Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8517 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 31/03/2017, (ud. 14/02/2017, dep.31/03/2017),  n. 8517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22146/2013 proposto da:

O.S., (OMISSIS) e O.M. (OMISSIS),

quali eredi e aventi causa di O.L., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GUIDO RENI 2, presso lo studio

dell’avvocato MARINA SARACINI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

O.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEGLI SCIPIONI 132, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

CIGLIANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

LORENZO PARODI;

– controricorrente –

e contro

O.E.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 20/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 04/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/02/2017 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato MARINA SARACINI, difensore dei controricorrenti, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato FRANCESCO CIGLIANO, difensore della

controricorrente, che si è riportato agli atti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità o, in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

1. – Con atto di citazione notificato in data 12 gennaio 2005. O.V. evocava in giudizio, innanzi al Tribunale di Genova, O.L. e O.E. al fine di ottenere la divisione ereditaria dei beni immobili appartenuti al padre O.G. e alla madre P.E., dei quali assumeva essere proprietaria per la quota pari ad 1/3. Chiedeva, altresì, che O.L. procedesse alla rendita dei conti nei confronti degli altri comproprietari e a corrispondere il relativo indennizzo in sede di conguaglio divisionale.

O.L. si costituiva in giudizio eccependo preliminarmente la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza dell’oggetto delle domande con riferimento alla successione di O.G. e l’inammissibilità della domanda di scioglimento della comunione a seguito dell’intervenuta divisione effettuata di comune accordo tra i tre fratelli. Per quanto riguarda la successione di P.E., chiedeva che fosse disposto. previo inventario, lo scioglimento della comunione, non solo dei beni immobili, ma anche di tutti i valori mobiliari.

Si costituiva altresì O.E. sollevando, in merito alla eredità di O.G., le medesime eccezioni avanzate dall’altro convenuto e chiedendo, in via subordinata, che fosse dichiarata la divisione ereditaria tra le parti, e che, all’attrice. essendo stata soddisfatta per la quota di sua spettanza, nulla fosse dovuto. Chiedeva, altresì, che fosse ordinato a O.L. il rendiconto, con conseguente condanna del suddetto al risarcimento del danno e/o al pagamento di un indennizzo conseguente all’esclusivo utilizzo dei beni immobili facenti parte del compendio ereditario.

Il Tribunale di Genova, con sentenza depositata il 5 settembre 2008, revocata l’ordinanza con cui aveva ammesso le prove testimoniali, nel confermare che la massa ereditaria era composta dai beni indicati nella denuncia di successione depositata in atti, dichiarava lo scioglimento della comunione relativa ai beni dell’eredità di O.G., per la quota di diritto di 1/3 ciascuno; dichiarava, altresì, O.L. tenuto al risarcimento del danno, da liquidarsi mediante CTU, nei confronti della sola attrice, per essere la stessa stata esclusa dal godimento dei beni, a far data dal 23 giugno 2004; respingeva, invece, l’analoga domanda avanzata da O.E.. In merito alla successione di P.E., il tribunale dichiarava il diritto di tutte le parti allo scioglimento della comunione, da individuarsi sulla base della denuncia di successione depositata in atti e la prosecuzione della causa ex artt. 786 c.p.c. e segg.. Condannava O.L. e Elvira, in solido, al pagamento delle spese di lite in favore di parte attrice.

2. – Avverso detta sentenza proponeva appello O.L..

Si costituivano in giudizio O.V. e O.E.. Quest’ultima proponeva appello incidentale chiedendo che fosse ordinato all’appellante il rendiconto per gli immobili indicati nella narrativa.

La Corte d’appello di Genova, con sentenza depositata in data 4 gennaio 2013, rigettava entrambe le impugnazioni e condannava O.L. ed E., in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite.

3. – Per la cassazione della sentenza della corte d’appello hanno proposto ricorso O.S. e M., nella qualità di eredi di O.L., sulla base di tre motivi.

O.V. resiste con controricorso. illustrato da memoria fuori termine.

O.E., pur regolarmente intimata, non ha svolto difese.

Diritto

1. – Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si contesta, in particolare, un’errata valutazione delle circostanze di cui all’istruttoria espletata, con particolare riguardo all’attestazione risultante dall’atto notarile del 31.12.1984, con il quale O.L. e G. cedevano ogni loro diritto di comproprietà sui beni di (OMISSIS)., ad altro soggetto, e riconoscevano che la loro quota dei beni era pari ai due terzi dell’intero, nonchè alle dichiarazioni rese da O.V. in occasione dell’espletamento dell’interrogatorio formale ammesso nel giudizio di primo grado.

2. – Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost. e degli artt. 2697, 2723 e 1350 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per la controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Secondo quanto argomentato da parte ricorrente, la revoca della ordinanza con cui le prove testimoniali erano state ammesse, oltre a negare ai convenuti la possibilità di adempiere all’onere della prova, gravante sugli stessi a norma dell’art. 2697 c.c., sul maturarsi dell’usucapione, ha, altresì, leso il loro diritto inviolabile di difesa sancito dall’art. 24 Cost.. Si evidenzia, altresì, che la corte d’appello non ha considerato che le prove testimoniali revocate erano ammissibili e rilevanti in quanto avrebbero confermato il possesso esclusivo dei beni da parte dei fratelli O.L. e G. per il tempo occorrente al maturarsi dell’usucapione anche sulla quota spettante alla sorella V..

3. – Con il terzo motivo di ricorso si prospetta la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 1102 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3, per omesso esame di un fatto decisivo ai fini della decisione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Nel caso di specie, si evidenzia che i giudici, condannando O.L. al risarcimento dei danni nei confronti di O.V., hanno violato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato senza considerare che le due domande, di risarcimento e di indennizzo, hanno oggetti diversi, che non possono essere confusi. Si eccepisce, inoltre, che la corte d’appello ha, altresì, omesso di esaminare adeguatamente le argomentazioni svolte dall’appellante con riferimento al titolo in base al quale avrebbe posseduto i beni per cui è causa, limitandosi a confermare la sentenza di primo grado.

Ciò premesso si osserva:

In ordine al primo motivo la sentenza a pagina nove statuisce che la domanda di usucapione, pur ammissibile, non era nella specie risultata suffragata da prova; infatti, pur essendo pacifico che non era richiesto, nella fattispecie del compossesso, alcun atto di interversione, tuttavia non risultava fornita da O.L. ed E. la richiesta prova di aver posseduto i beni in questione per una quota più ampia di quella corrispondente alla propria uti domini anzicchè uti condomini e cioè in compossesso pro indiviso.

In particolare col rogito G. (OMISSIS) O.L. e G. non solo avevano ceduto ogni loro diritto di comproprietà sui beni di (OMISSIS) ad altro soggetto, conferendone i cespiti alla Seg.Art. snc, ma soprattutto, come evidenziato dalla postilla n. 3 dell’art. 3 del rogito, riconoscevano espressamente che la loro quota dei beni in Comune di (OMISSIS) era pari a due terzi dell’intero, e cioè che il loro possesso si intendeva esercitato su una quota dei beni corrispondente alla quota loro spettante nella comunione; poichè tale atto venne rogato prima dello spirare del termine ventennale decorrente dal decesso, avvenuto nel maggio 1967, del dante causa O.G., risultava escluso che potesse ravvisarsi un possesso continuato per venti anni da parte loro dei beni immobili in (OMISSIS). a maggior ragione risultava irrilevante l’atto di retrocessione rogato nel 2004.

In ordine al secondo motivo la sentenza alle pagine nove e dieci rileva che col quarto motivo di gravame si prospetta l’illegittimità della revoca dell’ordinanza ammissiva delle prove, che sarebbero state ammissibili e rilevanti ed avrebbero confermato il vantato possesso esclusivo, ed osserva che il motivo deve essere respinto poichè ai sensi dell’art. 2725 c.c., è vietata la prova testimoniale nel presente caso in cui ex art. 1350 c.c., il contratto deve essere provato per iscritto.

Va ulteriormente rilevato che non vengono riportati i capitoli per valutarne in astratto la decisività.

Sul terzo motivo va osservato che una rituale impugnazione ex art. 112 c.p.c., impone di riportare domande ed eccezioni; trattasi di interpretazione della domanda ed, in astratto, non vi è incompatibilità ontologica tra richiesta di indennizzo e danni. La sentenza ha confermato la statuizione del Tribunale che aveva parlato di danni ed ha precisato che, stante la domanda proposta ed in ottemperanza ai principi generali in materia, non sussistevano ragioni per non riconoscere il diritto al rendiconto e le somme eventualmente spettanti all’avente diritto (pagina dieci).

In definitiva il ricorso va rigettato con la conseguente condanna alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 4200 oltre accessori e spese forfettizzate nella misura del 15% dando atto della sussistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Ha collaborato alla stesura il Dott. G.G..

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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