Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8516 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 25/03/2021), n.8516

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20277-2019 proposto da:

FENICE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SISTINA 121, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE PANUCCIO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE UFF. CONTROLLLI LEGALE di

REGGIO CALABRIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3318/06/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CALABRIA SEZIONE DISTACCATA di REGGIO CALABRIA,

depositata il 06/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA

COSMO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La soc. Fenice impugnava l’avviso con il quale l’Ufficio accertava induttivamente, applicando gli “studi di settore”, il maggior reddito Iva Irpeg ed Irap conseguito dal contribuente nell’anno 2003.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Calabria accoglieva il ricorso.

3. Sull’impugnazione dell’Ufficio la Commissione Tributaria Regionale della Calabria accoglieva l’appello ritenendo legittima la metodologia di accertamento fiscale a nulla rilevando la circostanza che la contribuente fosse una società a responsabilità limitata con contabilità ordinaria.

4. Avverso la sentenza la soc. Fenice srl proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi. L’intimata non si è costituita.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 bis, convertito in L. n. 427 del 1993, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; si argomenta che la CTR abbia errato nel riconoscere la fondatezza all’accertamento basato esclusivamente sulla sola differenza tra quanto accertato con gli studi di settore e quanto dichiarato dalla società non tenendo conto che la contribuente, in contabilità ordinaria, in sede di contraddittorio aveva prodotto tutta la documentazione contabile.

1.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al D.L. n. 331 del 1993, art. 62 bis, e al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR, a fronte del motivo di appello con il quale si contestava la carenza di motivazione della sentenza di primo grado, ha statuito nel merito sulla legittimità della pretesa fiscale.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1 L’accertamento attraverso gli studi di settore è una forma di rettifica fiscale presuntiva regolamentata dal combinato disposto di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 63 sexies, e alla L. n. 146 del 1998, art. 10, che riconosce all’Amministrazione Finanziaria il potere di fondare un accertamento su gravi incongruenze tra quanto dichiarato dal contribuente e quanto dovrebbe essere dichiarato tenendo conto delle condizioni e delle caratteristiche dell’attività svolta.

2.2 A fronte degli elementi indiziari emergenti dall’applicazione del corretto studio di settore, spettava al contribuente indicare e comprovare, dapprima in contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria e, quindi, eventualmente in contenzioso, l’esistenza di valide ragioni di scostamento, ragioni che in ipotesi non sono state nemmeno dedotte (cfr. Cass. n. 3415 del 20/02/2015; Cass. n. 14288 del 13/07/2016; si veda anche Cass. n. 769 del 15/01/2019).

2.3 Orbene il ricorrente si è limitato semplicemente a dedurre la produzione nel corso della fase amministrativa della documentazione che è stata esaminata dall’Ufficio per stessa ammissione della Fenice srl, senza che nel presente giudizio siano state neanche allegati elementi giustificativi del grave scostamento accertato dall’Amministrazione Finanziaria (reddito dichiarato Euro 5.577 a fronte di un reddito accertato di Euro 64.931), tanto può bastare di per sè a fondare l’accertamento sulla sola applicazione dello studio di settore.

3. Il secondo motivo è anch’esso infondato.

3.1 Si legge nella parte in fatto della motivazione della sentenza “l’appellante Ufficio considera l’atto legittimo emesso con il metodo di che trattasi, facendo rilevare che il reddito dichiarato era di appena Euro 5.577,00 su un volume di affari di Euro 276.898 e ribadendo la fondatezza dei risultati ottenuti tramite studi di settore, che costituiscono valido strumento di calcolo concordato a suo tempo con associazioni professionali di categoria”.

3.2 L’Agenzia delle Entrate, quindi, con l’atto di appello, oltre a denunciare la carenza di motivazione della sentenza di primo grado, ha, nel merito, dedotto la legittimità del proprio operato.

3.3 Ne consegue, stante la natura devolutiva del giudizio di appello, che la CTR nel riformare la sentenza di primo grado affermando la fondatezza dell’accertamento, non ha affatto statuito ultrapetita.

4. Conclusivamente il ricorso va rigettato.

5. Nulla è da statuire sulle spese non essendosi costituita l’Agenzia delle Entrate.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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