Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8513 del 06/05/2020

Cassazione civile sez. III, 06/05/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 06/05/2020), n.8513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12350/2017 proposto da:

T.E.G.M., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GIORGIO SCALIA 12, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

VIRBANI, rappresentato e difeso dall’avvocato EMANUELE MAGANUCO;

– ricorrente –

contro

M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SILVIO

PELLICO, 44, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO ALICICCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato EDOARDO MASTICE;

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALNERINA

68, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PENSO, che lo

rappresenta e difende;

D.A., domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli

avvocati FRANCESCO MARIA FELICE, GIAMPAOLO DI MARCO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 279/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 24/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’improcedibilità del ricorso,

in subordine per il rigetto;

udito l’Avvocato CLAUDIA BENINCASA per delega orale;

udito l’Avvocato EDOARDO MASTICE;

udito l’Avvocato FABIO PENSO per delega;

udito l’Avvocato MARCO MORRA per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

T.E.G.M. convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Milano, B.R., M.P. e D.A. al fine di sentir dichiarare la loro responsabilità “civile e penale” per l’occupazione abusiva di un immobile di sua proprietà e condannare gli stessi, in via solidale, al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti, quantificati in Euro 47.279,35.

Dei convenuti, inizialmente tutti contumaci, si costituì tardivamente soltanto M.P..

Il Tribunale adito, con sentenza n. 11772/2015, accertata l’occupazione abusiva dell’immobile in questione, condannò i convenuti, in solido tra loro, al pagamento della somma di Euro 12.000,00, oltre rivalutazione ed interessi legali, dal 10 febbraio 2010 al saldo, sulla somma di Euro 1.000,00 via via rivalutata, a titolo di risarcimento per l’occupazione abusiva, e di Euro 4.104,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo a titolo di rimborso spese, rigettò ogni ulteriore domanda e condannò i convenuti alle spese di lite.

Avverso tale decisione M.P. propose appello, del quale chiese la declaratoria di inammissibilità o il rigetto il T..

Si costituirono in secondo grado, con distinti atti, il D. e il B., contestando il primo la nullità della notifica dell’atto di citazione in appello e dell’atto introduttivo del giudizio e il secondo la nullità o inesistenza dei predetti atti.

La Corte di appello di Milano, con sentenza pubblicata il 24 gennaio 2017, dichiarò la nullità della sentenza n. 11771/2015 del Tribunale di Milano, per nullità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio nei confronti di B.R.; rimise la causa al giudice di primo grado; condannò l’appellato T. alle spese del grado di appello in favore del M., del D. e del B..

Avverso la sentenza della Corte di merito T.E.G.M. ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivi e illustrato da memoria.

Hanno resistito con distinti controricorsi B.R., M.P. e D.A..

Con O.I. della Sezione Sesta-3 di questa Corte n. 33525/18, depositata in data 27 dicembre 2018, è stato disposto che il ricorso, in un primo tempo avviato per la trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376. e 380-bis c.p.c., sia trattato in pubblica udienza presso questa Sezione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Rileva preliminarmente questa Corte che il ricorrente non ha, come invece prescritto dall’art. 369 c.p.c., depositato tempestivamente la copia autentica con la relata di notifica della sentenza impugnata, pubblicata il 24 gennaio 2017, che lo stesso T. ha indicato in ricorso essere stata notificata in data 1 marzo 2017, nè a tanto hanno provveduto i controricorrenti, come pure già evidenziato dal relatore, in sede di proposta ex art. 380-bis c.p.c..

1.1. Peraltro, il mancato deposito, a cura del ricorrente, nel termine di cui all’art. 369 c.p.c., della copia autentica della sentenza impugnata corredata della relata di notifica (rilevante nella specie, atteso che il ricorso risulta essere stato notificato a mezzo pec in data 29 aprile 2017, quindi oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata, con esito negativo della cd. prova di resistenza), risulta sostanzialmente confermato dallo stesso ricorrente (che ha ammesso di aver depositato nei termini solo copia autentica del provvedimento impugnato) nella memoria datata 5 giugno 2018 e depositata il giorno successivo 2018 dal T., il quale poi, soltanto all’odierna udienza, ha depositato copia della sentenza di secondo grado con la relata di notifica con asseverazione di conformità all’atto notificato in formato telematico via pec.

1.2. Osserva il Collegio che il mancato deposito, nei termini stabiliti dall’art. 369 c.p.c., a pena espressa di improcedibilità, della copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notificazione (nella specie avvenuta via pec) comporta l’improcedibilità del ricorso nè il vizio, rilevabile d’ufficio, è sanabile dalla non contestazione da parte dei controricorrenti nè dalla circostanza che due di essi hanno indicato la data di avvenuta notifica della sentenza impugnata, come invece sostenuto dal ricorrente.

1.3. In particolare, va evidenziato che, con la sentenza del 2 maggio 2017, n. 10648, le Sezioni Unite hanno ribadito che l’art. 369 c.p.c., non consente di distinguere tra deposito della sentenza impugnata e deposito della relazione di notificazione, con la conseguenza che anche la mancanza di uno solo dei due documenti determina l’improcedibilità, che l’improcedibilità può essere evitata se il deposito del documento mancante avviene in un momento successivo, purchè entro il termine di venti giorni dalla notifica del ricorso per cassazione, che l’improcedibilità non può, invece, essere evitata qualora il deposito avvenga oltre detto termine e che, al contrario, l’improcedibilità non sussiste quando il ricorso per cassazione risulta notificato prima della scadenza dei sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza e, quindi, nel rispetto del termine breve per l’impugnazione, perchè in tal caso perde rilievo la data della notifica del provvedimento impugnato (Cass. 10/07/2013, n. 17066) e, pertanto, non risulta necessario il deposito della relazione di notificazione della sentenza impugnata, dovendo, in ogni caso, essere però depositata la copia autentica della sentenza impugnata.

1.4. Con la già richiamata pronuncia delle SS.UU. del 2 maggio 2017, n. 10648, questa Corte ha pure affermato che, in tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perchè prodotta dalla parte controricorrente o perchè presente nel fascicolo d’ufficio acquisito su istanza di parte, con la precisazione che tale ultima affermazione deve essere rettamente confinata – come specificato da Cass., ord., 15 settembre 2017, n. 21386 – alle sole limitate ipotesi, diverse da quella all’esame, in cui la decorrenza del termine breve per ricorrere in cassazione sia ricollegata dalla legge alla comunicazione del provvedimento ovvero nelle altre ipotesi in cui la legge preveda che sia la stessa Cancelleria a notificare la sentenza e che tale notificazione sia idonea a far decorrere il termine di cui all’art. 325 c.p.c., in quanto, al di fuori di tali ipotesi eccezionali, trattasi di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio.

1.5. Nè nella presente controversia può ritenersi che possa spiegare efficacia, in relazione al rilievo dell’improcedibilità, quanto precisato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 8312/2019.

Tale decisione, riferita alla specifica ipotesi in cui la sentenza impugnata sia stata notificata a mezzo PEC, ha, infatti, avuto modo di precisare alla pag. 42, sub 2) che, ai fini della procedibilità del ricorso, si palesa comunque necessario il tempestivo deposito della copia della relata della notificazione telematica e del corrispondente messaggio pec con annesse ricevute, ancorchè prive di attestazione di conformità del difensore oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, posto che solo in tal caso è dato al ricorrente provvedere al deposito sino all’udienza dell’attestazione di conformità del messaggi cartacei.

Deve, quindi, reputarsi che il ricorso resti improcedibile qualora, come nel caso all’esame, pur essendo stata depositata copia autentica della sentenza, che però si assume essere stata notificata, non siano stati tempestivamente depositati nel termine dell’art. 369 c.p.c., anche i detti messaggi pec con annesse ricevute, ancorchè in difetto di attestazione di conformità degli stessi (Cass., ord., 22/07/209, n. 19695), nè a tale deposito risultino aver provveduto i controricorrenti.

2. Il ricorso, peraltro, risulta improcedibile anche per un’ulteriore ragione, pure eccepita dal M. (v. controricorso p. 13).

Ed invero il ricorso, notificato in data 29 aprile 2017, risulta pervenuto presso questa Corte in data 23 maggio 2017 ed iscritto in data 26 maggio 2017, con la precisazione che lo stesso è stato spedito a questa Corte a mezzo corriere privato, cui sembrerebbe essere stato consegnato in data 19 maggio 2017.

Al riguardo va osservato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, è pur vero che, ai fini della verifica del tempestivo deposito del ricorso per cassazione, quando il ricorrente si sia avvalso del servizio postale, assume rilievo la data di consegna all’ufficio postale del plico da recapitare alla cancelleria della Corte di cassazione, dovendo in tal caso ritenersi che l’iscrizione a ruolo sia avvenuta in tale data, non assumendo rilievo che il plico pervenga a destinazione dopo il decorso del termine di venti giorni di cui all’art. 369 c.p.c. (Cass. 3/03/2010, n. 5071; Cass. 7/05/2014, n. 9861; Cass. 18/01/2016, n. 684), ma è stato pure precisato che il ricorso per cassazione, che sia inoltrato per spedizione a mezzo di corriere privato, e pervenga alla cancelleria dopo il ricorso del termine di cui all’art. 369 c.p.c., deve essere dichiarato improcedibile, dato che le disposizioni in materia di trasmissione di atti a mezzo del servizio postale, ed in particolare la norma della L. 7 febbraio 1979, n. 59, art. 3, che ha sostituito l’art. 134 disp. att. c.p.c., secondo cui il deposito si ha per avvenuto alla data della spedizione, non sono estensibili agli altri strumenti di consegna (Cass. 13/02/1991, n. 1465; v. anche Cass., sez. un., 21/06/1995, n. 7013 e successive conformi, che fanno riferimento al ricorso al servizio postale e non a posta privata).

I principi sopra riportati vanno ribaditi in questa sede e, pertanto, non potendosi far riferimento alla data di spedizione dell’atto, risulta fondata la già richiamata eccezione di improcedibilità del ricorso per tardivo deposito dell’originale dello stesso, dopo, cioè, la scadenza del ventesimo giorno dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto, evidenziandosi che trattasi di improcedibilità rilevabile pure d’ufficio (Cass. 4/09/2019, n. 22092; Cass., ord. 26/10/2017, n. 25453).

3. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato improcedibile.

4. Tenuto conto della particolarità della vicenda processuale esaminata, vanno interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2020

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