Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8517 del 09/04/2010

Cassazione civile sez. I, 09/04/2010, (ud. 10/12/2009, dep. 09/04/2010), n.8517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

R.V., con domicilio eletto in Roma, via delle Milizie

n. 1, presso lo studio degli Avv.ti Spinoso Antonio e Simona

Napolitani, rappresentato e difeso dall’Avv. Polimeni Domenico, come

da procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Catanzaro

depositato il 16 novembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 10 dicembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

R.V. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo.

Resiste l’Amministrazione con controricorso.

La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve essere preliminarmente rilevata l’infondatezza dell’eccezione di tardività del ricorso introduttivo.

Contrariamente all’assunto della controricorrente non si rinviene negli atti la prova della notifica del provvedimento impugnato che sarebbe stata effettuata in data 22 dicembre 2006; nè tale circostanza risulta dalla copia autentica del decreto della Corte d’Appello rilasciata in data 21 dicembre 2007. Ne consegue che, essendo stato depositato il decreto il 16 novembre 2006 e notificato il ricorso per cassazione il 18 dicembre 2007, è stato osservato il termine di cui all’art. 327 c.p.c..

Ciò premesso il ricorso deve essere rigettato.

E’ innanzitutto manifestamente infondata la censura di violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo basata sul presupposto che gli standard di durata ritenuti congrui dalla Corte europea non siano applicabili in caso di processi di lavoro e che quindi sia censurabile l’affermazione della Corte d’appello secondo si deve tener conto solo del tempo di durata dei processo eccedente i cinque anni (tre per il primo grado e due per il secondo), posto che è stato invece ritenuto che “In tema di diritto ad equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata di un processo, di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, poichè il concetto di “termine ragionevole” non ha carattere assoluto, ma relativo, la ragionevolezza della durata di un processo deve essere verificata dal giudice di merito in riferimento alla complessità del caso concreto, in applicazione dei criteri stabiliti dalla citata L. n. 89 del 2001, art. 2 avuto riferimento agli standards medi elaborati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, le cui sentenze in ordine alla interpretazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, pur non avendo efficacia vincolante per il giudice italiano, costituiscono, nondimeno, per questi, la prima e più importante guida ermeneutica, consentendo la corretta applicazione di un criterio quale quello della ragionevolezza, che ha in se insiti indubbi margini di elasticità. Anche in relazione ai giudizi in materia di lavoro, poichè i termini previsti dal codice di rito per la trattazione delle controversie hanno natura ordinatoria e funzione sollecitatoria, la violazione del principio della ragionevole durata del processo non può discendere automaticamente dalla inosservanza dei termini stessi, dovendo in ogni caso il giudice della riparazione effettuare il richiesto apprezzamento ed in quella sede valutare anche l’incidenza dei rinvii d’ufficio del processo sul termine ragionevole di durata di esso. Tutti gli indicati accertamenti costituiscono una tipica salutazione in fatto che, in guanto tale, è riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità esclusivamente per vizi di motivazione” (Sez. 1, Sentenza n. 21390 del 04/11/2005).

Manifestamente infondata è anche la censura di difetto di motivazione in ordine al fatto controverso consistente nella determinazione del tempo di ragionevole durata in quanto la Corte di merito ha ritenuto di non doversi discostare dagli standard in considerazione della necessità, presentatasi nella causa presuppostoci espletare una prova per tesi e disporre una c.t.u. e tale motivazione non è stata sottoposta a convincente censura quanto alla sua logicità e congruità.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna alle spese.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in Euro 900, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2010

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