Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8514 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 31/03/2017, (ud. 14/02/2017, dep.31/03/2017),  n. 8514

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3041-2013 proposto da:

P.V., (OMISSIS), elettivam,ente domiciliato in ROMA, VIA

XX SETEMBRE 68, presso lo studio dell’avvocato GENNARO CONTARDI, che

lo rappresenta e difende;

contro

PA.MA., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 108, presso lo studio dell’avvocato MARCO FLECCHIA, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5209/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/02/2017 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato GENNARO CONTARDI, difensore del ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MARCO FLECCHIA, difensore della controricorrente,

che si è riportato alle difese in atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.V. ha convenuto l’ex coniuge Pa.Ma. per lo scioglimento della comunione dell’appartamento in (OMISSIS). la restituzione dei mobili di proprietà esclusiva e la divisione dei mobili comuni, la condanna della convenuta ai danni per l’occupazione dell’appartamento e l’uso dei mobili dal 16.4.1998.

La Pa. ha chiesto il rigetto della domanda di divisione, in subordine la sospensione ex art. 1111 c.c. e in via riconvenzionale l’accertamento dell’inesistenza di beni mobili oggetto di domande di restituzione e divisione nonchè la condanna del P. al pagamento di Lire 18.344.036 oltre interessi e rivalutazione corrispondenti al 50% di spese straordinarie nonchè delle spese previste dalla L. n. 392 del 1978, art. 6 con eventuale compensazione, in ipotesi di accoglimento della domanda di divisione, delle somme eventualmente da essa debende con i crediti vantati.

Il tribunale ha dichiarato sciolta la comunione condannando la Pa. alla restituzione degli arredi della camera da letto di proprietà del P. perchè mobili di famiglia, ha rigettato la domanda di restituzione della libreria e di altri arredi, ha assegnato l’ex casa coniugale alla Pa. ed attribuito al P. la metà del valore accertato. detraendo il diritto di abitazione della Pa. coniuge assegnatario in sede di separazione, ha rigettato la domanda di danni del P. e condannato lo stesso al pagamento di Euro 4670,59 e di Euro 1883.03 per le causali indicate e, operata la compensazione. ha condannato la Pa. all’importo di Euro 103.635,56, dichiarando inammissibile la compensazione con i crediti da assegno divorzile.

Proposto appello dal P., in parziale riforma, la Corte di appello ha accertato il diritto della Pa. alla restituzione di Euro 3556,78 e di Euro 921,88, con parziale compensazione del credito da conguaglio e condannato il P. a metà delle spese ritenendo infondata la censura sulla erroneità della divisione per l’assegnazione della casa alla Pa. sul presupposto che entrambe le parti ne avessero richiesto l’assegnazione mentre nessuna istanza personale era stata avanzata tempestivamente dalla Pa., in considerazione del prevalente interesse personale di quest’ultima rispetto a quello prettamente economico del P. di ottenere il maggior profitto dalla vendita all’asta.

Quanto alla restituzione degli altri bene non era stata provata la provenienza esclusiva.

Ricorre P. con quattro motivi, illustrati da memoria, resiste la Pa..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si denunziano violazione degli artt. 1116 e 720 c.c. artt. 571, 575 e 573 c.p.c. e vizi di motivazione sia perchè l’attribuzione in proprietà deve essere richiesta dalla parte personalmente sia perchè di fronte ad una richiesta di entrambi il Giudice avrebbe dovuto procedere a gara tra gli offerenti ed il P. aveva contestato la valutazione.

Col secondo motivo si lamentano violazione degli artt. 155 e 714 c.c. e art. 110 c.c. e ss, art. 112 c.p.c., vizi di motivazione per il rigetto della domanda di danni sul presupposto che l’assegnazione della casa costituisse parte del contributo economico a moglie e figlia, eccezione non sollevata dalla Pa..

Col terzo motivo si denunziano violazione della L. n. 392 del 1978, art. 9 e contraddittoria motivazione perchè trattasi di norma speciale non applicabile in via analogica circa l’equiparazione tra coniuge assegnatario e conduttore.

Col quarto motivo si lamentano violazione degli artt. 1110 e 1104 c.c. e vizi di motivazione circa il rigetto della censura in quanto generica sulla condanna alla restituzione della somma di Euro 1883,03, perchè la doglianza era specifica ed anche le spese urgenti vanno ratificate e tempestivamente comunicate.

Ciò premesso, si osserva:

Il primo motivo è infondato sotto il primo profilo per le ragioni dedotte dalla Corte di appello perchè la richiesta può essere fatta dal difensore ed in ogni caso vi è una ratifica tacita.

In ordine al secondo profilo si osserva:

Si pone il problema della plausibilità tra il criterio comparativo dell’interesse personale all’abitazione e quello economico al maggior profitto.

La valutazione, in astratto, deve fare riferimento non ad un profilo contingente ma diacronico.

Vanno, in via preliminare, esaminate le censure di diritto sostanziale in relazione alla dedotta violazione degli artt. 1116 e 720 cc rispetto a quelle di diritto processuale, attese la loro strumentalità rispetto al fine da perseguire e la specificità delle norme in tema di espropriazione immobiliare finalizzate alla tutela di interessi diversi.

L’art. 1116 c.c. prevede che alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione dell’eredità in quanto non in contrasto con quelle stabilite e l’art. 720 c.c. indica prioritariamente la preferenza del maggior quotista o di coloro i quali richiedono congiuntamente l’attribuzione.

Se nessuno è a ciò disposto si fa luogo alla vendita all’incanto.

Nella fattispecie, nella esposizione del fatto il ricorrente riferisce di aver chiesto la divisione e l’estrazione a sorte e, in caso di indivisibilità, ove nessuno dei due condividenti ne avesse chiesto l’attribuzione, la vendita all’asta.

Nell’atto di appello ha chiesto l’assegnazione dell’unità immobiliare offrendosi di pagare il conguaglio.

Si pone il problema se l’odierna censura sia nuova rispetto a quanto in precedenza prospettato e se sia stato congruamente impugnato il profilo, valorizzato dalla controricorrente, che ha portato all’assegnazione in proprietà alla Pa., che ha abitato l’immobile assieme alla figlia, ora maggiorenne, ma che non risulterebbe ancora indipendente economicamente.

Appare rilevante che lo stesso odierno ricorrente aveva indicato la vendita all’asta ove nessuno dei condividenti ne avesse chiesto l’assegnazione.

La controversia trova soluzione applicando il principio di diritto enunciato da questa Corte in un caso simile, cui deve darsi continuità: in tema di divisione, quando nella comunione sia compreso un immobile non comodamente divisibile e vi siano coeredi titolari di quote identiche, la scelta tra coloro che ne richiedono l’attribuzione è rimessa, ai sensi dell’art. 720 c.c., al giudice sulla base di ragioni di opportunità e convenienza, mentre il rimedio residuale della vendita all’incanto trova applicazione solo ove non sia ravvisabile alcun criterio oggettivo di preferenza, senza che, peraltro, l’individuazione del condividente cui assegnare il bene possa dipendere dalla maggiore offerta che uno di essi faccia, rispetto al prezzo di stima, non caratterizzandosi il procedimento divisionale come una gara tra coeredi (Cass.19.5.2015 n. 10216).

Il secondo motivo è infondato perchè, a prescindere da una eccezione specifica, valeva il principio generale della contestazione col conseguente onere probatorio dell’attore di provare l’an ed il quantum.

Il terzo motivo, come proposto, sembra sollevare una questione nuova nel riferimento alla norma speciale insuscettibile di applicazione analogica e non impugna il riferimento al diritto personale di godimento.

La sentenza, a pagina sette, riferisce che l’appellante aveva lamentato l’erronea equiparazione del coniuge assegnatario al conduttore ai fini della ripartizione degli oneri a carico del proprietario L. n. 392 del 1978, ex art. 9 ma non aveva motivato sul perchè non fossero applicabili in via analogica i criteri previsti in materia di locazione mentre era evidente che le due figure avevano in comune la natura ed il contenuto del titolo di godimento dell’immobile, consistente in un diritto personale all’uso esclusivo del bene.

Il divieto di applicazione analogica riguarda non le norme speciali ma quelle eccezionali mentre in via generale vale il principio del ricorso alla disciplina di casi simili o materie analoghe.

Il quarto motivo non supera il rilievo di genericità della censura.

Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 3200.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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