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA GRAGLIA, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6895/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/05/2010 R.G.N. 5714/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/10/2016 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito l’Avvocato DI NOCERA MARIA GAETANA per delega Avvocato

MAZZUCCHIELLO GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di Appello di Roma ha respinto l’impugnazione proposta dagli attuali ricorrenti e da altri litisconsorti avverso la sentenza del Tribunale di Roma che aveva rigettato le domande formulate nei confronti del Comune di Roma, oggi Roma Capitale, volte ad ottenere, in via principale, il riconoscimento del diritto ad essere inquadrati, con decorrenza dal 31 marzo 1999, nella categoria D, anzichè nella inferiore categoria C, ed a percepire le differenze retributive correlate al superiore inquadramento e l’accertamento del diritto a svolgere in concreto le mansioni di istruttore di vigilanza urbana indicate nel contratto di assunzione del dicembre 1997, diritto dal quale scaturiva anche l’obbligo dell’ente territoriale di risarcire il danno cagionato ad essi ricorrenti, i quali, pur avendo conseguito la 6^ qualifica funzionale, non erano stati assegnati a svolgere funzioni di coordinamento e controllo. In via subordinata i ricorrenti avevano lamentato la illegittimità della esclusione dal corso-concorso per l’accesso alla categoria D ed avevano chiesto l’accertamento del loro diritto ad accedere ad un corso-concorso, domanda, questa, in relazione alla quale il Tribunale aveva dichiarato il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.

2. La Corte territoriale ha ritenuto che:

3. il C.C.N.L. 31 marzo 1999 aveva introdotto un nuovo sistema di classificazione del personale, articolato in categorie e non più in qualifiche funzionali, ed aveva previsto l’inquadramento nella categoria C1 del personale appartenente alla VI qualifica;

4. la declaratoria della categoria C1 era senz’altro assimilabile al profilo della VI qualifica funzionale, tanto più che nella categoria D erano stati inseriti i dipendenti in possesso di una base teorica di conoscenze acquisibili con la laurea breve e con diploma di laurea, requisiti, questi, pacificamente non posseduti dagli appellanti;

5. le parti collettive si erano fatte carico delle conseguenze derivate dal nuovo sistema di classificazione, ed in particolare della avvenuta equiparazione agli agenti di polizia municipale degli Istruttori di Vigilanza urbana, ed avevano demandato agli enti territoriali la adozione di tutte le misure finalizzate alle valorizzazione delle posizioni di coordinamento e di controllo collocate nella 6^ qualifica funzionale;

6. il contratto integrativo decentrato del 31.7.2000 aveva previsto l’attivazione di un corso di aggiornamento professionale accessibile a tutti i dipendenti inquadrati nella categoria C2 in possesso di particolari requisiti (titolo di studio, ovvero, in alternativa, l’esercizio di funzioni di coordinamento e controllo nella posizione di Istruttore di Polizia Municipale per almeno due anni).

7. correttamente il Tribunale aveva dichiarato il difetto di giurisdizione sulla domanda subordinata, atteso che il concorso dal quale gli appellanti erano stati esclusi riguardava il passaggio fra categorie (da C a D) e non solo fra posizioni economiche.

8. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso B.V.” + ALTRI OMESSI

1. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 Settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi di ricorso.

9. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di condanna del Comune di Roma al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti al demansionamento di essi ricorrenti; omessa o, in subordine, insufficiente e contraddittoria motivazione sulla predetta domanda.

10. Deducono che con il ricorso di primo grado era stata denunciata la violazione del diritto all’esercizio effettivo delle mansioni proprie della sesta qualifica funzionale conseguita, mansioni che non erano mai state assegnate in quanto, in violazione dell’art. 2103 c.c., il Comune di Roma aveva continuato ad utilizzarli nei compiti propri del semplice vigile urbano. Assumono che la Corte territoriale avrebbe ignorato detta domanda, avendo fondato la decisione solo sulla pretesa di inquadramento di essi ricorrenti nella categoria corrispondenza D. In via alternativa, denunciano la insufficienza della motivazione, rilevando che il richiamo alla contrattazione collettiva non poteva giustificare il comportamento dell’ente che, prima ed indipendentemente dalla contrattazione collettiva del 1999, li aveva privati delle mansioni alle quali avevano diritto a seguito del conseguimento della nuova qualifica, per effetto del corso-concorso bandito dalla Giunta Comunale con Delib. 13 novembre 1997, n. 5140.

11. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè dell’art. 7, comma 5 del C.C.N.L. di comparto del 31 marzo 1999 e dell’art. 29 del C.C.N.L. 14 settembre 2000 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4; omessa o, in subordine, insufficiente ed illogica motivazione su un punto decisivo della controversia.

12. Deducono che nel ricorso di primo grado e nell’appello erano state formulate due distinte doglianze di cui l’una investiva la contrattazione collettiva nazionale e la contrattazione decentrata “disattenta della posizione dei dipendenti dell’ex sesta qualifica Istruttori di Vigilanza Urbana”, l’altra il comportamento del Comune di Roma che, impedendo ai ricorrenti di esercitare le infungibili funzioni di coordinamento controllo, aveva reso agli stessi impossibile, anche a causa della inadeguata contrattazione integrativa, l’accesso alle “migliori qualifiche previste dalla contrattazione collettiva del 1999 e dalle successive norme contrattuali per i dipendenti che tali attività avevano di fatto esercitato”. Lamentano che la Corte territoriale non aveva svolto alcuna argomentazione in ordine alla illegittimità della previsione dell’art. 7, comma 5 del CCNL e della successiva contrattazione integrativa dalla partecipazione alla procedura selettiva in quanto appartenenti alla categoria C1.

13. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, omessa pronuncia sul motivo attinente alla prova del danno in relazione all’art. 112 ed omessa o, in subordine, insufficiente motivazione.

14. Asseriscono che il Tribunale aveva ritenuto infondata la domanda anche perchè il ricorso non conteneva “alcuna specifica allegazione in fatto al di là di astratte ed apodittiche ragioni di pregiudizio genericamente dedotte” e che detto capo della decisione era stato censurato con uno specifico motivo di appello, ignorato dalla Corte territoriale.

Esame dei motivi.

15. Il ricorso è infondato.

16. Le questioni oggetto dei motivi in esame sono già state scrutinate da questa Corte nella recente decisione di questa Corte n. 141010 del 2016 (che ha richiamato i principi già affermati nelle decisioni di questa Corte. nn 19484/2015, 15710/2015, 10628/2006), pronunciata in relazione a controversia del tutto sovrapponibile a quella oggetto del presente giudizio, quanto al thema decídendum, alle argomentazioni motivazionali della sentenza impugnata ed ai motivi di ricorso.

17. Il rispetto degli obblighi di sintesi e concisione – prescritti dall’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., nella lettura imposta dalla disposizione contenuta nell’art. 111 Cost. sulla durata ragionevole del processo – di cui la redazione della motivazione costituisce segmento processuale e temporale (Cass. SSUU 642/2015; Cass., 11985/2016 11508/2016, 13708/2015), esimono il Collegio dalla ripetizione delle argomentazioni motivazionali spese nella sentenza sopra richiamata e consentono il rinvio “per relationem” a dette argomentazioni, che possono, pertanto, qui, sintetizzarsi come segue.

18. La disciplina legale del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (desunta principalmente dell’art. 97 Cost., secondo la lettura che ne ha dato ripetutamente la Corte costituzionale, del quale sono attuazione il D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 35 e 52), non consente promozioni automatiche del personale, neppure in base al profilo professionale posseduto o alle mansioni svolte e che, nel caso di passaggio da un’area di inquadramento ad altra superiore (nella specie, da C a D), è richiesta, di norma, una procedura concorsuale pubblica con garanzia di adeguato accesso dall’esterno (Cass. 19484/2015, 15710/2015, 10628/2006).

19. L’art. 29 del CCNL 14.9.2000 comparto regioni ed enti locali, attuativo dell’art. 24, comma 2, lett. e) del CCNL del 1.4.1999 vanno interpretate alla luce di detti principi, con i quali non si pongono in contrasto perchè non è previsto alcun automatismo ma è disposto che le amministrazioni devono assumere le iniziative necessarie per realizzare il passaggio alla categoria D, posizione economica D1, del personale dell’area di vigilanza dell’ex sesta qualifica funzionale, nel caso in cui, per il suddetto personale, ricorrano le condizioni descritte nel comma 1, lett. a), b) e c); tali iniziative, poi, sono specificate nel senso che, nella ricorrenza degli altri presupposti previsti, devono consistere in una verifica selettiva per il personale di cui alle lett. a) e b) ed in procedure selettive per il personale di cui alla lett. c), previa concertazione con le organizzazioni sindacali.

20. Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 28328/2011, hanno ulteriormente ribadito che, alla luce della suddetta interpretazione della norma collettiva (la quale, diversamente opinando, violerebbe i già richiamati principi e norme inderogabili), deve convenirsi che anche la “verifica selettiva” di cui all’art. 29 CCNL, comma 5, citato, prevista per il personale di cui ai punti a) e b) del comma 1, costituisce comunque, al pari delle “selezioni” previste per il personale di cui alla lett. c) del medesimo comma 1, una procedura selettiva di tipo concorsuale per il passaggio alla categoria superiore, con conseguente applicazione del principio fissato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4.

21. La normativa contrattuale in oggetto demanda all’amministrazione l’assunzione delle “iniziative necessarie” per realizzare il suddetto passaggio di categoria, nonchè l’istituzione nella dotazione organica dei corrispondenti posti della categoria superiore.

Ancorchè in attuazione di un accordo sindacale, le suddette attività, di carattere discrezionale, sono quindi lasciate all’amministrazione, la quale, peraltro, dovrà assumere tali iniziative al fine di attuare una “verifica selettiva” del personale interessato, previsione, quest’ultima, che non avrebbe ragion d’essere laddove il mero possesso del requisito previsto dall’accordo sindacale comportasse il diritto soggettivo al transito nella categoria superiore.

22. Alla luce di detti principi, che vanno qui ribaditi, deve escludersi la fondatezza sia della domanda di inquadramento nel superiore livello D, sia della richiesta di risarcimento del danno formulata in via subordinata, con riferimento alla asserita non correttezza delle procedure selettive indette dal Comune di Roma, posto che i ricorrenti vantano una posizione di mero interesse legittimo, sia in riferimento all’adozione delle ricordate “iniziative”, sia al corretto svolgimento della procedura di “verifica selettiva” come disciplinata in base alle iniziative assunte dall’Amministrazione”.

23. Ne discende la infondatezza del secondo motivo di ricorso.

24. Quanto alle censure formulate nel primo e nel terzo motivo va rilevato che effettivamente la Corte territoriale ha pronunciato solo sulla domanda risarcitoria avanzata in via principale, escludendo che nel passaggio fra i due sistemi di classificazione fosse stata mortificata la professionalità degli appellanti, mentre non ha esaminato il motivo di appello, trascritto nel ricorso, con il quale gli attuali ricorrenti avevano lamentato di avere continuato a svolgere le funzioni “di mero vigile urbano” anche dopo il conseguimento della sesta qualifica funzionale.

25. Ciò premesso, va data continuità all’orientamento giurisprudenziale di questa Corte (Cass. 21968/2015, 21257/20114), secondo cui nel giudizio di legittimità, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito, sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto.

26. Nel caso in esame il motivo di appello sul quale la Corte territoriale non ha pronunciato risulta privo di fondamento, poichè il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte (Cass. SSUU 6572/2006; Cass. 1327/2015), secondo cui il risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo, dell’esistenza di un pregiudizio, di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, sicchè non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore l’onere di fornire la prova del pregiudizio subito e del nesso di causalità con l’inadempimento datoriale.

27. Si desume dallo stesso ricorso (pg. 13) che il Tribunale aveva respinto la domanda risarcitoria perchè i ricorrenti non avevano assolto all’onere di allegazione e di prova del danno, si erano limitati ad indicare “astratte ed apodittiche ragioni di pregiudizio” e non avevano precisato quali danni avessero subito in virtù del censurato impedimento all’esercizio delle mansioni.

28. Gli odierni ricorrenti hanno censurato detta pronuncia, per quanto emerge dal contenuto dell’atto di appello riportato nel ricorso per cassazione (pgg. da 13 a 15) limitandosi ad invocare la giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto ammissibile la prova per presunzioni dimenticando, però, che quest’ultima presuppone la allegazione di circostanze diverse ed ulteriori rispetto al mero inadempimento, che possano essere valorizzate per risalire dal fatto noto a quello ignoto.

29. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

30. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti alla refusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 2.800,00 per competenze professionali ed in Euro 100,00 per esborsi oltre 15% per rimborso forfettario spese generali, oltre IVA e CPA.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2017

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