Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8513 del 27/04/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 8513 Anno 2015
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA
sul ricorso 23397-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio
dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2 014
3248

contro

PALMA FRANCO C.F. PLMFNC46P10E506H, elettivamente
domiciliato in ROMA, CORSO RINASCIMENTO, 11, presso
lo studio dell’avvocato GIANLUIGI PELLEGRINO, che lo

Data pubblicazione: 27/04/2015

rappresenta e difende, giusta delega in atti;
controricorranto –

avverso la sentenza n. 1328/2011 della CORTE
D’APPELLO di LECCE, depositata il 24/05/2011 R.G.N.
a

1529/2007;

udienza

del 04/1112014 dal Consigliere Dott. GIULIO

MAISANO;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delegargSSI
ROBERTO;
udito l’Avvocato L’ABBATE AMINA per delega PELLEGRINO
GIANLUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per
l’accoglimento del primo e del secondo motivo,
assorbimento del terzo motivo.

a

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 3 maggio 2006 il Tribunale di Lecce ha dichiarato
l’inefficacia del licenziamento intimato a Palma Franco da Poste Italiane
s.p.a. in data 14 gennaio 2004 a motivo della tardività della contestazione
disciplinare del 3 dicembre 2002 relativa a comportamenti di cui il datore

di lavoro era a conoscenza a seguito di relazione di internai auditing resagli
il 3 luglio 2003. Con sentenza del 24 maggio 2011 la Corte d’appello di
Lecce ha confermato tale statuizione e, in parziale accoglimento
dell’appello incidentale proposto dal lavoratore, ha condannato Poste
Italiane al pagamento in suo favore della somma di

e 18.178,00 a titolo di

risarcimento del danno. Per quanto rileva in questa sede, la Corte
territoriale ha motivato tale pronuncia considerando che non vi è prova
documentale che i titoli sequestrati oggetto della contestazione disciplinare
in questione siano tornati in possesso di Poste Italiane solo nel settembre
2003 come invece dedotto dalle stesse Poste Italiane, mentre la stessa
contestazione fa riferimento a reiterate violazioni poste in essere dal Palma
nel periodo novembre 1997-novembre 2000, violazioni definite dalla stessa
società Poste Italiane quali addebiti di analoga fattispecie di quelli di cui
alla precedente sanzione disciplinare irrogata in data 18 marzo 2002, per
cui la Corte d’appello di Lecce ha considerato che la datrice di lavoro era a
conoscenza dei fatti contestati al dipendente fin dal marzo 2002, e, una
volta formulate le conclusioni dell’internai auditing in data 3 luglio 2003,
sarebbe stato onere di Poste Italiane procedere all’immediata contestazione
al dipendente degli addebiti in questione. In ordine al risarcimento del
danno la Corte territoriale ha accolto le conclusioni del consulente tecnico
d’ufficio nominato nel giudizio di appello, in relazione al danno biologico
subito dal Palma in conseguenza dell’illegittimo licenziamento.
Poste Italiane propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza
i

affidato a tre motivi.

il

g

Resiste il Palma con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt.
115 e 116 cod. proc. civ. ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ., ed omessa,

decisivo per il giudizio ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare si
deduce che, contrariamente a quanto affermato dal giudice d’appello, la
circostanza per cui la documentazione sequestrata costituita dai titoli
oggetto della contestazione disciplinare in questione, è ritornata in possesso
di Poste Italiane solo nel settembre 2003 sarebbe riconosciuta dallo stesso
Palma che si è limitato a dedurre l’irrilevanza della documentazione stessa.
Con il secondo motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360, n.
5 cod. proc. civ. con riferimento all’eccezione di tardività della sanzione
disciplinare. In particolare si assume che il lasso di tempo necessario per
procedere alla contestazione è dovuto ai necessari accertamenti ed alla
procedura di deliberazione complessa in una società grossa ed articolata
come Poste Italiane.
Con il terzo motivo si lamenta illogicità irragionevolezza e motivazione
perplessa nel capo relativo alla sussistenza della responsabilità del datore di
lavoro e la natura di essa, vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Violazione e/o falsa applicazione degli arti 41 del cod. pen. e degli artt.
414, 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 2697 cod. civ. ex artt.
360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. In particolare si deduce che sarebbe stato
riconosciuto il risarcimento del danno senza alcuna prova del nesso causale
del danno stesso con il licenziamento in questione, e non sarebbero state

insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e

considerate altre cause diverse dal licenziamento, idonee da sole a produrre
il danno lamentato.
Il primo motivo è infondato. Va in primo luogo rilevato che la ricorrente
lamenta contemporaneamente e con le stesse argomentazioni violazione di
legge e difetto di motivazione, in modo confuso non consentendo di

ricorrente non ha dedotto la decisività della circostanza che, a suo dire
sarebbe stata mal considerata dal giudice del merito, e costituita
dall’acquisizione della documentazione oggetto della contestazione
disciplinare in questione già dal marzo 2002, in quanto tale circostanza è
stata considerata decisiva ai tini dell’illegittimità della sanzione, non tanto
sotto il profilo della tempestività della contestazione, quanto ai fini di una
duplicazione di contestazioni per fatti analoghi. Comunque va considerato
che non è sufficiente la mancata contestazione di una circostanza per
considerarla ammessa, dovendosi viceversa riscontrarsi, a tale fine, un
comportamento incompatibile con il disconoscimento della circostanza in
questione, e Poste Italiane non deduce un tale comportamento da parte del
Palma in relazione all’epoca della acquisizione della documentazione
oggetto della contestazione, limitandosi a rilevare la non contestazione
della circostanza.
Anche il secondo motivo è infondato. La complessità dell’organizzazione
aziendale della datrice di lavoro e la relativa complessità del procedimento
di accertamento dell’infrazione contestata, riproposti in questa sede a
giustificazione del ritardo nella contestazione sono stati espressamente
considerati e valutati dal giudice dell’appello che ha motivato il suo
convincimento riguardo alla tardività della contestazione considerando che
il report relativo ai fatti oggetto della contestazione stessa sono stati
immediatamente trasmessi in via riservata ai firmatari della lettera di
contestazione senza l’adozione di alcuna misura, anche provvisoria, che,‘,..,

comprendere l’esatto motivo di censura. In secondo luogo va rilevato che la

impedisse la permanenza del Palma in azienda. Tale accertamento e
conseguente valutazione da parte del giudice di merito riguardo alla
tardività della contestazione appare congrua e logica non censurabile in
questa sede di legittimità.
Anche il terzo motivo relativo alla liquidazione del risarcimento del danno

decisione sul punto sulla base della consulenza tecnica d’ufficio che non
risulta contestata specificamente dalla ricorrente che deduce la genesi della
patologia del lavoratore in altri eventi diversi e successivi al licenziamento
in questione. Tuttavia la ricorrente non ha specificato come tali diversi
eventi abbiano potuto provocare il danno riscontrato a carico del lavoratore,
facendo solo riferimento a vicende penali da lui subite e che sono, fra
l’altro successive, all’insorgenza del danno riscontrato dal consulente
tecnico d’ufficio. Comunque non risulta nemmeno contestato che il
licenziamento abbia costituito almeno concausa del danno subito dal
lavoratore, e tale circostanza, acclarata dal consulente medico legale
d’ufficio con giudizio fatto proprio dal giudice dell’appello, è sufficiente a
legittimare la responsabilità del datare di lavoro così come considerata con
la sentenza impugnata.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio sostenute
dall’INPS liquidate in 100,00 per esborsi ed £ 4.000,00 per compensi
professionali oltre accessori di legge
Così deciso in Roma il 4 novembre 2014.

è infondato. Il giudice d’appello ha legittimamente fondato la propria

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