Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8513 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 25/03/2021), n.8513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8229-2018 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 113,

presso lo studio dell’avvocato ROSA ALBA GRASSO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato PIERANTONIO MENAPACE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 874/5/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del VENETO, depositata l’11/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MOCCI

MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

che S.A. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Vicenza. Quest’ultima, a sua volta, aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione del contribuente avverso un’iscrizione ipotecaria relativa all’anno 2015.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, col primo, lo S. assume l’illegittimità della pronunzia impugnata, che aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, relativamente al preavviso di iscrizione ipotecaria, alle ammende per contravvenzioni previste dal C.d.S., ed ai contributi INPS ed INAIL e Camera di Commercio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1: la CTR avrebbe erroneamente rilevato il difetto di giurisdizione su una questione sulla quale sarebbe maturata una preclusione processuale;

che, col secondo, il ricorrente invoca omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, costituito dal mancato assolvimento dell’onere probatorio in materia di debito intra/extrafamiliare, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5: diversamente dalle affermazioni della sentenza impugnata, il profilo dell’inammissibilità del ricorso sarebbe stato rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio;

che l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso;

che il primo motivo è infondato;

che il giudicato interno sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte in cui il giudice ha pronunciato nel merito, affermando così implicitamente la propria giurisdizione, e dunque con esclusione per le sole statuizioni che non la implicano, come nel caso in cui l’unico tema dibattuto sia stato quello relativo all’ammissibilità della domanda o quando, dalla motivazione della sentenza, risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum (Sez. U, n. 28503 del 29/11/2017);

che, nella specie, la CTP ha osservato come l’atto impugnato costituisse una mera diffida ad adempiere e ne ha tratto la conclusione dell’inammissibilità del ricorso;

che, in tal modo, i primi giudici non hanno, neppure implicitamente, dichiarato la propria giurisdizione, sicchè ben poteva la CTR accertare d’ufficio il difetto parziale di giurisdizione;

che il secondo motivo è inammissibile;

che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014); che, nella specie, la doglianza riguarda la mancata motivazione sul “come può essere dimostrata la natura del debito, ai fini dell’opponibilità o meno del fondo patrimoniale” e non un fatto storico;

che il ricorso va dunque respinto;

che al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 dei 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in Euro 5.600, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 dei 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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